Ultimi giorni di settembre del 1994, vado all'appostamento, il passo è alle porte, il lavoro da fare prima d'iniziare la stagione è sempre impegnativo, come al solito tocca sempre a me, ragione per cui è sempre meglio anticipare i tempi.
Appena arrivato alla capanna, inchiodata alla quercia del capanno principale vedo una tabella, (Oasi di Protezione), fortunatamente il cuore è in buono stato e riesco ad evitare l'infarto, dopo che ho visionato le altre tabelle mi precipito in Provincia per avere spiegazioni. Purtroppo dopo aver ascoltato dall'impiegato la motivazione della tabellazione, prendo atto che il mio appostamento, dopo anni di sacrifici, è andato purtroppo perduto, le solite angherie dei signori. Con la rabbia in corpo decido di lasciare la caccia al colombaccio e riprendere quella con il cane da ferma.
Facile a dirsi e, dopo una notte passata tra letto frigorifero sigarette battutine della mia cara moglie e una lunghissima corona»?.... la passione prende il sopravvento e con gli occhi fuori dalla testa per non aver chiuso occhio, la mattina, prima che si faccia giorno, mi ritrovo sul fuoristrada con carte geografiche militari e bussola in cerca di un nuovo posto per cacciare il magnifico.
Era da tempo che sentivo parlare della zona di Monte Santa Maria Tiberina e Palazzo del Pero, due comuni, vicino ai confini tra Umbria e Toscana, scelgo quella zona, la solita guardatina alle cartine mi suggerisce il posto più in alto che mi consente di osservare più panorama possibile, una strada porta proprio li in cima e non esito ad imboccarla.
Dopo quattro ore di su e giù per i monti, in lontananza, vedo un bosco di cerro, l'unico del posto fra tante piante di carpano faggio e castagno, poco lontano, circa due km. una casa, è l'unica possibilità? di avere informazioni sulla proprietà? del bosco, mi precipito.
Seduto su un tronco di castagno un anziano, con la pippa fumante in bocca, vedendomi arrivare mi viene incontro e mi accoglie così: (Cocco mio, da dua vieni, che fè tu qui che nse vede n'anima).
-Buon giorno, mi scusi, una domanda, mi chiamo vasco, - (io Primo) - conosce il proprietario del bosco di cerri ? ( è l'mio e del mi fratello che l'vole compra?) - beh magari, se fa al caso mio si può fare. - L'esperienza insegna, Primo ne ha da vendere e anticipa quello che mi restava tanto fatica dire, (dìo, ma che ve a caccia), - si, ho la passione della caccia alle palombe - ( che vorristi fa la caccia pe le palombe, la faceva lmi fratello, ma no tuquì, lassù nti cerri). Messo al chiodo col fiato tra i denti, ormai certamente Primo aveva capito l'antifona - se non do fastidio, il posto mi piace ma non so se è buono per il passo, poi se lo fosse potrei comprare il bosco se lo vuol vendere - (Ta me me fariste nfavore, almeno vedo ncristiano ngiro, tuquì nc'enno più manco i sorci, tra npo vien su Tersilio, lmi fratello, spettelo stà? a magnà? tuquì cusì ce parli la macchia è anche robba sua è lu che amministra, poi se vol telefonà? fa puro).
L'invito di Primo mi rincuora, senza esitare accetto, meglio di così non poteva andare, dopo aver avvisato al telefono mia moglie che non tornavo per l'ora del pranzo e ascoltato la sua litania, carico Primo nel fuoristrada per fare un giro di perlustrazione»?.Tornati a casa, puntuale, poco dopo arriva Tersilio, il fratello, un energumeno più giovane di Primo, dall'aspetto burbero e prima che apro bocca, stringendomi la mano:
(che sete pe le tasse) » no no non sono stipendiato dallo stato, lavoro il ferro, faccio il fabbro uno dei pochi che ancora fanno il ferro battuto - (alora sete uno che fatiga, che nite a cerca tuquì, da dua nite) » sono in cerca di un posto per fare la «caccia»? alle palombe » come seduto su uno spillo con gli occhi spalancati aspetto la risposta che tarda ad arrivare»?. Mmmmmm ( Ho capito nnicosa, ma dio, nnè che vien da Città? de Castello, quilli nce li voglio tuquì monno striqulato nnicosa, dio fa lgrano, si sarpresenteno i dò foco ta la machina, si sè chi enno ardielo, stì delinguenti monno tirato anche ta le galine, stì luridi»?»?)
