FORUM Club Italiano del Colombaccio

giamp50

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Risposta #48 il: 26/03/2012 - 20:52
Aveva una decina di mesi il mio Gem dell'Adige, spinone bianco arancio, quando nel luglio del 1972 girovagavo sulle stoppie, lasciate alte dalle mietitrebbie, nella vallata del Fiumicello, levando quaglie a destra ed a manca senza che lui se ne interessasse minimamente.

Incredulo, sfiduciato ed incavolato, alla fine, dopo alcune ore e dopo non so più quante quaglie, singole e coppie, aver levato con i piedi, mi siedo su di un greppetto all'ombra di un olmo masticando amaro.

Dopo qualche minuto vedo il cucciolone partire, fare una decina di metri di filata ed impietrirsi in ferma.

Da quel momento fu un susseguirsi di ferme, guidate e ferme, sempre a testa alta, imperturbabile, come se fossero dieci anni che faceva quel lavoro.

Io ero in paradiso.

E fu lui, Gem, che con il suo grande naso, con la sua ferma ineguagliabile, la sua forza e determinazione, mi insegnò poi negli anni seguenti ad andare a caccia!

giamp50

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Risposta #47 il: 22/03/2012 - 20:35
Erano i primi anni di caccia dal palco, tutto nuovo, tutto da imparare giorno dopo giorno, errore dopo errore, un successo esaltava ed appagava per tutte le sconfitte precedenti.

Avevamo spostato il palco di un 120mt circa, là? dove spesso vedevamo buttarsi le palombe che cercavamo di richiamare.

Diciotto metri di palco, posizione perfetta da tutti i punti di vista, appena una quindicina di metri sotto alla grande quercia rossa. L'avevamo proprio azzeccato, a volte si attaccavano anche ai bordi del capanno.

In più di una occasione mi era capitato di stare con la palomba buttata a 2-4mt e guardarci ambedue stupiti negli occhi.

Ero riuscito a fare due femmine volantino perfette per il posto, partivano a comando, si buttavano nella buca, rasentavano le chiome, imboccavano il corridoio, giravano attorno ad una quercia e rientravano sempre nel corridoio tra le chiome.

All'inizio una delle due si era attaccata ed era stata fuori una notte, al mattino la ritrovai sul palco, non fece più un errore.

Eravamo ancora all'età? della pietra, cacciavamo solo con due volantini ed una racchetta  a stantuffo rudimentale non sempre funzionante.

Una mattina, ero da solo, intravvedo un branchetto di una ventina di Palombe abbastanza vicine, lancio ugualmente le due femmine, il branco viene insieme alle volantine.

Ce li ho tutte sulla testa a pochi metri, non so cosa fare, nel turbinio di ali ed ebbro di emozione ho paura di prendere le piccione, non sparo, poi ad una ventina di metri, dentro la buca, vedo, o meglio credo di vedere, una Palomba che sta girando. Il laccetto non ce l'ha, decido di tirare il grilletto, nell'attimo della trasmissione del comando dal mio cervello all'indice destro, quella che credevo una palomba, completa la virata ed il laccetto, provvisoriamente nascostosi per forza centrifuga sotto l'ala destra, ricade giù, ma troppo tardi, il comando neurologico era già? partito e l'indice esegue prima che gli arrivi il contrordine.

La picciona cade fulminata. La rabbia, il rammarico, la vergogna mi assalgono. Non sparo più!

Rimescolo

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Risposta #46 il: 05/03/2012 - 15:18
Una mattinata d'inverno
Il racconto che mi appresto a scrivere risale ad una fredda mattinata del 1973 o del 1974. Ricordo benissimo che avevo terminato il turno di notte all'ITALSIDER di Piombino, e che arrivato a Campiglia c'era ad attendermi l'amico fraterno Enrico, destinazione Monte Calvi, a beccacce.

L'amico Enrico aveva la settimana di ferie per cacciare la beccaccia ed io lo accompagnavo con la disponibilità? derivata dalla turnazione aziendale, o con i riposi settimanali.

Velocemente mi cambio e mi attrezzo per la battuta, un pezzo di pane con la salciccia per il pranzo, la cartuccera e l'automatico A300 della beretta cal.20 che ancora uso e conservo amorevolmente. Si parte con la vespa e si raggiunge il posto di caccia, saranno state le otto e decidemmo di cercare la regina a ridosso del monte calvi verso le "bocchette e il sasso all'alloro", zone poco frequentate dai cacciatori ma molto valide per quel periodo di temperature rigide, vi stazionavano una colonia di capre del "Pazzagli" e i loro pascoli e la loro dimora era visitata saltuariamente da qualche beccaccia.

Ringo, il setter di Enrico, inizia la cerca e dopo l'ispezione di alcune rimesse va in ferma. Enrico mi avverte con il solito fichio ondulato e melodico che devo stare attento e subito segue "ECCOLA"...la regina esce dal bosco e si scopre alla fucilata che la investe, Ringo raccoglie e riporta all'amico.

E' una bella regina, e dopo averla osservata, lisciata e averne nascosta la testa sotto l'ala la inserisco nella tacana.

Continuiamo a battere la zona, Ringo stà? cacciando un pascolo notturno, la beccaccia non è molto distante e viene bloccata decisamente verso un ginepraio, mi apposto su uno scoglio e al segnale di pronto (sempre con il fischio) Enrico accosta il cane, Ringo gattona e ferma di nuovo nella mia direzione fin quando la regina si invola ed è colpita nuovamente, il rituale si ripete, Enrico grandissimo altruista oltre che esperto e fraterno amico, si complimenta e continua l'ispezione della zona.

