FORUM Club Italiano del Colombaccio

CAROGNACCIO

  • Jr. Member
  • **
  • Post: 76
    • Mostra profilo
Risposta #15 il: 02/12/2023 - 18:58
...Un anno ancora 1952 e poi la Caccia fu di nuovo chiusa di fronte all’evidenza che la principale Direttrice migratoria non era più quella dell’ anteguerra e si era spostata 200 km a nord.
Onore al “tiro a fermo “....
Da sempre leggo con interesse gli "scritti" del professore.
L'ho "conosciuto" e presentato alla vecchia federazione (odio chiamarlo club che sa troppo di spocchia ed elitarismo) qualche anno fa avendo letto ed apprezzato la sua "beccaccia scientifica" dove si parlava anche di migrazione del colombaccio.
Parlo spesso di caccia alla beccaccia con il mio compagno di caccia classe 1933, il Gigione gran "tiratore di piccione" quando in Italia era consentito.
Cacciatore sfegatato di starne e beccacce in gioventù con cani non super come gli attuali ma perfetti per starne e beccacce.
Detto questo torno a parlare di quella caccia che mi ha appassionato al punto da lasciare tutte le altre.
Il colombaccio, naturalmente a fermo dal 1977 senza nemmeno replica di sparo a volo, dopo la conta, ormai da cinque anni.
Premesso che quello che scrivo lo scrivo per INVOGLIARE chi legge a cimentarsi in questa bellissima forma di caccia che ti fa godere appieno la curata dall'avvistamento alla buttata.
Caccia di qualità e non di quantità insomma.
Ma non ho "puzza sotto il naso" per chi la pratica a volo da appostamento fisso con I richiami vivi.
Anzi, forse più difficile di quella a fermo per il "capo caccia" che oltre tenere a bada scalmanati compagni che "scapano", deve trovare il momento giusto per il via dello sparo.
Caccia non difficile quella a fermo assolutamente da provare.
Caccia non difficile almeno nella mia provincia,  Arezzo, dove la distanze fra gli appostamenti fissi  è ancora di 700 mt.
Caccia non difficile ma di tanto tanto sacrificio e lavoro tutto l'anno.
Caccia non difficile e chi ha intenzione di provarci non deve cedere alla tentazione di pensare di allestire una "caccia" ibrida intendendo per ibrido pensare di sparare a fermo o a volo se non si posano.
Impossibile "indovinare" se il branco in curata ha intenzione di fermarsi o girare a pochi metri sopra la testa per poi riprendere la via della migrazione.
L'unica variante per una "schioppettata al volo" è data dalla possibilità di avere sportelli da buttare giù dopo lo sparo a fermo.
Gli umbri sono maestri in questo.
Negli anni ho provato diverse soluzioni e la più redditizia fu l'invenzione del tettuccio girevole sopra la testa che girava, spinto da una corda elastica robusta piuttosto che da uno spingiporta a molla, su un perno del capanno.
Questo perché cacciando a fermo devi essere completamente chiuso sopra la testa.
Naturalmente non tutti i posti sono adatti allo sparo a fermo; quelli da scartare a priori sono, a mio avviso, quelli in prossimità delle bocchette di valico occupate da chi spara a volo ai migranti in transito.
Uno sparo al momento della curata del branco vanifica la buttata.
Posti da prendere in considerazione sono quelli dotati di piante di buttata perché il colombaccio in transito associa il frullare dei richiami a colombacci intenti a "staccare la ghianda".
È questo il motivo attirante e non già i richiami.

CAROGNACCIO

  • Jr. Member
  • **
  • Post: 76
    • Mostra profilo
Risposta #14 il: 01/12/2023 - 14:38
No no non devi spaventarti.
Cacciare a fermo è diverso che sparare a volo.
I feriti li fanno solo quelli che non hanno rispetto per il selvatico e sparano a tutte le distanze questo è il senso dei...feriti

