Porto d’armi: modificato l’art. 43, comma 2, T.U.L.P.S.
Pubblicato 18 Febbraio 2019
È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 209 dell’8 settembre 2018 il Decreto Legislativo n. 104 del 10 agosto 2018 dal titolo “Attuazione della direttiva (UE) 2017/853 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 maggio 2017, che modifica la direttiva 91/477/CEE del Consiglio, relativa al controllo dell’acquisizione e della detenzione di armi”. Per ciò che qui rileva, l’art. 3, comma 1, lett. e del Decreto in parola, ha modificato l’art. 43, comma 2, del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (T.U.L.P.S.). Secondo la nuova stesura, l’art. 43, comma 2 ora recita che “La licenza può essere ricusata ai soggetti di cui al primo comma qualora sia intervenuta la riabilitazione, ai condannati per delitto diverso da quelli sopra menzionati e a chi non può provare la sua buona condotta o non dà affidamento di non abusare delle armi”.
Cos’è cambiato rispetto all’originale conio? È cambiato non poco. Si ricorderà che la giurisprudenza del Consiglio di Stato degli ultimi anni ha interpretato il primo comma dell’art. 43 in senso assoluto. Ha ritenuto, cioè, che coloro i quali erano stati condannati per delitti contro le persone commessi con violenza, ovvero per furto, rapina, estorsione, sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione, porto abusivo di armi non potevano ottenere la licenza di porto d’armi “vita natural durante”.
Tale interpretazione, criticata non poco dagli operatori del settore, ha fatto sollevare in sede T.A.R. la questione di legittimità costituzionale: questione che dovrebbe venir meno a seguito dell’intervento legislativo. In buona sostanza, quindi, chi ha subito una condanna per furto, rapina, …. può, ora, ottenuta la riabilitazione, chiedere il rilascio del titolo di polizia sussistendo, ovviamente, le altre condizioni volute dalla Legge