Passano poche decine di minuti e Ringo rallenta il suono del campano che tiene sotto la pettorina, den deden den deden, Den, due fischi di accertamento, nessun movimento, Ringo è di nuovo in ferma, Enrico mi fa cenno di raggiungere la razzina sottostante, in punta di piedi, senza rumore, ma velocemente sono piazzato, Ringo si muove den den..

silenzio assoluto, Enrico raggiunge il cane e senza forzarlo mi avverte di stare attento. Non cerca la possibilità? dello sparo, sa che sono piazzato, si fa sentire di lato fino a quando la beccaccia decide di incolonnarsi, tuttutttuutttuuu...segue "eccola" e la colpisco facilmente. Enrico si complimenta, Ringo riporta e si sdraia mentre noi commentiamo che la zona è vergine e le beccaccie non sono scanate.

Ci sediamo anche noi per consumare un morso di pane, sui grotti del "sasso all'alloro", decido di dare aria alle beccacce incarnierate, inserisco la mano nella tacana ma con stupore mi accorgo che ne ho persa una. Con tranquillità? e senza fretta terminiamo il bivacco ma Ringo dopo una breve pausa e un sorso d'acqua, continua la cerca e lo sentiamo in ferma, colleghiamo subito che probabilmente ha trovato la mia perduta e aspettiamo che se ne accorga per il riporto, due fischi seguiti a breve distanza da altri due fischi ci convincono che Ringo è in ferma su una nuova beccaccia.

Vai avanti mi viene detto, c'è una piazza carbonaia lungo lo stradello delle bocchette, appena ci sei arrivato fammi un fischio.

Felinamente la raggiungo e comunico all'amico la posizione, l'accostamento verso il cane e segue l'avviso "ECCOLA", pochi istanti e mi appare nel breve e limitato spazio visivo, un colpo di stoccata e la quarta regina cade.

Nessun sentore di invidia o gelosia da parte di Enrico, bensì un grandioso e manifesto compiacimento traspariva dal suo sguardo, avevo 21/22 anni e lui 38/39 (un grande maestro).

Dovevamo ricercare la perduta dalla tacana, e facemmo a ritroso il percorso, Ringo non degnava prede già? abboccate e ci dovemmo impegnare, naturalmente la ritrovai di lì a poco. Erano quattro regine in bella mostra, tutte accarezzate e lisciate e tutte per suo volere con la testa nascosta sotto l'ala, custodite nella mia tacana della cacciatora. Si era fatto mezzogiorno, la sera dovevo ritornare in fabbrica e un po di apprenzione faceva timidamente capolino, decidemmo di fare un ultima escurzione alla "crocetta" dopodichè io sarei ritornato a casa per dormire e lui (Enrico) avrebbe continuato a cacciare fino a sera. In prossimità? della "crocetta", Ringo inizia un nuovo accostamento, lungo e intrigato, dopo alcuni minuti blocca il suono del campano,

è in ferma, sono ben posizionato, mi pronuncio per l'ennesima volta, Enrico mentre si accosta al cane mi avvisa che ci sono molte fatte del pascolo, io non afferro ma non ho il tempo di riflettere che un ripetuto "eccola" "eccola" mi allertano, era la coppia che si era involata, una nella mia direzione che colpii, l'altra si dileguò.

Una nuova pacca, un sorriso, una carezza a Ringo e lasciai Enrico per ritornare alla vespa e al riposo pomeridiano.

Spero con questo racconto di aver reso onore a Ringo per la sua caparbietà? e capacità? di "trattare" le regine, ma soprattutto ad ENRICO per la sua delicatezza nel saper istruire e avviare alla caccia un giovane come me, mai avido nel tiro, mai arrogante. Grazie Enrico!

Con rispetto,

Rimescolo

giamp50

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Risposta #45 il: 21/02/2012 - 10:22
Il racconto di "badger" mi ha fatto tornare in mente un episodio dei miei vent'anni e dell'irresponsabilità? e temerarietà? della mia gioventù.
Avevo terminato da poco il sevizio militare e lo spinone bianco arancio Gem dell'Adige era cresciuto, quindi doveva essere una giornata di fine febbraio o inizi marzo del 1973, giornata fredda, nevischiava.

Ancora buio, mi recai senza cani presso un lago agricolo, molto esteso, frequentato da anatre, circondato da cannucciaie ed infossato tra due collinette.

Parcheggiai la 500 lontano, feci un giro largo, scesi nel fosso e da questi risalii dal basso verso l'argine e, con trepidazione, cercavo di sbirciare, senza espormi, la superficie dell'acqua.

All'estremità? sud/est vidi 4 marzaiole, concorrenti quella mattina non ve ne erano, mi sembra fosse giorno di mercato.

Schiacciato a terra ne scrutavo il comportamento nella speranza che si avvicinassero un pò, ma niente da fare. Allora caricai piombo grosso e sparai un colpo alla più vicina.

L'anatra a cui avevo sparato rimase dritta sull'acqua, le altre si alzarono in volo, una tornò indietro e si rituffò vicino a quella rimasta. Sconcertato ed inesperto sparai un'altro colpo alla marzaiola di prima, non avevo capito che non si era alzata perchè ferita e che quindi avrei dovuto sparare non a lei ma alla compagna ritornata.

Comunque, al secondo colpo si rovesciò. La compagna ripartì e la presi al volo.

Sempre immobile e nascosto dopo una mezzora ritornarono le altre due e presi anche loro.

Situazione finale, due marzaiole raccolte, una morta in mezzo al lago ed un'altra ferita tra il canneto.

Provai anche con lancio di zolle di terra per far muovere l'acqua del lago, ma non c'era nulla da fare, rimaneva al centro.

Allora mi venne l'idea geniale! Andai a casa, presi i cani, un materassino da mare, una bottiglietta di brandy e panni di ricambio.

I cani acciuffarono la ferita nel canneto ma non c'era verso di riuscire a far loro vedere quella in mezzo al lago, ed allora iniziai a gonfiare con la pompetta il materassino.

Misi il materassino in acqua, mi ci distesi delicatamente sopra ed iniziai a vogare con le palme delle mani muovendole molto lentamente, arrivai ad una ventina di metri dall'argine quando dell'acqua gelida si infiltrò tra la mia pancia ed il materassino.

