Il Dovuto Elogio ai richiami con dedica al bosco della Mesola

Eccomi ora amici con delle note che voglio dedicare con onore sia ai piccioni da richiamo che al bosco della Mesola. Per questa caccia i Piccioni sono come il cane per il cacciatore che cerca la regina nei boschi. Da parte mia parlando di caccia al colombaccio sono certissimo che andrebbe fatto un monumento al Piccione perché nulla potremmo senza di loro i  nostri  superbi collaboratori di fronte ad un selvatico così nobile, quindi  ne approfitto per dedicare loro una poesia su foto:     “Il Dovuto Elogio”

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Cliccare sulla foto per una maggiore visibilità della poesia.

 

DEDICA AL BOSCO DELLA MESOLA

Ora invece, concedetemelo amici miei, devo dedicare un attimo di attenzione a quel posto così idilliaco di cui parlavo nella mia presentazione.

 Il BOSCO DELLA MESOLA

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Qui sopra una veduta del bosco con le piane dell’oasi che lo circonda.

AL BOSCO DELLA MESOLA
A te Maestoso e Fiero con la chioma formata di secolari lecci dedico queste righe inchinandomi di fronte alla tua grandiosa immagine abbinata al boschetto di S. Giustina in quelle piane fiancheggiate da un braccio del grande delta. A te, che malgrado la tua parte estrema nord si sia ammalata lasciandoti quasi spoglio, devo dare grande onore e ringraziarti per il dono che mi offri catturando quei centomila Signori del cielo. Ogni giorno, con un indescrivibile spettacolo e scenario ed in qualsiasi condizione climatica, perché pioggia, vento o foschia non possono nulla di fronte alla tua immagine quando lui il Signore del cielo ti orna di un secondo fiume che volteggiando e sorvolando le tue scure chiome ti fa diventare d’incanto un paradiso che trascina mente cuore e spirito di ogni cacciatore. Un piccolo andirivieni ed ecco i centomila che varcano i confini del tuo recinto sorpassando l’oasi che ti custodisce ed abbraccia, e come in una grande ricognizione allargano il giro sorvolando piane e larghe molto insidiose, ma poi all’improvviso come richiamati da un forte grido di colpo termina il primo atto come in un teatro dove il sipario raccoglie i suoi attori. Ora sei lì tranquillo e addormentato con i tuoi centomila attori che riposano. Stanno preparandosi al secondo atto e dopo avere aspettato che il sole sia sul punto estremo del giorno le tue chiome all’improvviso rilasciano come d’incanto quei Signori. In pochi minuti si riforma di nuovo uno scenario ancora più indescrivibile, un fiume blu che questa volta straripa su tutti i fianchi. Lo so che vorresti trattenere i tuoi attori perché quelle aree sono insidiose ma non ci riesci. E là su quelle piane dove non sono stati disturbati alla grande volata, e là su quelle piane che si sposta lo scenario. Quelle stoppie di mais e soia che invidiano i lavorati già diventati blu come per magia anche loro cambiano colore dando inizio al secondo atto che non ha parole per essere commentato. Grazie e onore a te piccolo Grande Bosco meraviglioso perché io so che malgrado quelle piane destinate a diventare aride, gelate e costrette a non partecipare più a quel grandioso spettacolo, riuscirai a trattenere una piccola parte di quei centomila attori che gelosamente custodirai per il lungo inverno. Denis Bianchi


Ora invece sempre pensando al Bosco della Mesola desidero riproporre un mio appello di qualche anno che fu scritto su una rivista di caccia.

