Il Palancone di Poggio alle Lavagne.

cervo

Siamo agli sgoccioli del prelievo selettivo. Non mi nascondo
dietro un dito: a me piace questo sistema gestionale di cervidi
e bovidi perpetuato nella provincia di Siena e nella fattispecie
nella mia area. Questo mese e mezzo di fine anno venatorio, che
va dal 31-01 al 15-03, me lo vivo come fosse (e lo è) caccia a
tutti gli effetti, attenendomi scrupolosamente alle ligie normative
ma soprattutto avendo come faro illuminante, etica e vita di questi bellissimi animali.
Nell’appostamento in attesa, un po’ come sopra alla tesa per colombacci, mi godo l’odore
del bosco e mi saturo di momenti sempre unici ed irripetibili.
Respiro la natura e l’avvicinarsi
della primavera cercando di carpire e far tesoro delle sfumature floro-faunistiche che il bosco
riesce ogni volta a regalarmi.
Un motivo di questa mia “pienezza venatoria“è caratterizzato anche e soprattutto da episodi che si vengono a verificare come quello che vado adesso a raccontare. Gli attori sono sempre gli stessi della volta scorsa: Beppe, Renato e Birbina .Ricordate tre anni or sono il fusone e la rondine ? Era anche allora intorno alla metà marzo con Beppe il selecontrollore sbadato ,Renato lo scrupoloso recuperatore e Birbina la splendida bassottina a pelo forte. Prossima alla pensione per i raggiunti limiti di età,dall’alto dei suoi dodici anni, è riuscita nuovamente a farmi vivere una mattinata speciale che verrò di seguito a descrivervi.
Sabato quattordici marzo duemila e quindici, Beppe, nel consueto briefing pomeridiano delle quattordici e trenta nel piazzale di casa mia, prima della partenza per le varie destinazioni-altane, con i quattro cinque fidatissimi, amicissimi selecontrollori, afferma con piena convinzione di voler provare come ultima carta,l’appostamento di Poggio alle Lavagne. Nome derivante dal materiale estratto nella cava adiacente, adoperato appunto per la costruzione delle lavagne scolastiche.
Alchè il mio babbo lo guarda sbigottito e afferma: “abbiamo la stessa età ma come fai ad andare lì che è una grande sfacchinata dopo esserti alzato stamani alle 4,00 per l’uscita mattutina ?” (il mattino per la cronaca un daino preso da Enrico,una bella daina catturata da Paolo,una dainetta colpita da Alberto e da ultimo ma non per minore importanza,un piccolo di capriolo centrato proprio da mio babbo).
“Ci vuole solo la tua costanza ” afferma il mio vecchio.
Tra me e me con punta di rammarico, rifletto amaramente sull’avanzar degli anni e di come mal agisce sul fisico dell’essere umano.In questo caso mio babbo Piero.
“ Deee…vuol piazzare il colpo in zona Cesarini” Luca il labronico,sbeffeggia!
Ci dirigiamo ognuno agli appostamenti prescelti e la serata trascorre senza particolari emozioni. Ci teniamo in contatto telefonicamente e quindi siamo costantemente al corrente dell’accaduto in quello e quell’altro appostamento. Dinanzi la mia altana, intorno le diciassette, una volpe transita pericolosamente sul punto di sparo. Mio figlio, con me spesso di questo periodo ,indica eccitato per la visione dell’audace codona. Di lì a poco un sms di Luca mi segnala un colpo andato a vuoto intorno i duecento metri. Verificato scrupolosamente dallo stesso che non vi siano tracce di ferimento, imputa il ko alla diversa cartuccia camerata, per l’occasione e relativo cambio di traiettoria d’impatto.
In parole povere: sonora padella.Succede ed è il bello della caccia.
Babbo nulla, Enrico nulla, Paolo si sarà appisolato. Solo di Beppe non si ha notizia. Ma è risaputo che non sa mandare messaggi e quindi per le informazioni bisogna aspettare tutte le volte il calar delle tenebre ove il torpiloquio puol essere libero e non sussurrato.
Se preso, il capo assegnato, si fa bar al mio capannone in fase di macellazione, altrimenti con una telefonata di ritorno a casa , si cerca di raccontare i dettagli ed eventuali avvistamenti,utili per le volte successive.Questa sera però Beppe chiama senza remore sempre in orario di caccia. Strano.Chiama mio babbo. Incavolato come un turco (quest’anno non ha avuto particolare fortuna in campo venatorio) raccontando di aver scoccato un colpo della sua CZ 550 in 30.06, ad un enorme daino palancone intorno le 17.30.
“Un bestione con certe pale che sembravano quelle di un molino a vento ” racconta affaticato e adrenalitico!