Una contrazione istintiva e dell'altra acqua, e questa volta abbondante, ricoprì il materassino. Istintivamente mi gettai in acqua ed a nuoto, senza mai respirare, arrivai all'argine.

Non riuscivo a respirare, la gola, i polmoni si erano chiusi, penso fossi paonazzo, presi la bottiglietta di brandy e la buttai giù, mi spogliai completamente nudo rivestendomi con i ricambi, ricominciai tra mille stenti a far entrare un pò di aria nei polmoni, e piano piano mi ripresi, ma la paura fu tanta, tanta.

Credo che quella mattina mi abbia salvato il non aver fatto colazione.

Con movimento forzato ripresi temperatura, ritornai nella normalità?, intanto con tutto il casino fatto l'anatra si era un pò spostata ed il Gem, avvistatala, la recuperò.

Finale, tornai a casa trionfante con le quattro anatre e la pelle!

badger

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Risposta #44 il: 19/02/2012 - 17:07
Era la metà? di gennaio, un gennaio freddo, ventoso, pieno di ghiaccio. Dopo una giornata a tordi abbastanza infruttuosa, decidemmo di andare a fare la spera al lago Acquato, un piccolo specchio d'acqua per metà? all'interno di un'azienda faunistica, annidato tra le colline prospicienti il mare. Annottava, e non un volo nè un fischio rompevano la malinconia di un altro giorno di caccia che se ne andava. In mezzo all'acqua, celati tra i falaschi, sempre attenti a non imboccare dagli stivali al ginocchio, scrutavamo quel po' di cielo al confine del monte che si sovrastava, cercando di non fare attenzione al gelo che ci congelava i piedi, l'acqua intorno a noi era parzialmente ghiacciata. Ormai era buio quando d'un tratto due ombre  invasero la scena. Due germani cominciavano la ronda concentrica sopra lo specchio d'acqua, lenti, guardinghi, sembravano non volersi abbassare mai, eppure eppure ingrandivano piano piano, finchè le ombre diventarono distinte e la femmina, sempre avanti, emise un piccolo, caratteristico richiamo, ancora un giro, ancora uno, poi finalmente furono a tiro. Sparammo insieme uno, due, tre botte, e tutti e due gli uccelli precipitarono nell'acqua scura. Ma mi avvidi subito che non li avevamo fermati e allora, nel buio ormai quasi totale, entrai d'istinto nell'acqua che mi arrivò subito fino alla vita, una fiammata a bruciapelo e raccolsi la femmina mettendola in carniera con un unico movimento e avanti ancora, con l'acqua ormai al  petto e un'altra botta là? dove vedevo l'acqua incresparsi, e finalmente agguantai il maschio e tornai indietro riguadagnando l'arginello.

Quando arrivai alla macchina ero praticamente uno spaventapasseri bagnato. Un amico mi prestò un maglione, mi misi le scarpe senza le calze. Poi, per strada, ci fermammo ad un bar dove ordinai un ponce bollente. Il barista mi chiese " ha avuto un incidente?" ma io sorridevo e non lo ascoltavo, nella mente avevo solo il momento in cui  avevo afferrato il capoverde e  l'avevo finalmente fatto mio, per sempre.

Vasco

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Risposta #43 il: 19/02/2012 - 14:53
Ultimi giorni di settembre del 1994, il passo è alle porte, il lavoro da fare nell'appostamento prima che si inizia  la «caccia»? è sempre impegnativo, come al solito tocca sempre a me, ragione per cui è sempre meglio anticipare i tempi, così la mattina presto decido di andare all'appostamento.

Appena arrivato alla capanna, inchiodata alla quercia del capanno principale vedo una tabella, (Oasi di Protezione), fortunatamente il cuore è in buono stato e  fortuna mia evito l'infarto, dopo che ho visionato le altre tabelle mi precipito all'ufficio caccia della Provincia per avere spiegazioni. Purtroppo dopo aver ascoltato dall'impiegato la motivazione della tabellazione, prendo atto che il mio appostamento, dopo tanti anni di sacrifici, è andato purtroppo perduto per sempre, le solite angherie dei signori. Con la rabbia in corpo decido di lasciare la caccia al colombaccio e riprendere quella con il cane da penna.

Dopo una notte passata tra letto frigorifero sigarette battutine della mia cara moglie e una lunghissima corona»?.... la passione prende il sopravvento e con gli occhi fuori dalla testa per non aver chiuso occhio, la mattina prima che si faccia giorno, mi ritrovo sul fuoristrada con carte geografiche militari e bussola in cerca di un nuovo posto per cacciare il magnifico.

Era da tempo che sentivo parlare della zona di Monte Santa Maria Tiberina e Palazzo del Pero, due comuni, vicino ai confini tra Umbria e Toscana, concentro la ricerca nei monti circostanti, la solita guardatina alle cartine, poi  l'esperienza mi fa scegliere la strada che porta sul monte più alto da dove potrò osservare più panorama possibile, non esito ad imboccarla.

Dopo quattro ore di strade impervie  su e giù, in lontananza, vedo un bosco di cerro, l'unico del posto fra tante piante di carpano faggio e castagno, poco lontano, circa due km. l'unica casa, è la  possibilità? di avere informazioni sulla proprietà? del bosco, non avevo incontrato anima, mi precipito.

Seduto su un tronco di castagno un anziano, con la pipa fumante in bocca, vedendomi arrivare mi viene incontro e mi accoglie così: (Cocco mio, da dua vieni, che fè tu qui che nse vede mè n'anima).

