Mi sono ripreso in mano due economici testi di due GRANDI, letti nella mia gioventù:
-IL POINTER di William Arkwright 1857/1925, edit. Olimpia, scritto nel 1906;
-IL SETTER di Edward Laverak 1798/1877, edit. Olimpia, scritto nel 1861.
Spulciando frettolosamente qua e la, Arkwright scrive:
E' probabile che il vero amatore di cani da caccia col fucile sia sempre stato un personaggio piuttosto raro. Suppongo che in antico, quando le persone erano obbligate a servirsi di cani, sotto pena di non cacciare affatto, molte di esse adoperavano questi cani con una repugnanza istintiva e come un male necessario, senza prendere alcun interesse al lavoro né alle abitudini della selvaggina, impazienti -come oggi- verso tutto ciò che non procurava direttamente la strage.
I loro discendenti legittimi formano ai nostri giorni il nobile esercito dei tiratori. Però devono esistere oggi molti uomini col temperamento del vero sportivo, che non hanno realmente avuto occasione di cacciare con cani, eccetto, forse, che una caccia per la cucina con un vecchio cane pigro. Vi sono certamente molti cani da ferma adoperati isolatamente in Inghilterra, ma io intendo parlare dello sport per eccellenza, la caccia con una coppia di cani veloci su una brughiera di grouse. Sia detto di passaggio, il termine sportsman viene oggi confuso in modo curioso col termine sporting-man. Il dizionario relativamente moderno di Webster applica quest'ultimo termine ad un "amatore di corse di cavalli", un boxeur, ecc.; mentre che sportsman è riservato a "colui che si occupa degli sports della campagna e li pratica con abilità: colui che caccia a cavallo, pesca, caccia agli uccelli". A dispetto di queste definizioni noi siamo oggi molto impacciati; vediamo attribuire il titolo di sportsman indistintamente a persone che scommettono alle corse senza occuparsi di cavalli, ad altri che tirano al piccione per guadagnare del denaro o che, dietro i ripari, assassinano grouse a staia; e fra questi ci sono coloro che non riconoscono probabilmente una grouse che dall'ala, eccettuato tuttavia quando la incontrano fiancheggiata da un crostino significativo. Io penso che molti uomini di media età abbiano coscienza di tutto ciò, perché mi dicono, in generale, che preferiscono la caccia con cani e forse è vero, almeno teoricamente! Ma ce ne sono pochissimi, nella giovane generazione, che abbiano anche avuto l'occasione d'assistere ad una vera caccia con cani e quando fosse loro spiegato questo genere di sport, alcuni dei "buoni" fra loro sarebbero felici di praticarlo. Incontrerebbero delle difficoltà da principio per procurarsi dei buoni cani, buoni addestratori e buone riserve; ma questo sport vale la pena di qualche sacrificio.
Oso dire che la caccia col cane è un poco egoista; non è da società, né commercialmente proficua; ma che dire allora della pesca al salmone e dello stalking? Grazie a Dio, l'ingegnosità della gente non ha ancora inventato un modo di mettere su di un piedistallo le prodezze individuali dei pescatori alla rete; se no si riporrebbe la canna da pescare come troppo lenta e troppo faticosa. La battuta è, a parer mio, la glorificazione del buon tiro alle spese degli altri elementi che compongono la caccia, ma anche se fosse la crema dello sport, v'immaginate voi un regime esclusivo di crema?
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"Quantità piuttosto che qualità" non è un proverbio da cacciatore e condensare lo sport di quattro settimane in un massacro di quattro giorni, non è cosa desiderabile a meno di un caso straordinariamente affrettato: la precipitazione però è precisamente ciò che toglie, ad ogni piacere, la sua delicatezza.
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No! No! Signori tiratori, non vi accordiamo la superiorità nel vostro carniere, nella vostra ospitalità, nel contribuire al ribasso del prezzo di selvaggina sui mercati; vi accordiamo, insomma, tutto, eccettuato il piacere della CACCIA, col C maiuscolo.