Zimbabwe italiani uccisi. “Scambiati per bracconieri”

Si tratta di due padovani, padre e figlio: Claudio Chiarelli di 50 anni e Massimiliano di 20. L’uomo faceva la guida nei safari. L’ambasciata: partecipavano ad una operazione contro i cacciatori di frodo nel parco di Mana Pools. Un documentarista: “Forse era diventato scomodo per la sua lotta contro persone senza scrupoli”

di GIOVANNI GAGLIARDI

PADOVA – Due padovani – padre e figlio – sono stati uccisi ieri in Zimbabwe. Claudio e Massimiliano Chiarelli, di 50 e 20 anni, stavano partecipando ad una operazione contro i bracconieri e sarebbero stati freddati dalle stesse guardie che stavano aiutando. La notizia, riportata dal Mattino di Padova, è stata confermata a Repubblica.it dall’ambasciata italiana di Harare.

Zimbabwe, giallo sugli italiani uccisi. "Scambiati per bracconieri"

Claudio Chiarelli era nel Paese africano dal 1982. Per professione accompagnava i turisti nei safari. Dalla nostra rappresentanza diplomatica nel Paese spiegano che assieme al figlio Massimililiano, nato in Zimbabwe, erano stati chiamati dai rangers della riserva di Mana Pools, un’area interdetta alla caccia, a partecipare ad una operazione contro i bracconieri.

“Erano in giro nel parco con una unità anti-bracconaggio, quando un ranger comparso dal nulla ha sparato contro di loro mentre erano in piedi, fuori dalla loro auto”, spiega Emmanuel Fundira, capo della Safari Operators Association che opera in Zimbabwe. “Siamo consapevoli che si tratta di un caso di scambio di persona”, ha aggiunto Fundira parlando con la France Press. Fundira ha spiegato che è assolutamente normale che dei privati forniscano supporto logistico alle pattuglie anti-bracconaggio nei grandi parchi dello Zimbabwe. Il dipartimento parchi del governo e la polizia stanno indagando sull’accaduto.

Il regista e fotografo trevigiano Carlo Bragagnolo, che assieme a  Claudio Chiarelli ha realizzato quattro documentari dedicati alla caccia dei grandi animali, non crede allo scambio di persona: “Errore? mi viene da ridere, in Zimbabwe era scomodo soprattutto agli avventurieri della caccia e in quel paese con il denaro si fa tutto”, dice il documentarista che ricorda il padovano come un cacciatore con regole ferree e un’etica rigorosa contro la caccia senza scrupoli. Aspetto che, secondo Bragagnolo, potrebbe averlo fatto diventare “una persona scomoda”.

Era un cacciatore professionista ma cacciava solo ed esclusivamente capi destinati all’abbattimento – ha raccontato Bragagnolo – e non faceva sparare se non era sicuro che l’animale venisse abbattuto con un solo colpo. Aveva insomma delle regole ferree e una etica rigorosa, non era uno di quelli che speculava sulla caccia. Ai suoi dipendenti aveva anche dato abitazione, cure mediche, scuola garantita ai figli. L’Africa era casa sua e la rispettava in ogni modo”. In virtù della sua lotta contro i cacciatori senza scrupoli potrebbe essere diventato, ha aggiunto Bragagnolo, “una persona scomoda”. Il figlio Massimiliano è invece descritto come “un ragazzo timido, introverso, tranquillo, che aveva fatto la scuola per diventare cacciatore professionista ma aveva ancora le idee confuse sul sul futuro”.

Lo Zimbabwe, dopo l’indipendenza e la fine dell’apartheid, seppur poverissimo è diventato una delle mete turistiche più gettonate della regione soprattutto da chi ama il contatto con la natura o è appassionato di caccia, come nel caso di Walter Palmer, il dentista americano che uccise Cecil, il leone simbolo della riserva naturale di Hwange e dell’intero Zimbabwe, scatenando le proteste degli animalisti di tutto il mondo.

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