-Buon giorno, mi scusi, una domanda, mi chiamo vasco, - (io Primo) risponde  - conosce il proprietario di quel bosco di cerri ? ( è l'mio e del mi fratello che l'vole compra?) - beh magari, se fa al caso mio si può fare. - L'esperienza insegna,  Primo ne ha da vendere e anticipa quello che mi restava tanto fatica dire,             (dìo, ma che ve a caccia) - si, ho la passione della caccia alle palombe - ( che vorristi fa la caccia pe le palombe, la faceva lmi fratello, ma no tuquì, lassù nti cerri). Messo al chiodo col fiato tra i denti, ormai certamente Primo aveva capito l'antifona - se non do fastidio, il posto mi piace ma non so se è buono per il passo, poi se lo fosse potrei comprare il bosco se lo vuol vendere - (Ta me me fariste nfavore da ride, almeno vedo ncristiano ngiro, tuquì nc'enno più manco i sorci, tra npo vien su Tersilio, lmi fratello, spettelo stà? a magnà? tuquì cusì ce parli la macchia è anche robba sua è lu che amministra, poi se vol telefonà?  fa  puro).

L'invito di Primo mi rincuora e senza esitare accetto, meglio di così non poteva andare, dopo aver avvisato al telefono mia moglie che non tornavo per l'ora del pranzo e ascoltato la sua litania, carico Primo nel fuoristrada per fare un giro di perlustrazione»?.Tornati a casa poco dopo arriva Tersilio, il fratello, un energumeno più giovane di Primo, dall'aspetto burbero e prima che apro bocca, stringendomi la mano:

(che sete pe le tasse) » no no non sono stipendiato dallo stato, lavoro il ferro,  - (alora sete uno che fatiga, che nite a cerca tuquì, da dua nite)  »  sono alla ricerca di un posto per fare la «caccia»? alle palombe  »  Come se fossi seduto su uno spillo  e con gli occhi spalancati aspetto la risposta che tarda ad arrivare»?.         ( Mmmmmm  Ho capito nnicosa, ma dio,  nnè che vien da Città? de Castello,  quilli nce li voglio tuquì monno striqulato nnicosa, dio fa lgrano, si sarpresenteno i dò foco ta la machina, si sè chi enno ardielo, stì delinguenti monno tirato anche ta le galine, stì luridi»?»?)

- no no, vengo da Perugia, è la prima volta che metto piede da queste parti - ( e mia me vorre di chè summiato la strada stanotte?) - No, sono qui per caso, mi ha consigliato il posto un amico mio che taglia la macchia. -  (e chi è Tonino del moro?)  - Non ricordo se si chiama Tonino»? » « hai visto mai ci fosse qualcosa contro»? - non mi ricordo come si chiama  »  (Da lmuso me sembri nbon cristiano, l'permesso tel firmo, cusì podarsi che m'arpia voia anche ta me, io l'ho amazzate le palombe al mi tempo, però taviso, se me fe casino la pla macchia te manno via subeto arcordete).

Finalmente dopo tanto sconforto una bella notizia, dalla felicità? mi ridevano anche gli orecchi, li saluto con un abbraccio, li ringrazio per la cena e fisso l'appuntamento all'indomani mattina per fargli mettere  la  firma  sulla domanda che autorizza l'istallazione dell'appostamento, che poi fu mio solo per quell'anno.

Poi così per caso, come quasi sempre accade, un giorno, frequentando il nostro FORUM conosco Matteo, PALOMBARO, un cacciatore giovane, pieno di entusiasmo e voglioso di apprendere i segreti della nostra passione, un ragazzo oltremodo squisito e intelligente che mi invita a visitare l'appostamento.

Pochi giorni dopo decidiamo di andarci, durante il viaggio e dalle sue prime descrizioni del luogo capisco che l'appostamento è situato più o meno sulla zona dove era quello fatto da me tanti anni prima e dopo circa 45 minuti di macchina Palombaro imbocca la stessa strada che anche io percorrevo, la conferma che il suo appostamento era sullo stesso luogo circa cento metri più in alto dove era il mio, ci fu quando arrivai in cima al suo capanno.  Scendo a terra e porto Palombaro (Matteo) a fargli vedere dove era il mio appostamento, Matteo mi Indica dove secondo lui era il cerro di una antica caccia,  sorridendo gli ricordo che non era poi tanto antica solo di 16 anni fa e lì su quel cerro  c'era  il mio capanno e,  poco più in la in un altro cerro,  quello di entrata, a dieci metri di altezza  c'è  ancora impressa la mia firma, una forcina in ferro fissata  sul palo di castagno ancora efficiente. Immediata fu la simpatica  risata di Matteo,  avevo fatto la stessa cosa anche per lui.

 Sono episodi  che in un momento ti fanno passare davanti tanti anni  e  tanti ricordi  che rimarranno impressi per sempre, indelebili,  le emozioni che quei cerri mi hanno regalato, non per le catture, ma per qualche curata mozzafiato che ancora mi fa tremare le gambe non lo dimenticherò mai.
Una su tutte :
(Era quasi l'ora di sbaraccare, circa mezzogiorno, mentre osservavo un volantino che rientrava , mi accorgo che un altro piccione allungava il collo guardando verso il cielo, non vedevo nulla, ho pensato ad un moscerino che era li davanti, succede spesso, anche Silvio con me sull'unico capanno, l'amico inseparabile con la vista da falco non vedeva nulla, poi come sempre fa, con un forte grido che mi fa sempre inc»?.re,

   - elle sono altissime - e mi indica la direzione, io non riuscii a vederle, troppo alte e lontane per i miei occhi , un branco all'infinito che ormai passato sopra al nostro capanno senza averlo visto si dirigeva verso il vicino valico, non ricordo quanti e quali movimenti feci con i richiami,  forzai i volantini lasciandoli girare senza sosta per tre volte  prima di farli posare, ma ancora, purtroppo, non le vedevo, però le grida di Silvio che le vide girare e tornare indietro mi allarmarono e allora via ancora un'altra volta con i volantini, pochi istanti dopo anche io riuscii a vedere il branco e cominciai le solite manovre per ingaggiarli, vennero giù tutte, scesero giù dall'infinito ad ali chiuse come se stavano precipitando, beh è uno spettacolo che ti fa sempre fermare il cuore. Erano sicuramente più di duecento, davanti a noi ormai a circa cento metri ad ali aperte a prendere il vento in petto per poi posarsi. Mi preoccupo per Silvio, non riesce mai a rimanere immobile, lo fermo tirandolo per un braccio e con l'altra mano "tocco" leggermente per l'ultima volta il colombaccio sulla ribaltina del cerro di entrata, sono secondi che durano un eternità?, l'adrenalina sale a mille,  ma eccole tutte ad ali aperte alla ricerca del ramo per posarsi. Quei cerri erano bianchi da così tante palombe. L'atto finale pose fine ad un momento indimenticabile).