palombeforever

  • Newbie
  • *
  • Post: 3
    • Mostra profilo
Risposta #13 il: 01/12/2023 - 13:06
Ho letto i post di questa discussione e devo dire che sono entrato un pò in crisi. Io caccio nel basso Fermano ( Marche) e sparo a volo, come credo tutti da queste parti. Il primo post di Paci dice cose sicuramente reali, ma per me sparare a fermo alle palombe è una cosa che non sa di niente, il tiro a volo alle palombe che scattano via è troppo bello, io ho sempre cacciato così e aspetto ogni anno la stagione del passo per questo. Si parla di pathos diverso nella caccia a fermo, non so cosa dire perchè non lo conosco e non riesco a immaginarlo. Mi ha messo in crisi il discorso dei feriti, ma anche gli esempi che fanno capire come sparare a volo sia nocivo. Penso anche a tutti i capanni per i tordi, che anche loro sparano a fermo, anche questa caccia non la conosco, ma se ce ne sono tanti, vuol dire che da soddisfazione. Davvero se in un circondario tutti sparassero a fermo le palombe sarebbero molto meno spaventate?  Chi lo può dire ?  Ma io sono un pò in crisi .

giamp50

  • Hero Member
  • *****
  • entroterra Conero -media bassa Valmusone
  • Post: 1349
    • Mostra profilo
Risposta #12 il: 01/12/2023 - 08:06
"Giamp50 esordisce nel suo post con questa frase: ”la posa di un branco di palombe è molto più emozionante di una tripletta“. Mi sembra perciò che abbia già chiarito tutto, ma poi, inaspettatamente, conclude che: ”è molto più semplice, meno rischioso, più divertente e redditizio il tiro a volo“ "

No Paci, non "inaspettatamente", ma bensì "pragmaticamente".
È la realtà, la posa sul bosco di grandi branchi in migrazione presi a grandi distanze e scesi da notevoli altezze e dopo un susseguirsi di giri di controllo con progressivo abbassamento ed il fremere degli alberi sotto le zampe dona una emozione inconfrontabile ed irraggiungibile in altre forme.
Poi però tutto finisce lì, sparare a fermo è solo la rottura dell' incantesimo senza avere nulla in cambio se non un corpo esanime ancora caldo.

Il tiro a volo non dà emozioni forti ma compiacimento personale e con i relativi sempre più voluminosi carnieri la certezza di salire quella scala di povera umanità dalla quale ci si mostra per primeggiare in armerie e bar! 😭

Provate a chiedere a dieci impianti come sia andata la caccia, undici risponderanno con il numero degli abbattimenti e nessuno con il numero e la qualità delle azioni!

