FORUM Club Italiano del Colombaccio

Rimescolo

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Risposta #273 il: 27/03/2014 - 21:15
Giornata d'inverno con Marcello

Il racconto è stato vissuto intorno all'anno 200/2001 e vuole ricordare una delle numerose avventure di caccia alla beccaccia con gli amici specialisti, uno di questi Marcello si distingue per il carattere, la sapienza, la peculiarità e lo stile.
Rifiuta da sempre l'aspetto (non consentito)e maledice chi pratica questa penosa forma di prelievo della regina del bosco, inutile scrivere che chi non è della sua opinione, non va a fargli compagnia per boschi.
Non entra mai nella macchia per poche ore, ma sempre dall'alba al tramonto e con al seguito il "tascapane" con i viveri per la giornata, suoi e del cane, una boccia d'acqua e 1/4 di litro di vino rosso generoso che accompagni la pancetta o la rosticciana di maiale rigorosamente cotta alla brace nell'ora che va da mezzogiorno all'una. Marcello è meticoloso, e quando si avvicina l'ora di pranzo si procura una forcella, preferibilmente di scopa o di orniello, che servirà per infilzare la carne prescelta, salcicce comprese. Pane fresco di forno e alla fine siccome è anche "ghiotto", una noce non manca mai e soprattutto il dolce, che sia cioccolata o panforte,  panettone o pandoro poco importa, basta che sia dolce.
Marcello è un omone, sul metro e ottanta, con i suoi 95 kg di peso corporeo è un bel daffare per i suoi ginocchi, tant'è che spesso si aiuta con un bastone, dritto e leggero, non pensate di vedergli un bastone storto e pesante, no lui lo cerca dritto e leggero e sa sempre dove e come trovarlo...e lo trova. Le sue gambe hanno percorso migliaia di km per boschi e tagliate, sempre accompagnato dai suoi fedeli ausiliari, siano essi stati setter inglesi, pointer, o bracchi tedeschi, specialisti e specializzati, in cerca di beccacce.
Non ha mai amato grandi "combriccole", ben che abbia avuto tanti estimatori e amici, e la maggior parte delle giornate di caccia le ha trascorse e vissute insieme al suo amico inseparabile Franco, detto Coltellino, da poco tempo, ormai passato a miglior vita.
Il periodo che mi appresto a descrivere e a ricordare con tanta emozione e rispetto per gli attori coinvolti, per l'ambiente boschivo molto impegnativo, e per il degno e soddisfacente risultato finale, ci riporta in salita verso il Romitorio, Poggio Coronato, da S.Carlo, paese alle pendici del Monte Calvi.
Marcello vive tutt'ora a S.Vincenzo (LI) ma ormai da diversi anni, per raggiunti limiti d'età, non frequenta più attività venatorie, ma solamente meritati riposi e vacanze estive montane, con la moglie Rina.
Siamo alla fine di novembre, una telefonata mi raggiunge e concordiamo una uscita a beccacce con Dik, setter inglese bianco nero, taglia grossa, un bel "testone" e tanta, tantissima capacità di cerca e trattamento della regina in punta di piedi.
Il lavoro nella macelleria mi permette di assentarmi per alcune fughe di caccia, la moglie ormai è sicura di se e ha ricevuto una padronanza del mestiere che le permette di esercitare la vendita al dettaglio delle carni che mi premuro anticipatamente di disporgli nel banco frigo.
Orgoglioso di averla inoltrata in si grande responsabilità ed averne colto di riflesso e direttamente i risultati positivi, parto per l'avventura con Marcello, non prima di aver preparato salcicce (da me amorevolmente prodotte nel laboratorio), e rosticciana che metteremo a "sfrigolare" sulla brace a metà giornata.
Le sette, ora stabilita per la partenza, mi vede puntuale davanti al palazzo dove abita Marcello, che ovviamente si fa trovare pronto, con il pane fresco e il dolce, e con Dik che sembra non capire la mia presenza.
Più tardi, a metà mattinata, sembrò che ci conoscessimo da sempre, una vera delizia vederlo in opera, con accostamenti e ferme a "bloccare" la regina, quasi a ipnotizzarla, e con alcuni riporti decisi e rapidi.
Dimenticavo un dettaglio importante, Marcello mi invitò a usare un suo vecchio automatico cal. 12, (oppure glielo chiesi io, non ricordo)con canna da 60 cilindrica, e ad utilizzare cartucce caricate da lui, miste a qualche dispersante con piombo n°8 di JK6, la regina non avrebbe sofferto se investita da quelle rosate, e così fù.