 Silvio lo ricorda sempre, io non dimenticherò mai la sua faccia incredula  e le sue parole:  ( non avrei mai creduto a tanto se lo avessi raccontato).

 Spero che il dialetto perugino sia comprensibile a tutti,  forse ho esagerato nei particolari,  ma se li avessi tralasciati avrei tolto, secondo me,  la parte migliore.  Chiedo venia.

Vasco Feligetti.

Vasco

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Risposta #42 il: 18/02/2012 - 23:36
Ultimi giorni di settembre del 1994, vado all'appostamento, il passo è alle porte,  il lavoro da fare prima d'iniziare la stagione è sempre impegnativo, come al solito tocca sempre a me, ragione per cui è sempre meglio anticipare i tempi.

Appena arrivato alla capanna, inchiodata alla quercia del capanno principale vedo una tabella,                 (Oasi di Protezione),  fortunatamente il cuore è in buono stato e riesco ad evitare l'infarto, dopo che ho visionato le altre tabelle mi precipito  in Provincia per avere spiegazioni. Purtroppo dopo aver ascoltato dall'impiegato la motivazione della tabellazione, prendo atto che il mio appostamento, dopo anni di sacrifici, è andato  purtroppo perduto, le solite angherie dei signori. Con la rabbia in corpo decido di lasciare la caccia al colombaccio e riprendere quella con il cane da ferma.

Facile a dirsi e, dopo una notte passata tra letto frigorifero sigarette battutine della mia cara moglie e una lunghissima corona»?.... la passione prende il sopravvento e  con gli occhi fuori dalla testa per non aver chiuso occhio, la mattina, prima che si faccia giorno, mi ritrovo sul fuoristrada con carte geografiche militari e bussola in cerca di un nuovo posto per cacciare il magnifico.

Era da tempo che sentivo parlare della zona di Monte Santa Maria Tiberina e  Palazzo del Pero, due comuni, vicino ai confini tra Umbria e Toscana, scelgo quella zona, la solita guardatina alle cartine mi suggerisce  il posto più in alto che mi consente di osservare più panorama possibile, una strada porta proprio li  in cima e non esito ad imboccarla.

Dopo quattro ore di su e giù per i monti, in lontananza, vedo un bosco di cerro, l'unico del posto fra tante piante di carpano faggio e castagno, poco lontano, circa due km. una casa, è  l'unica possibilità? di avere informazioni sulla proprietà? del bosco, mi precipito.

Seduto su un tronco di castagno un anziano, con la pippa fumante in bocca, vedendomi arrivare mi viene incontro e  mi accoglie così:  (Cocco mio, da dua vieni, che fè tu qui che nse vede n'anima).

-Buon giorno, mi scusi, una domanda, mi chiamo vasco, -  (io Primo) -  conosce il proprietario del bosco di cerri ?                              ( è l'mio e del mi fratello che l'vole compra?) - beh magari, se fa al caso mio si può fare. - L'esperienza insegna,  Primo ne ha da vendere e  anticipa quello che mi restava tanto fatica dire,              (dìo, ma che ve a caccia), -  si,  ho la passione della caccia alle palombe - ( che  vorristi fa la caccia pe le palombe, la faceva lmi fratello, ma no tuquì, lassù nti cerri).  Messo al chiodo col fiato tra i denti, ormai certamente Primo aveva capito l'antifona - se non do fastidio, il posto mi piace ma non so se è buono per il passo,  poi se lo fosse potrei comprare il bosco se lo vuol vendere -  (Ta me me fariste nfavore, almeno vedo ncristiano ngiro, tuquì nc'enno più manco i sorci, tra npo vien su Tersilio, lmi fratello, spettelo stà? a magnà? tuquì cusì ce parli la macchia è anche robba sua è lu che amministra, poi se vol telefonà? fa puro).

 L'invito di Primo mi rincuora, senza esitare accetto, meglio di così non poteva andare, dopo aver  avvisato al telefono  mia moglie che non tornavo per l'ora del pranzo e ascoltato  la sua litania, carico Primo nel fuoristrada per fare un giro di perlustrazione»?.Tornati a casa,  puntuale, poco dopo arriva Tersilio, il fratello,  un energumeno più giovane di Primo,  dall'aspetto burbero e prima che apro bocca, stringendomi la mano:

(che sete pe le tasse)   »  no no non sono stipendiato dallo stato,  lavoro il ferro, faccio il fabbro uno dei pochi che ancora fanno il ferro battuto  -   (alora sete uno che fatiga, che nite a cerca tuquì, da dua nite)       »  sono in cerca di un posto per fare la «caccia»? alle palombe »  come seduto su uno spillo  con gli occhi spalancati aspetto la risposta che tarda ad arrivare»?. Mmmmmm  ( Ho capito nnicosa, ma dio, nnè che vien da Città? de Castello, quilli nce li voglio tuquì monno striqulato nnicosa, dio fa lgrano, si sarpresenteno i dò foco ta la machina, si sè chi enno ardielo, stì delinguenti monno tirato anche ta le galine, stì luridi»?»?)