“Un salto,una corsa circolare all’impazzata e l’animale che si mette a “diacè”sul palero quasi sul punto di sparo”….è un fiume in piena
“L’ho preso..è morto…” …pensa lui.
“Maremma bona dopo 20 minuti che era lì per terra,lo vedevo e non lo vedevo, ho messo la carabina in custodia e son andato ad accertarmi che fosse perito”
” O ummè ripartito !? ” Logicamente la carabina era scarica in custodia e il bestione si è infilato in una fora della macchia finendo nel fosso pieno di rovi e macchia gazzina”.
Sempre Beppe “ l’ho sentito… per un pezzo ho cercato di seguirlo da fuori per cercare di capire cosa succedesse, ha preso lungo il fosso e poi ad un certo punto mè parso di sentirlo andare in su ..ma poi il buio e la stanchezza mi han fatto desistere nell’intento di tracciarlo ” questo dice Beppe alla telefono con mio babbo che puntualmente al ritornomi informa sullo spiacevole episodio (lasciare un’animale ferito nel bosco è quanto di più sgradevole possa accadere a un serio cacciatore ). Senza esitazione alcuna, compongo il numero di Renato, che insieme alla sua Birbina si adoperano da sempre con grande impegno, nel recupero degli animali feriti. In un battibaleno fissiamo alle otto e trenta del mattino seguente, per andar a cercar il bestione colpito.
Così avviene. Alle otto e cinquanta o poco più, arriviamo sul posto pronti a scendere di macchina e attrezzarsi per l’eventuale mai scontata operazione di recupero. Beppe, Renato, Birbina la bassottina,la lunga,il sottoscritto e l’immancabile splendida Winchester 30.30 a leva (sembra l’arma adoperata nel vecchio west ).Anche nella scelta di quest’ultima non è per caso : ti permette di seguire la canina al guinzaglio penetrando nel fitto con l’arma pronta allo sparo ma non con il colpo in canna.E nessuno stecco di traverso potrà mai azionare il meccanismo di riarmo camerando pericolosamente il proietto. Quindi tutta l’azione in estrema sicurezza.
Renato riempie il modulo di intervento da presentare ad un eventuale controllo venatorio. Vai si inizia ! Emozione aggiunta e inizio di vorticose pulsazioni cardiache.
Scendiamo a passo lento ma non troppo, lungo tutto il grande campo ove è sito l’appostamento di caccia, fino ad arrivare al punto dell’impatto del proiettile con il daino. Distanza considerevole stimata a occhio sui duecentoventi e passa metri. Cavoloo !! penso tra me e me..anche le querce fanno i limoni. Beppe che mette a centro un proiettile a questa distanza è veramente un evento particolare. Non me ne vorrà di certo se affermo ciò..ci stimiamo e ci vogliamo bene proprio perché l’uno conosce pregi e limiti dell’altro. Anche il conduttore del cane non lesina apprezzamenti per la distanza con cui Beppe ha compiuto metà opera a regola d’arte.
Metà perché il resto è da neofiti.
Nessun spruzzo di sangue nel secco palero. Non è di buon auspicio. Impanciato sicuramente. Ciò nonostante Birbina comincia snariciare, Renato mi guarda ed annuisce il mio pensiero. L’ha preso di naso e infatti fila diritta alla fora ove il bestione si è ammacchiato. Lei scende il fosso, guada il fiume e con le sue piccole zampe cerca affannosamente di risalire il ciglio. Ma è piccola e annaspa senza tantissima convinzione. Và sul fiato vecchio oppure su uno nuovo ? Il fatto che non ci sia traccia di sangue certo non favorisce il suo già arduo compito. Beppe fa strada davanti a noi cercando di farsi largo nel fitto roveto del borro. Pennatate sferrate per smacchiare che sembran colpi di alabarda e Renato che si affaccia ripetutamente per leggere il comportamento della sua fida Birbina. Alla fine passiamo anche noi e incuranti dei piedi bagnati traversiamo di là dall’argine.Lei, la piccola peste, è già su che fruga in cerca dell’odore buono. Quello della gocciola di sangue che certamente la condurrebbe direttamente all’animale. Ma ahimè, di tracce ematiche nemmeno l’ombra. Nulla di nulla che possa dare il là al suo magico operato. Con le sue piccole zampe scandaglia tutto l’argine di risalita e il pianetto adiacente ..una sorta di altopiano ….destra, sinistra a piccola distanza e poi ad un certo punto mette barra in alto e punta all’insù verso il folto costone di bosco.
“Macchèèèèèè !!” afferma Renato ! “Dai piccina…non può essere andato costassù in cima. L’animale ferito cerca la via migliore possibilmente in discesa e nel pulito, per potersi mettere in salvo!.In dove vai …!! Vieni qua!! Mannaggia, anche il filo spinato……impossibile che un animale ferito lo abbia scavalcato….poi con quella testa palcutaaaa !!!!”