La mattinata era decisamente fredda  e leggermente umida, decidemmo di affrontare i monti che vanno da S.Carlo verso Sassetta,  lato solatio, a ridosso della tramontana che soffiava leggera, in quota. Alle venelle incontrammo la prima beccaccia, una regina che aveva l'"argigno" da alcuni giorni in quel luogo e che era già stata scoperta in precedenza da Dik, il quale non esitò a bloccarla nella rimessa facilitandomi il tiro. Dik riporta e Marcello di pochi complimenti mi guarda come a dire lo sapevo, bravo, e si continua l'ascesa verso il romitorio. A ridosso del monte, in perfetta armonia di ambiente misto a rocce e toppe di macchia mediterranea, con sfondo di un paesaggio avvolgente vista mare, il campano di Dik resta muto.
Marcello, complice una sordità maturata durante gli anni di lavoro alla Solvay, e non ultimo alle numerose cartucce sparate alla regina del bosco, con risultati esilaranti per alcune performance ottenute nella lunghissima esperienza vissuta.
Marcello ama ricordare spesso che è stato uno dei pochi specialisti che abbiano avuto la possibilità di fare una coppiola "piena" e due "scempie" a regine involate contemporaneamente sotto la ferma del cane, bravissimo, i miei più sinceri complimenti.
Ma torniamo al campano che Marcello aveva disposto sotto il petto di Dik, tramite una "braca" artigianale di "vacchetta" che veniva indossata dal cane per evitare disturbi sonori all'orecchio  e per far sentire al conduttore la posizione dell'ausiliare in cerca.
Mi soffermo sul campano di Dik perchè era veramente da bovino adulto, forse acquistato in montagna durante le vacanze estive. Emetteva un suono cupo tipo don dorodon don .....ma facile da seguire e tale da non disturbare le regine che forse  lo confondevano come fosse indossato da mucche al pascolo!
Il campano era muto, e quando si verificava questa particolarità Marcello e ogni cacciatore specialista di beccacce, si accerta emettendo un leggero fischio di richiamo del cane, fiuuu fiuuu, e se questo non si muove o accenna un den, o don del campano, significa che il cane è in ferma sul selvatico.
Abbiamo localizzato il punto di silenzio, conosco il territorio, mi dirigo in fretta in una radura poco distante, Marcello accosta il cane e ad un mio segnale di pronto fa involare la beccaccia che colpisco facilmente. Dik riporta la regina al padrone e dopo i soliti sufficienti compiacimenti si riparte per la collacchia, dove è prevista una sosta pranzo a base di carne che avevo preparato di primo mattino.
Il pomeriggio vede Marcello a passeggio per le strade delle loppole, mentre Dik che nel frattempo si è fidato di me, mi porta ad ispezionare ancora delle rimesse.
La terza regina che avevamo "levato" in tarda mattinata, prima della pausa pranzo, era ritornata sulle sua, termine usato dai beccacciai per definire un ritorno della stessa, di sua spontanea volontà, nello stesso luogo dove era stata involata in precedenza.
Marcello dalla sua saggezza ed esperienza, era lì piazzato a mia insaputa, e con mia profonda e incommisurata soddisfazione, con un tiro di stoccata conquista la terza regina della giornata, la più bella, desiderata e assaporata.
Non abbiamo più spazio per le nostre emozioni, decidiamo di incamminarci per il ritorno, un lungo ritorno nel quale anche Dik sembra essere sazio e saturo di felicità, ci segue a trotterello in silenzio, il campano è stato tolto e il lavoro è terminato.
Il cammino è contornato da ricordi di azioni di caccia e di incontri fortuiti con altri selvatici, un branco rumoroso di colombacci, un lellero pieno di merli che si cibavano dei suoi frutti, un cinghiale che non voleva scappare ma che sembrava volesse giocare con il cane da ferma, uno scoiattolo curioso che saltellava sopra la querce, un temporale che ci aveva bagnato ecc..ecc..
Arrivammo a casa che era ormai l'imbrunire, anche un poco stanchi per il percorso ripido e variegato che avevamo ispezionato con Dik durante la giornata, ma sereni e felici di aver trascorso insieme momenti di autentica passione ed arte, di condivisione e realizzazione di emozioni, con Marcello, Dik, io, le regine e la maestosa natura, in assoluta tranquillità. Grazie Marcello

La passera è sempre la passera! Solo la fetta di cocomero fresca ci va vicino.........