CAROGNACCIO

  • Jr. Member
  • **
  • Post: 76
    • Mostra profilo
Risposta #11 il: 30/11/2023 - 21:31
C'è chi considera lo sparo a fermo al colombaccio antisportivo.
Parte da questa "considerazione", poco veritiera, il mio sforzo di spiegare quanto è affascinante questa antica forma di caccia tradizionale che pratico ininterrottamente dal 1977.
Ora parlare di caccia sportiva o antisportiva mi pare affermazione fuori dal tempo perché non vi è niente di sportivo o antisportivo nel togliere la vita a un animale.
A caccia si va per passione e non per sport e, potendo, farei volentieri il catch and release come fanno i pescatori perché l'atto finale è prendere la preda in mano.
Per rilasciarla come fanno i pescatori.
Impossibile per noi cacciatori perché la schioppettata ti fa si prendere la preda in mano ma non ti consente di rilasciarla per riprenderla magari dopo qualche tempo.
Una cosa è certa e difficilmente smentibile.
Chi spara a fermo non "fa prigionieri né dispersi".
Tradotto, se sparando a fermo raccolgo 10 sparando a volo raccolgo 10 ma ne ferisco e perdo altri 10.
Tornando allo sparo a fermo posso tranquillamente scrivere che, non solo per me, la caccia cacciata si chiude con la posa.
Posso (anche) aggiungere, facendo storcere il naso a più di uno, che sparo per soddisfare il mio compagno di caccia classe 1933 e le mie due spinger madre e figlia di 14 e 7 anni che se non raccolgono mi mordono.
Quando sono solo faccio come quando andavo con i miei "soci" a caccia in un lago artificiale; non sparavamo ai mestoloni perché ritenuti "non proprio commestibili" quindi nel conto degli abbattuti mettevamo i mestoloni non "sparati" per statistica.
Oggi, qualche volta, sono orgoglioso di poterlo fare.
Ho letto con attenzione tutti gli interventi.
Mi astengo dal commentare i post che hanno preceduto il mio perché reputo giusto pensare "diverso" e scriverlo.
Qualche osservazione pertinente riguarda invece l'affermazione che "la caccia a fermo è più redditizia".
Non so ne conosco su quale ipotesi si basa questa affermazione considerato che, almeno a me, capita spesso sparando a fermo che su dieci branchi che credono al gioco cinque si posano mentre cinque "vengono a vedere" ma non si posano.
Tradotto sparando a volo avrei sparato a tutti i branchi raccogliendo uguale ma uccidendone il doppio considerato i feriti non raccolti.
QUESTO NON VUOLE ASSOLUTAMENTE DIRE che sono contrario allo sparo a volo.
ASSOLUTAMENTE NO perché tutto quello che riguarda la caccia al colombaccio da appostamento fisso con I richiami vivi fa parte della cultura venatoria di caccia al colombaccio che c'è chi dice nata nelle Marche/Umbria piuttosto che nel livornese. Toskana tanto per essere chiari.
Nelle Marche niente volantini ma "lasce".
In Umbria i volantini.
In Toskana, nel livornese il "pulpito" o capanno aereo sui pini marittimi e conseguente sparo a volo sapientemente illustrato in quella che io chiamo la "bibbia del colombaccio" e cioè "fra querce e palombe" del compianto Avv. Mazzotti.
Sparare a fermo è arte perché il colombaccio deve posarsi dove vuoi tu e non dove vuole lui.
Così come sparare a volo è arte perché si deve sparare a tiro giusto e non "tanto per sparare".
Questo è l'impegno che deve prendersi la nuova federazione nata lo scorso 4 febbraio.
Educare al rispetto del selvatico specialmente ora che, almeno nell'aretino, è diventata l'unica specie cacciabile.
In un altro intervento cercherò di parlare della mia esperienza ultraquarantacinquennale di caccia al colombaccio da ottobre a gennaio rigorosamente a fermo.
Per scelta e non per imposizione.

Vasco

  • Hero Member
  • *****
  • Post: 1401
    • Mostra profilo
Risposta #10 il: 30/11/2023 - 14:12
Caro Francesco, beh diciamo che prima di arrivare alla perfetta coordinazione del tempo per sparare "all'unisono" da 3 o 4 capanni ci passa qualche arrabbiatura,  qualche secondo dove l'emozione gioca brutti scherzi e non tutti riescono a rimanere "lucidi" e sparare sotto comando del capo caccia... Ci vogliono molte "ore di volo" per imparare a cacciare nel capanno chiuso e, per tanti, è quasi impossibile. Poi ognuno è padrone delle proprie scelte ed io non critico chi non approva la caccia a fermo, disapprovo però chi vuol farsi grande sopra la pelle di un animale. Era comprensibile tanti anni fa quando la caccia era per qualcuno anche un sostentamento, ora certe "imprese"  rischiano di farci passare come un "popolo" anacronistico.
« Ultima modifica: 30/11/2023 - 14:24 da Vasco »

