IBRIDI o INCROCI?

L’allevamento di piccioni e colombacci da richiamo  per molti di noi  è diventato una vera passione. In questo articolo proponiamo il racconto di Rinaldo e della sua particolare esperienza di allevatore,  lui che è stato sicuramente uno dei pionieri degli incroci fra piccioni e colombacci……Testo R. Bucchi  – Foto G.Giovanetti…….

Ibridi o “incroci”? A ben pensare, forse più incroci che ibridi…
g,g,ibridoStrano modo di iniziare a parlare di quegli splendidi uccelli che solitamente noi cacciatori di colombacci definiamo “ibridi”. E già, perché se ibridi per davvero fossero… non farebbero mai e poi mai figli.

Bene. Su invito del mio amico Graziano provo a scribacchiare qualcosa sul tema e inizio facendo mente a un bel po’ di anni addietro, quando mi era presa la “fissa” d’allevare colombacci e ibridi. Ora vivo in campagna, ho tanto spazio a mia disposizione per impiantare voliere e per allevare, addestrare piccioni addetti a ogni tipo di funzione attrattiva. Siano zimbelli, siano volantini o lasce… allo stato attuale ho a disposizione spazi e attrezzature adatte allo scopo, ma il periodo al quale faccio riferimento mi vedeva vivere come coinquilino in un grandissimo condominio. In quanto a spazio (già esiguo per la mia famiglia) potevo contare solo su un piccolo terrazzo e soprattutto sulla pazienza di mia moglie. Infatti, colombacci e ibridi ben spesso finivano per gironzolare per casa per la gioia di mia figlia (ancora bambina), ma anche per l’apprensione (chiamiamola così) di mia moglie. Una decina d’anni addietro e forse anche più, ho vissuto un lungo periodo nel corso del quale mi piaceva fare da “mammo” per piccoli di colombacci e piccoli d’ibridi. In campagna, dove oggi vivo, avevo voliere e riproduttori e solitamente sottraevo i pulli ai genitori DSC_0298non appena questi ultimi avevano pochi giorni di vita. Tentata e fallita la strada delle balie di piccione utilizzate con piccoli colombacci, mi ero inventato loro genitore e mi dava grande soddisfazione riuscire nella non semplice impresa di allevarli. In quei tempi ero solito ammollare le granaglie la sera per imboccare i nidiacei la mattina seguente, in modo il cibo fornito fosse più facilmente digeribile (così di seguito la mattina per la sera a venire); poi sono passato a siringa e “moderne” pappette rintracciabili in commercio e utili per allevare vari tipi di pappagalli. Tra i due modi di fornire cibo posso senza dubbio dare risalto al maggior contatto fisico richiesto dall’allevamento con granaglie che mi costringeva a procedure, chiamiamole così, che si allungavano molto di più nel tempo rispetto alla velocità di una poppata fornita con una capiente siringa. In buona sostaDSC_0007nza, i tempi necessari per fornire granaglie se da un lato si dilatavano richiedendo grosse dosi di pazienza… dall’altro creavano un intrigante e coinvolgente rapporto tra l’allevatore (il sottoscritto) e i vari pullus. Ricordo ancora (con una certa nostalgia) il pigolio dei miei figliocci, il loro agitare le ali e il frenetico becchettare le mie mani nella ricerca-richiesta di cibo. Insomma: era una bella esperienza. A volte, fornendo granaglie e facendolo già dai primissimi giorni di vita, mi trovavo a dover combattere con problemi dovuti alla mancanza di elementi nutritivi che i genitori avrebbero naturalmente offerto ai loro figli: tratto del famoso latte di piccione (una sostanza casearia) che normalmente è prodotto dai vecchi piccioni per alimentare i figli nella prima settimana di vita. Sopperivo questa lacuna alimentare fornendo vitamine e grit. Vedere i miei figliocci crescere in dimensioni, notare il “fiorire” dei colori nelle loro penne mi dava grande soddisfazione, al contempo maturavo controversi dubbi sul loro utilizzo a caccia. E se qualche sprovveduto avesse sparato un colpo di fucile nei loro confronti? Ecco: era questo l’amletico dubbio che ha sempre frenato un disinibito loro utilizzo a caccia. Finora ho scritto di colombacci, ma l’argomento cardine di quest’articolo dovrebbe essere quello degli ibridi di colombaccio, o se volete degli incroci tra colombacci e piccioni.