Avrei il desiderio o piacere di fare notare alcuni miei pareri a chi ha il diritto e sopratutto il dovere di tutelare un enorme patrimonio ambientale quale il Bosco della Mesola. Non voglio assolutamente che quello che scrivo sia inteso come d’attacco verso chiunque.I miei pareri vogliono sono essere semplicemente costruttivi. Quando dico “a chi ha il diritto e il dovere” intendo parlare di Ente Parco del Delta del Po, Associazioni agricole, Associazioni di cacciatori, Autorità locali e regionali e non ultime Associazioni ambientaliste e di protezione della fauna e della flora. Il grande Bosco della Mesola diversi anni fa era un grande serbatoio contenente un enorme quantità di colombacci migranti in ottobre e svernanti durante tutto l’inverno, per la confluenza di diverse rotte europee di migrazione di questo selvatico. Oggi giorno, sebbene si possano ancora registrare notevoli quantità di selvatici durante il periodo della migrazione in autunno, il bosco non riesce più a trattenere la popolazione svernante che possedeva anni addietro. Conoscendo e frequentando il bosco dal lontano 1980 parlando di popolazione svernante potrei dire a l’epoca 40000/50000 e anche più colombacci che tranquillamente trascorrevano lì tutto l’inverno. Considerato che il Bosco della Mesola si trova nell’area del Parco del delta del Po e partendo dal presupposto fondato che creare parchi e oasi serve a preservare fauna e flora esistente al loro interno. Considerando l’espansione dell’area di nidificazione e l’aumento della popolazione europea di colombacci ed immaginandomi che se in questi ultimi vent’anni fosse esistita in quel luogo una ipotetica migliore gestione della caccia al colombaccio e delle attività agricole penso oggi di potere affermare che al 2015 i colombacci svernanti al bosco della Mesola anziché calare al quasi nulla sarebbero invece oltre le centomila e più unità. Mi viene quindi da chiedere oggi, a quante già elencate autorità, perché la conservazione di questi luoghi si fa sempre meno ed inadeguatamente. Questo piccolo grande bosco, tra l’altro ammalato nella sua punta estrema verso Nord, avrebbe bisogno di essere rivalorizzato insieme alla ben più vasta area di oasi che lo circondava un tempo tutto attorno. Probabilmente tutto ciò che scrivo non viene rilevato dall’agricoltore che coltiva così intensamente l’oasi attorno al bosco o dal turista che passeggia tranquillamente all’interno nella piccola area appositamente dedicata al turismo, ma l’occhio del cacciatore, colui che ama la natura e vive attorno a quel bosco anno dopo anno indimenticabili emozioni, è capace di cogliere questi particolari. Oltre ad una considerevole popolazione svernante di colombacci questo bosco era in grado di ospitare perfino tantissime colombelle. Anni addietro il bosco aveva attorno a se un oasi di protezione di una certa estensione che lo abbracciava completamente. Era un oasi nella quale le coltivazioni di mais e soia erano molto estese. Per la pressione delle associazioni venatorie (e qui voglio anche fare un “mea culpa” essendo cacciatore di soli colombacci) questa oasi si è fin troppo ristretta. Nel corso degli anni si è pensato noi cacciatori tutti ( forestieri, locali di Mesola e dintorni) al solo modo di potere sparare sempre di più al colombaccio, con tutti gli egoismi e le invidie del caso cercando di carpire all’oasi che avvolge il bosco sempre più territorio anziché offrirgliene dei nuovi. Considerando inoltre l’arrivo in zona da più di un decennio di società agricole che coltivano in modo ben troppo intensivo in prevalenza radicchio, pomodori, carote, patate e fagiolini a scapito delle colture di mais e soia, siamo arrivati ad ottenere un ambiente poco diversificato senza l’ottica della gestione faunistica, diventato quindi completamente diverso da come era anni addietro. Nel corso degli anni oltre ad essersi affermata una agricoltura sempre più a discapito della fauna selvatica in generale, si è assistito per quel che concerne il colombaccio ad una pressione venatoria sempre più eccessiva durante l’autunno e l’inverno. Sono solo cacciatore di colombacci, amo la mia passione e più che altro questo selvatico che giorno dopo giorno regala storie da raccontare. Le mie parole, il mio piccolo appello al mondo rurale è ancora questo: i tempi sono cambiati, di errori ne sono stati fatti fin troppo, non cerchiamo nessun capo espiatorio, rimbocchiamoci le maniche e svolgiamo tutti il nostro compito, non ultimi noi cacciatori chiedendo una attività venatoria che diventi sempre più sostenibile, sempre più legata alla conservazione dell’ambiente e della fauna sopratutto in quelle aree tipiche come il bosco della Mesola. Denis Bianchi