Prima licenza di caccia

Prima licenza di caccia
Era l’ultima domenica di agosto del 1967,
non avevo ancora compiuto 16 anni, ma il maresciallo dei carabinieri di allora con la firma del babbo(che si assumeva la responsabilità?) mi permisero di partecipare al rituale magico che rappresenta per noi l’apertura di caccia.

A quel tempo la caccia apriva alla stanziale l’ultima domenica d’agosto per chiudere il 31 di marzo, gli acquatici si potevano cacciare fino al 30 aprile!!!!!

La tradizione ormai consolidata negli anni, prevedeva che lo “squadrone”, cosi veniva chiamato, facesse tappa verso mezzogiorno, a casa nostra per consumare la zuppa di pane e verdure che la mamma preparava orgogliosamente per i partecipanti cacciatori.

Erano un gruppo di amici di Rimescolo, fagianai e lepraioli, cinghiali non ce n’erano ma la nobile stanziale era un bel cacciare, e noi con i fedeli e capaci “pippo” e la “titta” (successivamente si unì la “morina”) si cacciavano lepri.

Affermo per onor del vero che stare alla posta ad aspettare la lepre non mi entusiasmava troppo, ma la determinazione dello zio Giovanni mi obbligava a stare all’erta e a seguire le fasi della cerca dei cani.
Difficilmente non veniva scovata, e difficilmente non la incarnieravo, bei tempi!!! Ma torniamo alla prima apertura da me vissuta, mi avevano procurato (gli amici del babbo)una doppietta del cal.20, l’avevo già? sperimentata con un buon successo nel mese di luglio e i primi di agosto alle volpi, (a quel tempo si cacciavano anche in estate con i cani) e dopo ogni cattura facevo con altri amici il giro dei contadini vicini per ricevere l’obolo…uova, qualche piccioncino,e rare volte un galletto facevano parte del ricavato che ovviamente andava cucinato con i vari partecipanti. Erano tempi di magra, ma l’amicizia pareva sincera e faceva superare le difficoltà? del periodo. La notte precedente l’apertura generale non mi fece chiudere occhio, e così è stato per molti anni a seguire, ma la prima fu memorabile. La sera si erano riuniti i capi squadra, un gruppo di leprai era destinato in “fontanella”, un altro alle “volpaiole”…un gruppo di fagianai doveva andare in “poggio grande”, l’altro al “frullino” e alla “concia”. In totale eravamo in 15 passionisti, e a parte il sottoscritto e altri due amici, tutti esperti e validi cacciatori. Non nascondo che nei miei confronti avessero un occhio di riguardo, anche perchè all’epoca ero molto diligente e desideroso di esperienze, ascoltavo e seguivo i “maestri” con rare negligenze di prove individuali. Ero nel gruppo del babbo, e dello zio, e con noi c’erano altri due amici, la zona da battere era la “fontanella”. Furono catturate dal nostro gruppo un paio di lepri e un fagianotto di 6/7 etti che colpii di seconda canna, mi volò dai piedi… La zona di caccia era molto vicina a casa nostra ed io ovviamente conoscevo a mena dito ogni anfratto, i maestri mi avevano insegnato ogni via di fuga della lepre, per capire le abitudini e i metodi di cerca ci sono voluti degli anni, ma le vie di fuga le avevo già? memorizzate sin da allora. Stavamo tornando al raduno di mezzogiorno, la zuppa cominciava ad interessare ognuno di noi, la giornata era calda, i cani avevano svolto il loro compito in maniera egregia, e mi seguivano cacciando ancora, vogliosi di regalarmi un’emozione da ricordare. Lo zio che non perdeva mai la concentrazione mi allertò, conosceva i cani, e subitò seguì lo scovo di un leprone maschio che padellai clamorosamente!!! Lo zio Giovanni non sparò, altri amici che nel frattempo si erano uniti per il rientro di mezzogiorno non ebbero la visione per poter sparare, ma i cani inseguirono e il babbo mi urlò: corri al “passo”, sembra un controsenso ma il “passo” era una via di fuga della lepre, un luogo che avevo ben memorizzato e che senza indugio raggiunsi a perdifiato. Per farvi capire avevo tagliato un percorso e mi ero ritrovato al “passo” prima della lepre che spinta dai cani “pippo e titta”, mi giunse come in sogno davanti a tutta velocità?. La colpii questa volta al primo colpo, i cani la morsero con delicatezza quasi a volermela dedicare intatta, la gioia fu immensa, sembrò un film, il palcoscenico la “piana del finocchi”, gli attori i miei cani ed io, la platea il gruppo di amici che ancora ricordano l’episodio, (non tutti purtroppo perchè ci hanno lasciato). In ogni racconto (assoluta verità?) cerco di trasmettere emozioni che ho vissuto, con varianti che tendono a far capire quanto sia importante la conoscenza del territorio, della selvaggina che lo popola, l’importanza dei fedeli ausiliari, la pericolosità? che può derivare da scarsa conoscenza delle reazioni di alcuni selvatici (l’attacco del cinghiale ferito) nel racconto precedente, ecc.. ecc.. Non racconterò di grandi carnieri, ma di episodi che potranno servire a crescere con metodo, ricerca, etica ed emozione.
Che il desiderio di esperienze non abbandoni nessuno,
con emozione e rispetto,
Rimescolo.