  - no no, vengo da  Perugia, è la prima volta che metto piede da queste parti -  ( e mia me vorre di chè summiato la strada stanotte?) -  No, sono qui per caso, mi ha consigliato il posto  un amico mio che taglia la macchia. -  (e chi è Tonino del moro?)   -  Non ricordo se si chiama Tonino»? » « hai visto mai ci fosse qualcosa contro»? -  non mi ricordo come si chiama  »  (Da lmuso me sembri nbon cristiano, l'permesso tel firmo, cusì podarsi che m'arpia voia anche ta me, io l'ho amazzate le palombe al mi tempo, però taviso, se me fe casino la pla macchia te manno via subeto arcordete).

Finalmente dopo tanto sconforto una bella notizia, dalla felicità? mi ridevano anche gli orecchi, saluto con un abbraccio i  due fratelli, ringrazio per la cena e fisso l'appuntamento all'indomani mattina per firmare la domanda che autorizza l'istallazione dell'appostamento che fu mio solo per quell'anno.
 Poi così per caso, come quasi sempre accade, un giorno, frequentando il nostro FORUM conosco Matteo,  PALOMBARO,  un cacciatore giovane, pieno di entusiasmo e voglioso di apprendere i segreti della nostra passione, un ragazzo oltremodo squisito e intelligente che mi invita a visitare l'appostamento.    Dalle sue prime descrizioni del luogo capisco che  l'appostamento è  situato  più o meno sulla zona dove era quello fatto da me tanti anni prima e   dopo circa 45 minuti di macchina Palombaro imbocca la stessa strada che anche io percorrevo, la conferma che il suo appostamento era sullo stesso luogo circa cento metri più in alto dove era il mio,  ci fu quando arrivai in cima al suo capanno. In un attimo ho ricordato i bei momenti di caccia vissuti in quello splendido scenario  in un istante torno indietro nel tempo di quasi venti anni,cima al suo capanno. In un attimo ho ricordato i bei momenti di caccia vissuti in quello splendido scenario, in un istante torno indietro nel tempo di quasi venti anni, l'emozioni che quei cerri mi hanno regalato, non per le catture, ma per qualche curata mozzafiato che ancora mi fa tremare le gambe non lo dimenticherò mai.
Una su tutte :
(Era quasi l'ora di sbaraccare, circa mezzogiorno, mentre osservavo un volantino che rientrava , mi accorgo che un altro piccione allungava il collo guardando verso il cielo, non vedevo nulla, ho pensato ad un moscerino che era li davanti, anche Silvio con me sull'unico capanno, l'amico inseparabile con la vista da falco non vedeva nulla, poi come sempre fa, con un forte grido che mi fa sempre inc»?.re,
- elle sono altissime - e mi indica la direzione, io non riuscii a vederle, troppo alte e lontane per i miei occhi , un branco all'infinito che ormai passato sopra al nostro capanno senza averlo visto si dirigeva verso il vicino valico,non ricordo quanti e quali movimenti feci con i richiami, i due volantini li feci girare tre volte prima di farli rientrare, ma ancora, purtroppo, non le vedevo, però le grida di Silvio che le vide girare e tornare indietro mi allarmarono e poco dopo anche io riuscii a vedere il branco e cominciai le solite manovre poi, vederle venire giù dall'infinito ad ali chiuse come se precipitavano beh è uno spettacolo che ti fa sempre fermare il cuore. Erano sicuramente più di duecento, davanti a noi a circa cento metri ad ali aperte a prendere il vento in petto per poi posarsi, mi preoccupo per Silvio, non riesce mai a rimanere immobile, lo fermo tirandolo per un braccio e con l'altra mano "tocco" leggermente per l'ultima volta il colombaccio sulla ribaltina del cerro di entrata, sono secondi che durano un eternità?, ma eccole tutte ad ali aperte alla ricerca del ramo per posarsi, quei cerri erano bianchi da così tante palombe. L'atto finale pose fine ad un momento indimenticabile. Silvio lo ricorda sempre, io non dimenticherò mai la sua faccia incredula per quello a cui aveva assistito).
Scendo dal capanno e porto Palombaro (Matteo) a fargli vedere dove era il mio appostamento, Matteo mi Indica dove secondo lui era il cerro di una antica caccia, sorridendo gli ricordo che non era poi tanto antica solo di 16 anni fa, lì su quel cerro era il mio capanno e poco più in la in un altro cerro di entrata, era ancora fissata su un ramo di castagno la mia firma, una forcina in ferro. Immancabile la bella risata di Palombaro, avevo fatto la stessa cosa anche per lui. l'emozioni che quei cerri mi hanno regalato, non per le catture, ma per qualche curata mozzafiato che ancora mi fa tremare le gambe non lo dimenticherò mai.
 Una  su tutte :
  (Era  quasi l'ora di sbaraccare, circa mezzogiorno, mentre  osservavo un volantino che rientrava , mi accorgo che un altro piccione allungava il collo guardando verso il cielo,  non vedevo nulla, ho pensato ad un moscerino che era li davanti, anche Silvio con me sull'unico capanno, l'amico inseparabile con la vista da falco non vedeva nulla, poi come sempre fa, con un forte grido che mi fa sempre inc»?.re,
  - elle sono altissime -  e  mi indica  la direzione, io non riuscii a vederle, troppo alte e lontane per i miei occhi , un branco  all'infinito che ormai passato sopra al nostro capanno senza averlo visto si dirigeva verso il vicino valico,non ricordo quanti e quali movimenti feci con i richiami,  i due volantini li feci girare tre volte prima  di farli rientrare, ma ancora, purtroppo, non le vedevo, però le grida di Silvio che le vide girare e tornare indietro mi allarmarono e poco dopo anche io  riuscii a vedere il branco  e cominciai le solite manovre poi, vederle venire giù dall'infinito ad ali chiuse come se precipitavano beh è uno spettacolo che ti fa sempre fermare il cuore.   Erano sicuramente più di duecento, davanti a noi a circa cento metri ad ali aperte  a  prendere il vento in petto per poi posarsi, mi preoccupo per Silvio, non riesce mai a rimanere immobile, lo fermo tirandolo  per un braccio  e con l'altra mano "tocco" leggermente per l'ultima volta  il colombaccio sulla ribaltina del cerro di entrata, sono secondi che durano un eternità?, ma eccole tutte ad ali aperte alla ricerca del ramo per posarsi, quei cerri erano bianchi da  così tante palombe.  L'atto finale pose fine ad un momento indimenticabile.  Silvio  lo ricorda sempre, io non dimenticherò mai  la sua faccia incredula per quello a cui  aveva assistito).
Scendo dal capanno e porto Palombaro (Matteo) a fargli vedere dove era il mio appostamento, Matteo mi Indica dove secondo lui era il cerro di una antica caccia, sorridendo gli ricordo che non era poi tanto antica solo di 16 anni fa, lì su quel cerro era il mio capanno  e poco più in la in un altro cerro di entrata,  era ancora fissata su un ramo di castagno la mia firma, una forcina in ferro. Immancabile la bella risata di Palombaro, avevo fatto la stessa cosa anche per lui.

