Diego allora poniamola cosi come realmente e' e ti accorgi del perche' l'842 e stato superato,oggi mi hai rifatto studiare Diritto...L’art. 1 della l. 11.2.1992, n. 157, riprendendo e confermando il principio ispiratore della legge sulla caccia del 1977, stabilisce che “la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell’interesse della comunità nazionale ed internazionale”.
L’affermazione legislativa in capo allo Stato del diritto di proprietà sulla fauna selvatica – individuata nei sensi sopra indicati – produce alcuni effetti giuridici ben determinati, già enucleati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla leggesulla caccia.
In tema di caccia, l'affermazione "ex lege" della proprieta' dello Stato su tutta la fauna selvatica esistente sul territorio nazionale ha determinato l'attribuzione allo stesso di una signoria sui singoli capi di selvaggina, che si esprime in una disponibilita' virtuale, sufficiente a rendere concreto il suo possesso, anche se gli animali selvatici vivono allo stato di liberta' e in zone non recintate e non sottoposte a specifica vigilanza. Ne consegue che l'uccisione di un capo di selvaggina, fuori dei casi di specifica autorizzazione o di quelli in cui lo Stato, rinunziando temporaneamente ai suoi poteri, consente la caccia, viola due diversi interessi: quello di carattere socio-politico, ricollegato al mantenimento del patrimonio ambientale, appartenente all'intera collettivita', e quello di carattere strettamente giuridico, tutelato dalle norme che, nel campo del diritto civile o di quello penale, sono preposte alla tutela della proprietà e del possesso.
Lo Stato è pertanto proprietario, possessore e detentore ope legis della fauna selvatica. Esso regola l’esercizio del proprio diritto di proprietà e del proprio possesso consentendo a determinate condizioni l’apprensione, con conseguente acquisizione di possesso e proprietà, da parte di privati di alcuni esemplari costituenti parte del patrimonio faunistico; autolimita altresì la tutela del proprio diritto di proprietà e dei propri poteri di possessore e detentore escludendo la tutela penale ordinaria apprestata dagli artt. 624, 625 e 626 c.p. per la repressione dei reati contro il patrimonio.Sotto il profilo squisitamente civilistico, è noto come l’art. 828 c.c. stabilisca che “I beni che costituiscono il patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni sono soggetti alle regole particolari che li concernono e, in quanto non diversamente disposto, alle regole del presente codice. I beni che fanno parte del patrimonio indisponibile non possono essere sottratti alla loro destinazione se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano”. La destinazione del bene patrimoniale indisponibile costituito dalla fauna selvatica è del tutto originale rispetto al concetto tradizionale di “destinazione” del bene pubblico, e deve senz’altro identificarsi nella sopravvivenza della fauna medesima. E’ probabilmente l’unico caso di bene pubblico fornito di destinazione autoreferenziale diretta, nel senso che la destinazione primaria della fauna selvatica è la preservazione di sé medesima, mentre la destinazione finale, traslata, è la conservazione del bene pubblico costituito dall’ambiente naturale e dall’ecosistema quale forma di salvaguardia del diritto alla salute costituzionalmente garantito.I beni del patrimonio indisponibile dello Stato, in quanto soddisfano ad un bisogno pubblico e sono soggetti ad una disciplina pubblica in ragione della loro destinazione, possono avere rilevanza per la qualificazione pubblica dell’opera ai fini dell’espropriazione e della previsione dell’art. 46 della legge 25.6.1865 n. 2359, sulle espropriazioni per pubblica utilità, nonostante che siano soggetti anche alla disciplina di diritto privato che non implichi sottrazione alla destinazione medesima (art. 828, capoverso, cod. civ.). Deve ritenersi applicabile ad essi, come ad ogni altra opera pubblica, il principio, secondo il quale la disposizione è estesa ai casi in cui il danno permanente derivi dall’esecuzione, dal mantenimento e dall’esercizio di un’opera pubblica, compresi in tale qualificazione l’impianto e l’esercizio di un pubblico servizio, senza che vi sia stato un procedimento di espropriazione. Tutti, invero, hanno elementi di fatto che rientrano nell’ampia previsione tipica dell’art. 46; per tutti, quindi, ricorre il fondamento razionale di tale norma, cioè che per i danni particolari e permanenti, non essendo invocabile un’esigenza sociale comune a tutti, ma anzi tale esigenza essendo soddisfatta con danno del singolo, deve essere corrisposto, per principio di giustizia distributiva, l’indennizzo. Pertanto, sono risarcibili i danni causati dall’impianto e dall’esercizio di un pubblico servizio, i quali non ne siano conseguenza normale per tutti ma, eccedendo tali limiti, siano particolari per alcuni e consistano in una lesione o perdita di utilità del bene, rilevabile alla stregua della tutela giuridica dello stesso.
(Cass. SS. UU. 28.4.1961, n. 976, MCC, riv. 241238).
Deve pertanto ritenersi legittima l’espropriazione per pubblica utilità disposta a fini di tutela della fauna selvatica, anche al di fuori della disciplina speciale posta dall’art. 15 legge. 11.2.1992, n. 157 in materia di utilizzazione dei fondi ai fini della gestione programmata della caccia.
L’art. 11 co. 6 della l. 11.2.1992, n. 157 prevede che “la fauna selvatica abbattuta durante l’esercizio venatorio nel rispetto delle disposizioni della presente legge appartiene a colui che l’ha cacciata”. Il cacciatore – non abusivo – assume pertanto, in luogo dello Stato, la qualità di proprietario, possessore e detentore della fauna legittimamente cacciata.........................HHOooo Diego mi devi un caffe' per codesta interpretazione,gioco dai, fa parte di un mio esame di tesi.....Sulle proprieta'