Richiama il cane in basso e più i minuti passano e più comincia a trafelare l’amarezza di un insuccesso. Cheddiiiiii (Renato) ..ha già undici anni e prende sei pasticche al giorno per il cuore. Oramai è in fondo e un ce la fa più !!
Io intanto seguo attentamente l’operato della piccina col mio 30-30 in spalla. Non pare affatto doma e rassegnata. Riprende ad andare in salita, poi ad una trentina di metri dal fosso inizia a battere fitto fitto il terreno col tartufino appiccicato al muschio boschivo. Renato forse affranto dal non risultato, rimane leggermente dietro a noi.
ATTENTIIIII !! vedo schizzare da un folto spinaio, chiaramente, lo specchio anale di un animale! Ahimè..non a forca come quello del daino ma bensì a forma di cuore di un capriolo vivo e vegeto. Quattro scagni e la canina riè ai nostri piedi. Intelligenza e diligenza certo non le mancano. Ci disponiamo un po’ a ventaglio, decidendo come ultima spiaggia di battere a rastrello parte del costone,nella speranza di imbiffare la ventata giusta o nella migliore delle ipotesi, altamente improbabile, trovare noi stessi l’animale. Un daino non è un tordo !
I metri boschivi vengono macinati come sassi,incuranti delle macchie e degli scoscesi pendii, la piccola peste non molla per un attimo la estenuante ricerca. Tende ad alzarsi ancora nonostante Renato non dia affatto credibilità a questa ipotesi..(tolta ogni possibile eventualità logica, quello che resta è la soluzione..all’incirca è così un detto ) lei quasi lo abbandona arrivando ad incrociare il camminare di Beppe. Lassù in alto a cento e più metri dal fosso. Lui insieme a lei che lo raggiungeva, dovevano proprio aver avuto una soffiata dal dio dei boschi.
Eccolo..eccolo….ragazzi l’ho visto.Bau bau bau..subito le risponde lei quasi ai suoi piedi. Lui con gli occhi, lei con l’olfatto,lo avevano visto contemporaneamente nell’ultimo giaciglio prima della salita alle verdi praterie.
“Aspettaaa Beppeee ! Fammi salire che se riparte ”…
…..Incuranti del mio appello arrivano sulle spoglie oramai esamine della bestia ed insieme iniziano a gioire, ognuno a modo suo, per il successo avvenuto del difficile recupero. Arriva anche Renato affaticato e col fiatone; la sua bocca sfiora i lobi delle orecchie dal sorriso grande che lo avvinghia. Birbina è lì attaccata al coscio peloso che lo mordicchia avidamente quasi a volerlo rimproverare di aver preso una via di scampo troppo irta e stenuante. Beppe rinvigorito e rosso come una fiasca di vino che gigioneggia pregustando già la corona di allòri per il bel tiro. Alla visione di questo quadretto la mia testa vola pensando immediatamente alla vitalità di queste fantastiche bestie, i daini, ripercorrendo virtualmente l’ultimo suo tragitto .
Il suo spirito di sopravvivenza, la sua forza e vitalità lo avevano portato ove era impossibile che un animale colpito mortalmente con un calibro 30, avrebbe potuto andare in cerca di scampo. Una volta passato il filo spinato, dal punto ove non più era teso, l’animale aveva camminato in ripida salita lungo uno stradello bello largo di bosco, cento metri all’insù per poi deviare trenta metri in orizzontale stremato per l’ultimo respiro. Cose da non crederci.. inimmaginabile e già difficile farlo credere raccontandolo.
Resi i dovuti onori all’animale e finiti i commenti compiaciuti non ci resta che trascinare lo stesso in un posto accessibile per l’auto,così da poterlo caricare per il difficile ritorno alla strada bianca. La mattina volge al termine e già scorrono i titoli di coda nel Poggio alle Lavagne.
Ora, come allora, gli starring di questa emozionante mattinata, son sempre i solitii :Beppe, Renato, Birbina e sua maestà il Daino. Per il sottoscrittol’avventura vissuta è stata identica e uguale ,se non meglio,del nascere di un’alba in un appostamento intento ad aspettare l’assegnato animale. Nonostante la bolt.action fosse ben al calduccio a casa in rastrelliera. Stesse emozioni , stesso fremore, stessa passione; anche l’azione di un cane da traccia può regalare nella caccia di Selezione tantissime emozioni.
Ah dimenticavo: non era un vecchio enorme daino palancone ma uno splendido vigoroso balestrone melanico con palco da guinnes dei primati. Massimiliano Piersimoni