Francesco Paci

  • Newbie
  • *
  • Post: 14
    • Mostra profilo
Risposta #9 il: 30/11/2023 - 13:50
Forse nel mio post di giorni fa non sono riuscito a spiegare bene il perché della mia preferenza per la caccia classica con la posa delle palombe. La ragione è la maggiore bellezza - la forte emozione, del tutto
particolare, che è prerogativa di questa caccia. E questo lo può dire soltanto chi la abbia praticata, perché a immaginarla, non si ha neanche lontanamente idea della emotività che fa vivere.
Per gli appassionati veri della caccia delle palombe e non dello sparare alle palombe, i tanti perfezionismi necessari per praticarla con successo, sono solo uno stimolo, e non un freno, perché sono il mezzo per arrivare a vivere quelle magnifiche emozioni che appartengono a quella che può ben meritare la
definizione di “arte della caccia”. E l’arte è bellezza, la bellezza emozionante di un branco altissimo che scende ad ali chiuse sull’appostamento, meritata ricompensa delle fatiche, dei disagi, degli insuccessi.
Giamp50 esordisce nel suo post con questa frase: ”la posa di un branco di palombe è molto più emozionante di una tripletta“. Mi sembra perciò che abbia
già chiarito tutto, ma poi, inaspettatamente, conclude che: ”è molto più semplice, meno rischioso, più divertente e redditizio il tiro a volo“.
Accontentarsi del meno non può trovare d’accordo un appassionato; la caccia oggi, che non serve più per vivere, non può che privilegiare l’emozione, e quanto più questa è forte, tanto più è da preferire, o no? E’ vero che per la caccia a fermo è necessaria soprattutto una certa tranquillità, più ancora del tipo di bosco, ed è vero che nella regione Marche la assurda distanza di 300 metri tra appostamenti è sicuramente un problema, però, salvo casi di assoluta impossibilità, dico che vale la pena di provarci, lo dico soprattutto
per coloro che non l’hanno mai provata, perché quelli che ancora la praticano, lo sanno bene se vale la pena ! L’idea di relegare le “palombare” a museo, che purtroppo penso sia abbastanza diffusa, la trovo triste, frutto solo di ingiustificata rassegnazione, perché, ripeto, salvo casi estremi, la scelta dipende solo da noi. Buttare alle ortiche tutta la raffinata cultura che appartiene alla caccia classica, per sostituirla con una sempre più grossolana approssimazione perché finalizzata al più semplice tiro al volo, non è
evoluzione in progresso, bensì in regresso. In campo alimentare è in atto una forte riscoperta dei prodotti tipici, delle nostre eccellenze; ma la caccia delle palombe era, ed è, una nostra eccellenza venatoria.
Bisogna rendersene conto. L’entusiasmo nel lavorare alla sistemazione dell’impianto, dei capanni, all’addestramento e alla scelta dei volantini, al posizionamento delle “palpe”, pensando a quando e come dovranno essere azionate, e poi - parte integrante di questa caccia - la convivialità, resa particolarmente brillante da un’atmosfera speciale con bellissime emozioni; questo è la caccia delle palombe, un fatto, anche culturale, meritevole di essere tramandato alle nuove generazioni, questa è la nostra eccellenza!
Vasco dice che la caccia a fermo è più redditizia di quella a volo, e non ha torto, a condizione, naturalmente, che tutto sia fatto nel modo giusto, perché l’approssimazione non è tollerata dalle palombe.
Parla anche di un problema legato alla simultaneità dello sparo da parte dei cacciatori nei vari capanni. Questo non è mai stato un problema, infatti non è difficile sparare al comando di un segnale. Certo, è capitato che qualcuno, per l’emozione, abbia sparato al 2 della conta, come pure è capitato che qualcuno
abbia sparato a una palpa, ma sono episodi davvero eccezionali; non così per i volantini che vengono ogni tanto uccisi dove si spara a volo. No, lo sparo simultaneo non rappresenta un problema ricorrente, si impara presto a sparare correttamente. Mi permetto di esprimere un parere personale, che per qualcuno
sarà forse un po' stralunato: tra molte palombe uccise a volo e la posa, anche di un solo grosso branco, preferisco largamente quest’ultima, perché, a mio parere, la redditività della caccia, oggi - anno 2023 -, è data dall’emozione che è in grado di procurare. Un grosso branco alto o altissimo che si riesce a far posare, per un appassionato rappresenta uno spettacolo ed un’emozione fortissima, bellissima, oltre che una grande soddisfazione. Che altro ci deve essere? Osservo che al cinema, a teatro, a un concerto, si vivono emozioni, non si riportano trofei, o , peggio, pezzi di carne .
O mi sbaglio ?
« Ultima modifica: 30/11/2023 - 14:06 da Vasco »

Vasco

  • Hero Member
  • *****
  • Post: 1401
    • Mostra profilo
Risposta #8 il: 26/11/2023 - 19:18
Caro Vasco, non so e non credo che altri Lettori partecipanti al Forum , nell’Ottobre del 1951 millenovecentocinquantuno  fossero presenti sui capanni delle “ Cacce alle Palombe “;nelle Marche : io c’ero !