Veniamo dunque ai nostri “famosi” ibridi.

g,g, femmina di colombaccioSuccesse che avessi rimediato (non ricordo se allevata da me o meno) una femmina di colombaccio che aveva un carattere tremendo! E dire “tremendo” è ancora poco. Cattiva, cattiva e poi cattiva… non accettava la corte di nessun maschio e fu allora che mi venne l’idea di inserire nel suo gabbione un maschio di piccione. Avevo fatto un viaggio in Francia da pochi mesi ed ero venuto in possesso di alcuni piccioni che presero poi nel linguaggio corrente, per l’appunto, il nomignolo di “francesi”. Piccioni piuttosto chiari, ma privi delle barre alari nere, dall’aspetto niente male, ma “duri” di comprendonio. Ecco: inserii uno di g.g.francese in fiera (2)questi maschi nella voliera della colombaccia, ma il risultato lo vidi solo l’anno a seguire. In modo bizzarro la “strana” coppia deponeva quasi solo una volta l’anno e lo faceva nei periodi più freddi dell’inverno, vale a dire attorno all’Epifania. Questo particolare si è ripetuto più e più volte nel corso degli anni. Un altro aspetto che si manifestava con puntualità era che delle due uova solo una fosse fecondata, così che i genitori si ritrovavano con un solo figlio da allevare. I nuovi nati erano splendidi! Davvero splendidi! Credo d’essere stato uno dei primi a ottenere questo tipo d’incrocio tra colombaccia e piccione, mentre oggigiorno sono davvero tanti gli allevatori che si distinguono per questa specializzazione. Così, poco per volta e negli anni … venni in possesso di
okdiversi soggetti che ritenevo “muli”, cioè non in grado di riprodursi. Sbagliavo! L’ho imparato recentemente, quando un maschio incrociato col sangue di colombaccio e una piccioncina priva di barre alari nere hanno iniziato a sfornare uova feconde e ad allevare soggetti che sono a tutti gli effetti nipoti o pronipoti dell’iniziale colombaccia selvatica. Questa progenie riporta ben poche caratteristiche dell’iniziale sangue selvatico, in ogni modo sto trattando di piccioni belli, eleganti per forme e colori, di soggetti che hanno perso le falci alari bianche caratteristiche solo della prima generazione d’incroci, ma che restano a tutti gli effetti piacevoli alla vista per forme, colori e portamento. Ora sto tentando di reinserire sangue di colombaccio su questi soggetti, ma i “tempi” di questo mio sperimentare non sono certamente brevi. Occorrono pazienza, tanta pazienza ed anche una buona dose di fattore “K”.

G.G.RINALDO21Uso questi piccioni come zimbelli; ripeto: per colore, portamento e fattezze sono, a mio parere, piuttosto belli, ma come ben sappiamo ogni “scarafone” è bello a mamma sua. Non li ho mai provati in qualità di volantini o lasce, ma è un’esperienza che sarà senza dubbio da vivere.

Volantini ibridi?

A dire il vero sono riuscito a far volare un maschio ibrido, ma solo nel capanno d’addestramento che possiedo dietro casa. Una meraviglia! Era come far volare un

DSC_0079 (4)colombaccio! A dirla tutta… non l’ho mai portato a caccia perché gli volevo troppo bene. Allevando questi soggetti fin da piccoli, piccolissimi, si veniva a instaurare un particolare rapporto affettivo con i miei figliocci e la paura di perderli sopravanzava sempre l’interesse del loro utilizzo ai fini di richiamo.