Diego Baccarelli

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Risposta #272 il: 18/02/2014 - 22:51
E noi, caro Renato, nel rallegrarci con te per il felice racconto e.....soprattutto, per il perfetto centro realizzato sul solengo, aspettiamo ansiosi il tuo prossimo racconto.
Ciao e a presto.
diego

Rimescolo

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Risposta #271 il: 17/02/2014 - 23:00
Inverno 1978/1979....

Il racconto che mi appresto a scrivere risale a molto tempo fa, un tempo nel quale facevano notizia le "imprese" dei cacciatori del paese, siano stati essi adulti o giovanissimi, bravi o meno bravi, "scafati" o "neofiti", per il semplice motivo che erano parte integrante del tessuto sociale della comunità.
Non avevamo giudizi o pregiudizi indirizzati contro e disprezzanti come succede in tempi moderni, eppure mi sento di affermare che non eravamo certo migliori di oggi, almeno dal punto di vista della conoscenza e della maturità culturale accresciuta responsabilmente, della materia, in un contesto sicuramente più ampio del concetto di prelievo sostenibile di selvaggina.
A quei tempi l'obbiettivo di un giovane cacciatore come me, (cresciuto in mezzo a tanti maestri), era quello di misurarsi e dimostrare che avevo seguito i consigli e gli insegnamenti da loro donati.
L'impegno che assumevo era tale che poteva sembrare eccessivo per l'esercizio di una disciplina di caccia, al cinghiale, concepita soprattutto come possesso di una preda da spartire a fini alimentari.

Ma veniamo al racconto, ricordo di un venerdì molto umido, con terreno adatto a scoprirne i passaggi di ungulati.
Non avevo molta esperienza ne approfonditi insegnamenti per questo selvatico che si era "affacciato" nei nostri territori da poco tempo, in compenso avevo un occhio ispezionatore molto sviluppato e non tardai nell'ispezione consigliata dal "Bertucci", (un cugino di Rimescolo, molto burbero ed esigente ma ottimo cacciatore), a scoprire il transito di un grosso cinghiale, rivelatosi poi maschio, con un evidente malformazione ad una zampa anteriore.
La "traccia" risultava anomala, l'impronta era caratterizzata da un "unghiolo" verticale divaricato.
La sera del venerdì riferisco la scoperta, ma non garantisco la sosta e quindi la presenza del solengo nel territorio ispezionato, e viene deciso di organizzare per il giorno successivo, sabato, una battuta distante tre o quattro km più a nord.
Più a nord era il terrorio dei maestri Eugenio ed Ernesto (abitavano in campagna), i quali oltre che amici, erano e non solo per me, dei punti fermi di riferimento, utilizzavano anche dei "mezzi" cani  per lo scovo, mezzi perchè erano piccoli e bravi a metà!
Il gruppo dei "paesani" composto da quattro amici e parenti, compreso Rimescolo, avevano acquistato LILLA, una segugia nero focata, pelo forte, molto lunga nella cerca e nella seguita, ottimo timbro di voce, intelligente e capace di affezionarsi ad ognuno, un tantino insufficiente nell'abbaio a fermo. Successivamente risulterà un ottimo acquisto per la squadra, condiviso anche dai primi dubbiosi, morirà di vecchiaia dopo un brillante percorso venatorio a beneficio della nascente squadra di cinghialai.