Avevo 15 anni ed avevo partecipato alla riattivazione della “Caccia di Vallarga” subito sotto il Monte Maggio   vicino a Cancelli di Fabriano .Il proprietario Comm.Giuseppe Miliani  aveva voluto riattivarla dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale ed insieme a lui ai primi di Settembre ero stato a prelevare - insieme a “ volantini” e batterie di piccioni - lo storico “ Cacciatore” Ettore ,di Amelia che prima della Guerra aveva “ costruito il bosco “ ed i capanni : si sparava rigorosamente ‘a fermo”  alla conta in prima battuta e poi al volo. Di “Ettore” Amedeo Castellani ha ritrovato il ricordo e le tracce ad Amelia .

La “ Caccia di Vallarga” si articolava su tre capanni aerei - incluso quello del Capocaccia- e 3-4 Poste a terra con relative “secche” ed aree di tiro . Scandendo la conta con un fischietto gracchiante ….uno….due…e sul ritmo di conta c’era lo sparo che sostituiva il tre . Oltre alle poste a terra sparavano a fermo alla conta anche i tre capanni aerei ( tutti in legno,non c’erano tubolari ) che poi seguitavano al volo . Non ricordo grandi errori di esecuzione .

Ettore aveva autorità assoluta : gestiva i volantini ,i fili delle “palpe” in racchetta, ed i fili dei due gabbioni ( ognuno con una decina di piccioni ( le “ lascie” ) che all’apertura volavano a mangiare più in basso ad una trentina di metri dove poi due operai salivano a recuperarli : le “lascie” attraversavano una specie di corridoio sulle cime del bosco tracciato e preparato con opportuna rasatura già’ in Settembre . Ettore li allenava tutti i giorni prima della migrazione . Questa tecnica era davvero formidabilmente attrattiva anche sui branchi più lontani , ma era necessaria una super esperta regia di gestione della tempistica di apertura dei gabbioni . Alla posa - rigorosamente completa- seguiva la conta ,lo sparo , la raccolta , il recupero delle “lascie” poi riposte per ulteriore azione .

La “Caccia” era indubbiamente di lusso , una caccia signorile collegata a valle alla Villa Miliani con una strada apposita che saliva con tornanti sino al bosco di caccia , bosco di faggi e querce con nel mezzo occultata una casetta in muratura ( fu usata saltuariamente da partigiani in guerra) ottima struttura di servizio e comfort e cucina di ottimi pranzi e merende : Ospiti selezionati e di alto prestigio venatorio . Vivevo da ragazzino le emozioni dei “grandi” . In fondo alla valle su un piccolo colle c’era l’avviso tore a voce . All’avviso seguiva l’emozione dell’ entratura ecc.ecc. Certamente forti emozioni allo “sparo a fermo” e tutto a seguire .Certamente per me un “imprinting” d’altri tempi .

Un anno ancora 1952 e poi la Caccia fu di nuovo chiusa di fronte all’evidenza che la principale Direttrice migratoria non era più quella dell’ anteguerra e si era spostata 200 km a nord.

Onore al “tiro a fermo “ anche per altre cacce.

Indelebile il ricordo del primo tiro con il “28”  - a 12 anni- alla “ Nocetta” .Onore a tutti i “Capannisti” i pochi di oggi .

Beccacce  :  un grande cacciatore di Beccacce. disse a me novizio “ se ti capita a fermo ( evento eccezionale) spara : quel tiro non lo dimenticherai mai “ Tutto  vero per quei rarissimi casi capitati in 70 anni .

Alle Anatre “ in chiaro “ è banale a fermo  ,ma c’è per loro un altro tiro “ a fermo e volo” quando “ tirano giù il carrello” e sono lì ferme in aria sopra gli stampi …allora ci sta anche la tripletta se prendi bene il tempo .

Alle Oche è diverso ,rarissimo in gattonata , ma se ti riesce è mattanza .

Poi c’è l’esaltazione massima del tiro a fermo : la caccia al canto in primavera al Gallo Cedrone ( un po’ meno per il Forcello che soffia ) e se l’hai provata saprai che non c’è emozione più grande per la Caccia in bosco .

Così mi son ritrovato a scrivere di questi “coriandoli” di ricordi e riflessioni di “caccia vissuta” per oltre 70 anni  .Oggi …..peccato !……ho preso coscienza  che a metà di questa stagione favolosa -  sia per via dell’età ( problemi di vista)  sia oerchè mi hanno buttato fuori dalla “mia” posta alle palombe in monte - ho venduto la mia macchinina da caccia ( Niva 4x4 ) ed ho regalato ad un amico i miei 4 fucili . Tutto con struggente ed allo stesso tempo serena consapevolezza .