Ho visto invece un altro soggetto incrociato col selvatico nella specifica veste di volantino: parlo del famoso “Barò” che il mio buon amico Angelo Ciotti ebbe occasione di mostrare ad un raduno dei collaboratori di Progetto Colombaccio da me organizzato in quel di Faenza, tanti anni addietro. Angelo è un mago con i piccioni, lo sappiamo, ma in quell’occasione sorprese tutti facendo volare IMG_8064 (3)il suo mitico “Barò” e facendolo partire da un giardino prossimo il ristorante nel quale pranzammo. Barò se ne andò via, con un volo possente ed elegante (come un colombaccio) e diventò un puntino all’orizzonte, in mezzo a case e tetti di fabbriche… Sembrava perso agli occhi di tutti noi e invece se ne tornò, puntuale, a posarsi sulla mano del suo addestratore. Seguì uno scroscio di applausi! Potete immaginare!

Non ho mai usato gli incroci come volantini, mentre li ho sfruttati frequentemente
nella veste di zimbelli. Hanno il pregio di essere molto, molto più maneggevoli del ottimo0 (2)colombaccio e di avere le medesime caratteristiche. Stessi colori (a parte l’assenza categorica del collare), stesso portamento, stessa reazione a zimbello: insomma, un ottimo surrogato del selvatico. Negli anni, ormai tanti, mi è anche successo di farmene scappare uno dalle mani (o di perderne momentaneamente anche più di uno per altre motivazioni, tipo la rottura di un aggancio al piattino), ebbene non ho mai avuto problemi a riprenderli. Un minimo di pazienza ed eccoli di nuovo tra le mani!

Mi dava soddisfazione avere richiami fissi così belli. E già… mi dava grande soddisfazione. Negli anni, non ricordo più quando esattamente, la colombaccia che sfornava gli incroci è morta e così, in seguito, la sua progenie. Insomma, per un motivo o l’altro non possiedo più alcun incrocio, mentre, come ho già segnalato, mi sono restati in piccionaia nipoti e pronipoti dell’iniziale coppia.

Nel forum del nostro sito…

G.G.GIPSON1Nel forum del nostro sito leggo con interesse interventi di allevatori e addestratori di colombacci e resto affascinato dall’uso (mai provato personalmente) di colombacci nella qualità di zimbelli. Non mi piace vederli col “caschetto” in capo, mentre sono abbagliato dalla loro bellezza, dalla loro “naturalità” quando è possibile osservarli come mamma li ha fatti. Chi li usa a caccia dichiara apertamente le meraviglie delle loro prestazioni, anche se dentro me alcune convinzioni restano fisse.

Credo che niente meglio di un colombaccio possa essere utile per attrarre un consimile ma credo anche che molto dipenda dall’albero in cui sarà posto il colombaccio, dal punto dell’albero in cui sarà inserito il richiamo stesso e soprattutto dalle mani che hanno il comando delle funicelle che attivano gli zimbelli; penso, infondo infondo, che molto dipenda dal cosiddetto “manico”.
IDSC_0079 (3)nfine, mi piace segnalare che per molti anni ho utilizzato uno di questi incroci nella veste di “spione”; in buona sostanza, sfruttavo la vista di un affidabile ibrido, posto a un metro, un metro e mezzo dalla mia persona, per scorgere più facilmente i voli in ingresso. I sui atteggiamenti erano inequivocabili. Si trattasse di un aereo, di una farfalla, di un falco … o del tanto desiderato branchetto di colombi e beh… era lui a dirmelo con buon anticipo.

Bene. Credo d’aver ultimato quest’articoletto. In ogni modo, lo faccio esprimendo una speranza: in cuor mio coltivo sempre un’illusione, forse un miraggio, vale a dire che dai soggetti che sono oggi in voliera e che hanno un’infinitesima percentuale di sangue selvatico, possa un giorno o l’altro saltar fuori “qualcosa” di somigliante al colombaccio. Spero in un miracolo della genetica. Impossibile? D’impossibile non c’è niente, basterà poter contare su di una buona dose di fattore “K”.

Rinaldo Bucchi