- no no, vengo da Perugia, è la prima volta che metto piede da queste parti - ( e mia me vorre di chè summiato la strada stanotte?) - No, sono qui per caso, mi ha consigliato il posto un amico mio che taglia la macchia. - (e chi è Tonino del moro?) - Non ricordo se si chiama Tonino»? » « hai visto mai ci fosse qualcosa contro»? - non mi ricordo come si chiama » (Da lmuso me sembri nbon cristiano, l'permesso tel firmo, cusì podarsi che m'arpia voia anche ta me, io l'ho amazzate le palombe al mi tempo, però taviso, se me fe casino la pla macchia te manno via subeto arcordete).
Finalmente dopo tanto sconforto una bella notizia, dalla felicità? mi ridevano anche gli orecchi, saluto con un abbraccio i due fratelli, ringrazio per la cena e fisso l'appuntamento all'indomani mattina per firmare la domanda che autorizza l'istallazione dell'appostamento che fu mio solo per quell'anno.
Poi così per caso, come quasi sempre accade, un giorno, frequentando il nostro FORUM conosco Matteo, PALOMBARO, un cacciatore giovane, pieno di entusiasmo e voglioso di apprendere i segreti della nostra passione, un ragazzo oltremodo squisito e intelligente che mi invita a visitare l'appostamento. Dalle sue prime descrizioni del luogo capisco che l'appostamento è situato più o meno sulla zona dove era quello fatto da me tanti anni prima e dopo circa 45 minuti di macchina Palombaro imbocca la stessa strada che anche io percorrevo, la conferma che il suo appostamento era sullo stesso luogo circa cento metri più in alto dove era il mio, ci fu quando arrivai in cima al suo capanno. In un attimo ho ricordato i bei momenti di caccia vissuti in quello splendido scenario in un istante torno indietro nel tempo di quasi venti anni,cima al suo capanno. In un attimo ho ricordato i bei momenti di caccia vissuti in quello splendido scenario, in un istante torno indietro nel tempo di quasi venti anni, l'emozioni che quei cerri mi hanno regalato, non per le catture, ma per qualche curata mozzafiato che ancora mi fa tremare le gambe non lo dimenticherò mai.
Una su tutte :
(Era quasi l'ora di sbaraccare, circa mezzogiorno, mentre osservavo un volantino che rientrava , mi accorgo che un altro piccione allungava il collo guardando verso il cielo, non vedevo nulla, ho pensato ad un moscerino che era li davanti, anche Silvio con me sull'unico capanno, l'amico inseparabile con la vista da falco non vedeva nulla, poi come sempre fa, con un forte grido che mi fa sempre inc»?.re,
- elle sono altissime - e mi indica la direzione, io non riuscii a vederle, troppo alte e lontane per i miei occhi , un branco all'infinito che ormai passato sopra al nostro capanno senza averlo visto si dirigeva verso il vicino valico,non ricordo quanti e quali movimenti feci con i richiami, i due volantini li feci girare tre volte prima di farli rientrare, ma ancora, purtroppo, non le vedevo, però le grida di Silvio che le vide girare e tornare indietro mi allarmarono e poco dopo anche io riuscii a vedere il branco e cominciai le solite manovre poi, vederle venire giù dall'infinito ad ali chiuse come se precipitavano beh è uno spettacolo che ti fa sempre fermare il cuore. Erano sicuramente più di duecento, davanti a noi a circa cento metri ad ali aperte a prendere il vento in petto per poi posarsi, mi preoccupo per Silvio, non riesce mai a rimanere immobile, lo fermo tirandolo per un braccio e con l'altra mano "tocco" leggermente per l'ultima volta il colombaccio sulla ribaltina del cerro di entrata, sono secondi che durano un eternità?, ma eccole tutte ad ali aperte alla ricerca del ramo per posarsi, quei cerri erano bianchi da così tante palombe. L'atto finale pose fine ad un momento indimenticabile. Silvio lo ricorda sempre, io non dimenticherò mai la sua faccia incredula per quello a cui aveva assistito).