Porgo a tutti il mio più cordiale “in bocca al lupo”.

Enrico Cavina

Vasco

  • Hero Member
  • *****
  • Post: 1401
    • Mostra profilo
Risposta #7 il: 24/11/2023 - 17:48
Giamp, lo sparo a fermo, lo conferma la storia, è molto più redditizio che al volo, il problema è far posare le Palombe e organizzare in maniera perfetta la caccia. Non è facile insegnare agli altri che stanno in altri capanni quando è il momento di sparare contemporaneamente.
 Ma se tutto ciò è fatto in maniera perfetta il carniere è molto, ma molto più sostanzioso e i feriti che cascano in terra non si perdono mai. Sembra facile, ma vi assicuro che far sparare a fermo simultaneamente quattro o cinque persone che stanno in altrettanti capanni è tanto ma tanto più difficile che comandare lo sparo al volo.
 Quattro o cinque secondi prima del (GUU) sono momenti interminabili, poi nella caccia sono i dettagli che fanno la differenza, nella caccia che si spara a fermo che in quella dove si spara al volo. Capanni ben coperti le frasche “giuste” messe nel modo “giusto”, i capanni non legati alle piante, gli altri che stanno immobili quando le Palombe curano, sempre i stessi compagni, ecco sono i piccoli dettagli che però hanno grande importanza a fare la differenza. Invece dall’altra parte, dove si para al volo, tutto ciò, ma non per tutti, è quasi superfluo, quasi sempre c’è l’ospite, e le palombe appena a 100 metri si accorgono dell’inganno e se ne vanno e allora le canne del fucile diventano sempre più lunghe.  Lo sparo al volo evita tutti i problemi che si creano  nella caccia a fermo, ogni occasione viene sfruttata comunque vada, quando la Palomba entra si spara, ma la storia narra che quasi 100 anni fa negli appostamenti in Umbria, alcuni, hanno superato le 200 Palombe in un giorno, e più di 2000 in una stagione e  ne passavano molto meno di oggi.  Allora c'era solo un capanno in aria, gli altri sparavano da sotto le piante di buttata.
Rimescolo, è impossibile dimenticarti: è vero che sparare a fermo è più facile, se sei solo, ma se la palomba non si posa non spari mai, ecco, sta tutto qui il motivo della scelta di sparare al volo nella caccia alle Palombe. Però ottobre passa una volta all’anno e io come te, che di “ottobre” ne abbiamo vissuti tanti, comincio a far fatica e credere che ancora c’è qualcuno che tiene più alla forma che al risultato. Ed è per questo motivo che  il prossimo anno farò un capanno, vecchia maniera come mi hanno insegnato i vecchi,  per far conoscere ai giovani come e cosa si deve fare per cacciare le Palombe a fermo. La capanna è li, sotto al capanno, Giamp la ricorda, non manca nulla, ecco ….   con la vostra presenza si passa una bella giornata …

Rimescolo

  • Sr. Member
  • ****
  • campiglia m/ma
  • Post: 434
    • Mostra profilo
Risposta #6 il: 24/11/2023 - 13:55
Lo sparo a fermo è certamente più facile per colpire il selvatico, qualunque esso sia.
Però non si può paragonare lo sparo a fermo delle "nocette", o capanni con richiami vivi alla piccola selvaggina. In questi, credo, (non l'ho praticata) occorre una buona batteria canora delle specie cacciabili, in un territorio ricco di transiti di selvatici, con un buon allestimento o situazione ambientale. Il carniere ottenuto sarà di gran lunga più ricco rispetto allo sparo al volo di una postazione occasionale. Diverso è lo sparo a fermo del colombaccio, no su una pianta dove va a procurarsi il cibo, quercia o lellero che sia, ma su un'altra pianta di buttata, curata e predisposta nei minimi dettagli alla posa, che sono pur sempre soggettivi, per "stoppare" il selvatico nel periodo della migrazione, cosa non facile. Il risultato fra lo sparo a fermo e lo sparo al volo fra i diversi capanni, a mio parere, offre un risultato opposto al primo, cioè chi è capace di richiamare a giusta distanza il colombaccio, si avvantaggia con lo sparo al volo e ottiene carnieri più congrui. Le emozioni che derivano da situazioni diverse sono ovviamente soggettive e lo sparo, sia a fermo che a volo non è altro che la conclusione dell'azione di caccia. Lunga vita ai cultori delle diverse discipline di caccia con etica e passione.
La passera è sempre la passera! Solo la fetta di cocomero fresca ci va vicino.........