Ho impiegato due serate per scrivere e ricordare  tutto questo,  spero che il dialetto perugino sia comprensibile a tutti, per qualcuno sarà? noioso leggerlo, sicuramente troppo lungo, per me non poteva essere più corto di così. Chiedo venia.

Vasco Feligetti.

deliberoCICCIO

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Risposta #41 il: 14/02/2012 - 19:35
Cari Amici,ascoltare,vivere,partecipare con emozione ai Vs ricordi,e con rammarico

scoprire alla fine che alcuni di questi "luoghi" da Voi menzionati sono oggi resi

inaccessibili (Parchi,Oasi ed altro)mi ferisce nel profondo e mi conduce ad una riflessione spontanea : "un tempo la LIBERTA' veniva...forse vissuta più intensamente".

Restano i ricordi,e per chi è un pò avanti con l'età?,proprio questi trovano "più spazio per esprimersi" in quanto la memoria "di fissazione" (cioè l'immediata o giornaliera) comincia a fare "cilecca".

Il mio DNA da cacciatore l'ereditai dalla famiglia di mia Madre...mentre il mio Papà?

mi trasmetteva l'indole di "pensatore".

La famiglia di mia madre,padre,fratelli,zii ecc. GRANDI CACCIATORI DI PALUDE...il tutto

prima della BONIFICA della pianura PONTINA e del Parco Naturale Lago di Fondi...

Viviamo di ricordi e GRAZIE...cicciodelibero.

N.B.Quale altra MENOMAZIONE di LIBERTA' ci aspetta?????

BaccarelliDiego

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Risposta #40 il: 14/02/2012 - 18:36
Complimenti a Levante e grazie per averci parlato del suo fantastico rapporto con suo Padre. Un rapporto padre e figlio che, in qualche modo, ci ricorda un po' la storia di ognuno di noi, la nostra storia che, come nel mio caso, è la storia di un Padre, non cacciatore, che si preoccupa del proprio figlio tredicenne alle prese con un fucile militare trasformato in calibro 28, capitato nelle sue mani non si sa come e usato di nascosto per regalare alla Mamma qualche passero da fare in padella con olio e salvia.

Fucile che mi lasciava ogni tanto qualche segno sulla fronte, perchè aveva il maledetto vizio di "sfocacciare" senza ritegno!!.

Volete sapere come andò a finire? Che il mio caro, preoccupatissimo Papà?, su benevola segnalazione dei Carabinieri, riuscì a mettere le mani su quell'attrezzo "infernale" nascondendolo sul tetto di casa, ponendo momentaneamente fine alla mia partita con i passeri della zona.

Ho detto momentaneamente, perchè, non ci crederete, alla fine, passando attraverso l'abbaìno, riuscii a ritrovare quella specie di archibugio sotto i coppi della nostra casa e con la complicità? della mia Cara Mamma, continuai, con mio Padre che forse sapeva ma fingeva di non sapere, ad alimentare la mia passione cacciando, in assenza del mio Papà?, i passeri che osavano avventurarsi sugli alberi intorno a casa.

diego.

Rimescolo

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Risposta #39 il: 14/02/2012 - 13:05
Grazie Levante!!!

Rimescolo

Vasco

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Risposta #38 il: 14/02/2012 - 01:35
Grazie levante.