Scendo dal capanno e porto Palombaro (Matteo) a fargli vedere dove era il mio appostamento, Matteo mi Indica dove secondo lui era il cerro di una antica caccia, sorridendo gli ricordo che non era poi tanto antica solo di 16 anni fa, lì su quel cerro era il mio capanno e poco più in la in un altro cerro di entrata, era ancora fissata su un ramo di castagno la mia firma, una forcina in ferro. Immancabile la bella risata di Palombaro, avevo fatto la stessa cosa anche per lui. l'emozioni che quei cerri mi hanno regalato, non per le catture, ma per qualche curata mozzafiato che ancora mi fa tremare le gambe non lo dimenticherò mai.
Una su tutte :
(Era quasi l'ora di sbaraccare, circa mezzogiorno, mentre osservavo un volantino che rientrava , mi accorgo che un altro piccione allungava il collo guardando verso il cielo, non vedevo nulla, ho pensato ad un moscerino che era li davanti, anche Silvio con me sull'unico capanno, l'amico inseparabile con la vista da falco non vedeva nulla, poi come sempre fa, con un forte grido che mi fa sempre inc»?.re,
- elle sono altissime - e mi indica la direzione, io non riuscii a vederle, troppo alte e lontane per i miei occhi , un branco all'infinito che ormai passato sopra al nostro capanno senza averlo visto si dirigeva verso il vicino valico,non ricordo quanti e quali movimenti feci con i richiami, i due volantini li feci girare tre volte prima di farli rientrare, ma ancora, purtroppo, non le vedevo, però le grida di Silvio che le vide girare e tornare indietro mi allarmarono e poco dopo anche io riuscii a vedere il branco e cominciai le solite manovre poi, vederle venire giù dall'infinito ad ali chiuse come se precipitavano beh è uno spettacolo che ti fa sempre fermare il cuore. Erano sicuramente più di duecento, davanti a noi a circa cento metri ad ali aperte a prendere il vento in petto per poi posarsi, mi preoccupo per Silvio, non riesce mai a rimanere immobile, lo fermo tirandolo per un braccio e con l'altra mano "tocco" leggermente per l'ultima volta il colombaccio sulla ribaltina del cerro di entrata, sono secondi che durano un eternità?, ma eccole tutte ad ali aperte alla ricerca del ramo per posarsi, quei cerri erano bianchi da così tante palombe. L'atto finale pose fine ad un momento indimenticabile. Silvio lo ricorda sempre, io non dimenticherò mai la sua faccia incredula per quello a cui aveva assistito).
Scendo dal capanno e porto Palombaro (Matteo) a fargli vedere dove era il mio appostamento, Matteo mi Indica dove secondo lui era il cerro di una antica caccia, sorridendo gli ricordo che non era poi tanto antica solo di 16 anni fa, lì su quel cerro era il mio capanno e poco più in la in un altro cerro di entrata, era ancora fissata su un ramo di castagno la mia firma, una forcina in ferro. Immancabile la bella risata di Palombaro, avevo fatto la stessa cosa anche per lui.
Ho impiegato due serate per scrivere e ricordare tutto questo, spero che il dialetto perugino sia comprensibile a tutti, per qualcuno sarà? noioso leggerlo, sicuramente troppo lungo, per me non poteva essere più corto di così. Chiedo venia.
Vasco Feligetti.