giamp50

  • Hero Member
  • *****
  • entroterra Conero -media bassa Valmusone
  • Post: 1349
    • Mostra profilo
Risposta #5 il: 24/11/2023 - 11:21
Bè, è vero, i momenti della posa sono indubbiamente e fortemente emozionanti, non confrontabili neanche con una tripletta al volo!
Però altrettanto indubbiamente, una volta avvenuta la posa che cosa si fa? Si spara a fermo? E che gusto c'è? Forse sarebbe più pagante attendere che ripartano da soli e cercare di richiamarli ancora, senza sparare, solo filmare.
Inoltre le migliaia di palombare attuali non si prestano alla posa ed ancor meno i cacciatori di oggi non sono in sintonia con la posa.
Molto più semplice, meno rischioso, più divertente e redditizio il tiro a volo!
Tutto si evolve verso migliori risultati, palombare con esclusiva posa oramai possono esistere solo come un museo dell'antico.

Vasco

  • Hero Member
  • *****
  • Post: 1401
    • Mostra profilo
Risposta #4 il: 24/11/2023 - 00:39
 Purtroppo la caccia alle Palombe con sparo a fermo, come si praticava fino a 30 anni fa è quasi dimenticata. Rimangono pochi appostamenti che praticano in qualche modo la caccia sparando a fermo.

 Però bisogna fare "mea culpa" se questa pratica di caccia non esiste quasi più. Noi, i più anziani, che hanno cacciato le Palombe in modo tradizionale, a fermo, non siamo riusciti ad insegnare ai giovani il mestiere e la passione del capanno, del cerro con la ghianda, tramandata dai nostri vecchi.
 
 Sarà colpa della fretta, dei tempi frenetici che l'attività umana impone, sarà la società che cambia troppo in fretta, il modo di essere e di interpretare la vita, fatto sta che siamo rimasti troppo pochi per ricordare e insegnare come si fa questa caccia a chi vorrebbe praticarla convinto di vivere la caccia e il bosco nel modo più semplice e rispettoso possibile. Allora cosa bisogna fare se vogliamo salvare il salvabile, il modo tradizionale a fermo, bisogna guardare al futuro, si guarda al futuro se prima di mettere nelle mani di un giovane il fucile si insegna come comportarsi, rispettando gli animali, l'ambiente e soprattutto gli altri.  Ecco, lo stesso tirocinio che abbiamo fatto "noi giovanotti" prima di prendere il fucile, correndo dietro ai segugi, al setter e, prima di prendere in mano la bacchetta per involare i piccioni, tanti giorni di scuola di caccia al capanno delle Palombe solo con la voglia di imparare, di vedere quando far involare i piccioni o muovere una racchetta.

 Però per difendere la caccia in generale bisogna trovare il modo di convivere, di stare insieme, noi che spariamo alle Palombe dal capanno solo a fermo, chi preferisce sparare al volo nel valico, chi caccia con le aste in mezzo al bosco, insomma tutti chi corre dietro alle Palombe senza pregiudizio, altrimenti, se ci facciamo la guerra continuamente l’uno contro l’altro ci spariamo addosso.

 Vogliamo andare avanti con la locuzione "dividi e impera"? no per carità, si farebbero gli interessi di chi vuol far chiudere la caccia. Ora con il modo che c’è si sta gestendo la fine non il futuro, uno con l’altro e con quale fine?
« Ultima modifica: 24/11/2023 - 00:44 da Vasco »