vasco

levante

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Risposta #37 il: 13/02/2012 - 21:17
Quando mio padre acquistò il vecchio podere, avevo dieci anni e andare a vivere in quel luogo selvaggio e isolato,  mi sembrò un gran regalo.
L'enorme casa,  costruita sulle fondamenta di una antica  fortezza medioevale,dominava dall'alto la vallata da dove attutiti arrivavano i rumori, compresa la voce del fiume nelle notti di piena.  
Il lato nord-est del terreno era ricco di sorgenti compresa la fonte da cui si attingeva l'acqua per la casa e la proprietà? era delimitata da due fossi ricchi di piante. L'unica strada che portava a questo antico luogo terminava nella nostra aia ed era adornata, nei suoi ultimi 70 metri, da querce centenarie e siepi di rosmarino che mio padre amava piantare ovunque.
Questo luogo era un «posto buono»? dove la natura ogni giorno aveva qualcosa di nuovo da mostrare e da raccontare. Se d'inverno la neve lo incantava e la primavera lo faceva sbocciare,  era l'autunno il mese più ricco di vita.
Questo luogo aveva infatti il privilegio di essere proprio sotto la linea di passo di tordi, merli,  cesene, fringuelli etc. Quella volta era molto abbondante il passo degli storni di cui a quei tempi, dalle mie parti, non si sapeva cosa fosse la stanzialità? perché gli storni migravano da nord a sud.
Esattamente li aspettavamo dietro alcuni filari di viti a poche decine di metri da casa. Le cesena invece segnavano il passo proprio sull'aia come pure i sasselli mentre i tordi bottacci venivano un po'più da nord e si posavano sulle querce del viale e sulla grande quercia con l'edera all'inizio del fosso lato sud, luogo prediletto dalle  tordele.  
Le grandi vigne che coronavano tutta la parte nord-ovest, erano ricche di lepri mentre i fagiani trovavano il loro terreno migliore nell'icolto sottostante e nei terreni limitrofi abbandonati e pieni di rovi. Ma anche dopo i primi mesi di caccia a passo finito, questo paradiso sapeva regalare grandi emozioni.
La casa era circondata da centinaia di olmi e da alcuni enormi gelsi tutti pieni di edera.Per me bambino, ma anche per mio padre,  era una grande emozione cacciare   d'inverno tordi e merli, dalle finestre della stalla o del primo piano.
Ci si svegliava con quel pensiero e con lo stesso pensiero  si andava a dormire. Credo fosse pesante per mio padre andare a lavorare la mattina come per me andare a scuola. Benedetta era la neve che ci isolava e ci regalava giornate bellissime.
 La mia passione per la caccia cresceva a dismisura ogni anno che passava fino che a 15 anni ebbi i miei primi tordi da richiamo (me li prestava   mio cugino che  non aveva  tempo per andare a caccia in ottobre)
Quella caccia mi rapì completamente per 25 anni.... fino all'incontro ravvicinato del terzo tipo con i colombacci e comunque, tale era la passione che insieme ai piccioni, nei primi anni, quando cacciavo le palombe da appostamenti temporanei a terra, mi portavo dietro sempre qualche gabbia con tordi e merli da richiamo.
Devo tanto di quello che sono a mio padre che non c'è più e che avrei voluto portare con me sul capanno a caccia di colombacci,  una  esperienza che non ha mai potuto vivere. Lui mi ha trasmesso l'amore per le piante, la passione per la  caccia e soprattutto il mistero della natura che si manifesta a tutti coloro che hanno occhi e cuore per accoglierlo.   Grazie babbo

BaccarelliDiego

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Risposta #36 il: 12/02/2012 - 01:23
Una montagna, due cacciatori, un cane, due cani, una storia, mille emozioni raccontate in modo semplice ma efficacemente coinvolgente da giamp50, per dimostrare ancora una volta che la caccia, nobilmente intesa, non è sinonimo di predazione, ma espressione massima di una passione che nasce, cresce e prende forza dalle straordinarie bellezze della natura, che dialoga con le sue creature, che attinge alle sue risorse e ne assapora i frutti che profumano di polvere da sparo e tutto nel pieno rispetto del ciclo infinito della natura.

Complimenti, Giamp.

diego

giamp50

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Risposta #35 il: 11/02/2012 - 19:42
Tra i 20 ed i 30 anni mi ero preso una cotta per la coturnice.

Le prime tre quattro volte andai con gente conoscitrici dei posti, poi mi prese la febbre ed iniziai ad andare da solo, temerarietà? della gioventù.

Partivo con i miei due spinoni, con la 500 alle 02,00, alle 04,00 parcheggiavo sullo spiazzale all'inizio della gola. Zaino, siero, due ore di passo cadenzato ed alle 06,00 ero sugli scogli sopra la gola, e qui si iniziava.

Posti meravigliosi, visuali da mozzafiato, caccia dura e poco carniere, ma caccia stupenda.

La notte, mentre salivo all'interno della gola dell'Infernaccio, fucile carico e cani avanti, mille pensieri, paure ancestrali e fantasie si intrecciavano nella mia mente.

Una mattina, fine ottobre o inizi novembre, si prospettava una giornata metereologicamente problematica, stavo indeciso nella 500 sullo spiazzale, quando arrivò un'altra auto, era un giovane, uno sguardo d'intesa e decidemmo di cacciare insieme.

Fortunatamente non piovve, ma in alto c'era nebbia, visuale 30-40mt.

Decidemmo di battere il lato sud del monte della Priora, lui più alto, un 200 mt.

Saranno state verso le 11,00, un fischio del compagno, orecchie dritte, inizio a sentire il sibilo del vento sulle ali delle coturnici, ma con la nebbia non riuscivo a vederle.

Dopo una manciata di secondi, interminabili per me, un gruppo di Kamikaze sforano la nebbia, sfrecciano ad una trentina di metri avanti a me in picchiata verso il baratro.

Per quando alzai il fucile erano nuovamente scomparse nella nebbia.

Mentre scendevamo dai 1.800 ai 1.400, il compagno propone di fare una capatina sul lato est, visto che a questa quota la nebbia non c'era.

Dico, sono le 14,00, non ci conviene, rischiamo il buio e poi la nebbia incombe.

Rispose che avremmo fatto presto, ed andammo.

Mentre tornavamo indietro, improvvisamente ci piombò addosso un nebbione da tagliare a fette.

Finché il sentiero era tracciato andavamo sicuri, oramai li conoscevo bene, ma arrivati ad un prato il sentiero sparisce e c'è da ripescare il sentiero un 500-600mt avanti sul lato opposto.

Non riuscivamo a riallacciare il sentiero, ci si fece notte.

Ogni volta che ci rendevamo conto di non sapere dove eravamo tornavamo indietro al punto di partenza. Regola basilare.

Poi, ma oramai saranno state le 21,00, in uno di questi avanti/indietro capitammo su di una carbonaia, mi si accesero subito le luci, la conoscevo bene, 30mt più sotto passava proprio il sentiero che noi dovevamo prendere.

Verso le 23,00, sfiniti, ginocchia tremolanti che mollavano, arrivammo allo spiazzale.

Oramai parco dei Sibillini, ma un giorno o l'altro debbo ritornarci.

BaccarelliDiego

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Risposta #34 il: 10/02/2012 - 22:29
Caro Vasco,

ti ringrazio per gli applausi!!!!

A presto. Un caro saluto.

diego