cicciodelibero

  • Jr. Member
  • **
  • Post: 50
    • Mostra profilo
Risposta #3 il: 27/10/2023 - 12:48
LA RELAZIONE DELL' AVV. PACI È  DA ME CONDIVISA PIENAMENTE.AGGIUNGO- È  INDUBBIO CHE L'ATTO FINALE : LO SPARO,È LA CONCLUSIONE DI UNA "EMOZIONE".MA RAGIONIAMO SUI TEMPI DI QUEST'EMOZIONE ,QUALE COINVOLGIMENTO TRAN-FREUDIANO.SOFFERMIAMOCI SUI TEMPI. 1.TEMPO -L'AVVISTAMENTO. 2 TEMPO - LA PRESENTAZIONE DEL BRANCO (il lato di provenienza...ed altro). 3 TEMPO - IL VENTO (fondamentale per chi spara a fermo). 4 TEMPO - L'INVOLO DEL VOLANTINO O DEI VOLANTINI ( non caccio con tanti volantini uno (1) massimo due (2).5 TEMPO L' ALTEZZA DEL BRANCO ( portarli sulle piante che Tu vuoi - non è  facile).6 TEMPO - IL GIUSTO INVIO DEL VOLANTINO ( allorquando il BRANCO,rimanendo in volo circolare necessita di un altro invio del volantino).7 TEMPO - IL COMANDO DEGLI "AZZICCHI" (quando come è perché prediligere l'uno anziché l'altro) di conseguenza ha importanza la posizione degli " azzicchi",così il vento del momento).8 TEMPO- SU QUALE PIANTA SI POSERA' IL BRANCO IN RAGIONE DI TUTTO CIÒ ELENCATO NEL TEMPO 8. 9 TEMPO - LA SCELTA DEL SELVATICO SULLA PIANTA DI POSA (quale si pone maggiormente in " posa di ritratto".10 TEMPO - LA COORDINAZIONE NELLO SPARO (se si è  in due o tre persone). 11.TEMPO ( PERSONALE) l'abbraccio finale dopo la conclusione dell'azione. LA CACCIA CON IL TIRO A VOLO È, A MIO PARERE,È DI SOLI 4 TEMPI ( dei tempi elencati e così  breve l'emozione vissuta).LA MIA EMOZIONE È  LUNGA QUANTO LA TREPIDANTE ATTESA. RIFLESSIONE - avete mai sentito parlare del ritorno del branco,dopo lo sparo,di nuovo sulle piante - lo stesso branco - da NON CREDERE...invece è  accaduto, non è  una costante, MA È POSSIBILE IN QUANTO AVVENUTO.ORMAI LA CACCIA AL COLOMBACCIO VIVE UN ACCANIMENTO " SELVAGGIO" SENZA POESIA...MA NON TUTTI SONO : " CACCIATORI DI PALOMBE".VI VOGLIO BENE COMUNQUE...UN ABBRACCIO Ciccio de Libero.

Cucciolo

  • Newbie
  • *
  • Post: 28
    • Mostra profilo
Risposta #2 il: 19/10/2023 - 19:20
Lo sparare,in questa caccia fantastica, deve essere solo l'atto finale (che gioco forza deve esserci... senza essere ipocriti)di un film preparato e vissuto negli attimi,nei minuti,nei giorni,nei mesi precedenti...con tanta passione e rispetto per questo fantastico selvatico!

Vasco

  • Hero Member
  • *****
  • Post: 1401
    • Mostra profilo
Risposta #1 il: 19/10/2023 - 16:08
  RIFLESSIONI SULLA CACCIA DELLE PALOMBE NELLE MARCHE(MA NON SOLO)

La caccia delle palombe è caccia storica delle regioni Marche e Umbria. Nel suo libro “Tra querce e palombe”, una “Bibbia” sull’argomento, l’Avv. Giuseppe Mazzotti nella parte terza dal titolo:” Le palombe nelle Marche e nell’Umbria”, così scriveva : “ Entriamo nell’ambiente e nell’atmosfera in punta di piedi, con estrema umiltà, in quanto ci avviciniamo davvero all’altare incontrastato, alla scuola più alta della caccia alle “palombe”. Ma oggi la caccia classica, quantomeno nelle Marche, la mia regione, sta pressoché scomparendo, sostituita da una forma semplificata che con quella ben poco ha a che vedere : quella era arte, questa è piuttosto sparatoria, ma soprattutto sono l’atmosfera, il pathos, assolutamente diversi, molto più poveri, manca .... continua

https://www.ilcolombaccio.it/CMS/riflessioni-della-caccia-alle-palombe-nelle-marche-ma-non-solo/