Ritorniamo alla battuta che ricordiamo svolgersi più a nord, e precisamente all'aione, a ridosso del Monte Calvi (632 m s.l.v), Lilla viene sciolta su una traversata dela notte, e si dirige decisa con marcata vocalità, verso sud, direzione le ferruzze.
A seguirla siamo in tre o quattro, ricordo bene del Bertucci, del nipote Renzo e di Ernesto che apparirà subito dopo che ebbi la fortuna della cattura del solengo.
Un particolare molto importante e determinante per la cattura fu in quel frangente, il comportamento che assunsi, e cioè:
- mi soffermai quando, seguendo Lilla nella passata verso lo scovo, giudicai prossimo lo scovo del cinghiale e interessante il "trattoio" dova mi trovavo, con buone possibilità di tiro.
Andò esattamente come mi ero immaginato, e il colpo che indirizzai fù mortale per il solengo.
Arrivò per primo Ernesto, si espresse con un sorriso di compiacimento misto a sottolineare la mia astuzia e felice intuito, di tutt'altra natura furono i commenti di alcuni componenti la squadra, ma la mia soddisfazione non venne offuscata soprattutto perchè da un esame attento della carcassa risultò essere il cinghiale che avevo tracciato il giorno prima in Montorsi, a 4 km di distanza, un verro che aveva una zampa anteriore ferita da alcuni anni, con un impedimento superficiale ma evidenziato da una postura anormale di adattamento.
Con il passare del tempo è cambiato il mio atteggiamento, mi spiego meglio, l'insegnamento dei cacciatori di allora era improntato allo studio dei luoghi, dei comportamenti dei selvatici, della conoscenza dei cani, della fiducia in noi stessi allo scopo principale di catturare il selvatico, qualunque esso fosse stato, per dividerlo con altri o da soli per scopo alimentare.
Successivamente con l'avvento di selvaggina grossa, e con la necessità di organizzarsi in squadre di cacciatori è maturata una cultura più ampia di socialità e condivisione di emozioni di caccia fra gruppi.
Ecco allora il rispetto del tiro e della cattura non solo come fine ultimo, ma ricerca di metodologie ed di etiche conformi alle nuove risultanze oggettive.
Ovviamente il desiderio e la voglia dello sparo o della cattura non deve mai venire meno per nessun cacciatore, ma sia questa accompagnata da un sano e rispettoso atteggiamento di condivisione e non di mero egoismo soggettivo.

Lilla e il solengo delle "ferruzze", un racconto vero che fece parlare il paese, e fece coniare a Eugenio, rivolgendosi ai componenti la squadra, la frase: quando sparano RENATO E MAURO, preparate il palo!
Espressione che significava cinghiale catturato, il palo serviva per il trasporto a spalla.
I tempi sono cambiati, i riflessi sono calati, ma soprattutto è calato l'udito, fondamentale per avvertire l'arrivo o la presenza dei selvatici, si dice a ragione che i cinghiali si catturano con l'orecchio, e i colombacci con l'occhio....
Spero di non avervi annoiato oltre il limite, perchè avrei ancora qualcosa da raccontare....

con rispetto,
Rimescolo


 

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giamp50

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Risposta #270 il: 07/12/2013 - 22:12
Più di 40 anni son passati ma ancora ricordo la tremenda gaffe che stavo per combinare.
Si, a quel tempo avevo i miei due spinoni e credo fosse marzo, stavo battendo dei fossi tra le colline marchigiane quando improvvisamente due Marzaiole, almeno credevo, mi sfrecciarono sopra la testa, venendo da dietro, e dopo un lungo volo a semicerchio si buttarono giù in un laghetto agricolo a poca distanza da una casa colonica.
Iniziai immediatamente la risalita della collina con l'obiettivo di portarmi sotto l'argine basso del laghetto così da non essere scoperto dalle due anatre in modo da poterle sorprendere sull'acqua.
Forse impiegai una ventina di minuti, a quel tempo le gambe andavano veloci, ero sotto l'argine, misi i guinzagli ai cani, strisciai fino a scoprire l'acqua, rimasi di stucco, tutto il laghetto era pieno di anatre, anatre domestiche di tutti i tipi.
Ed ora che faccio, mi chiedevo!
Da giovane inesperto pensavo che le due marzaiole fossero in mezzo a tutte quelle papere da qualche parte ma, per quanto mi sforzavo non riuscivo ad individuarle.
Dopo un pò, colto da impazienza, mi alzai in piedi ed iniziai a girare intorno al laghetto sicuro che le due marzaiole, spaventate dalla presenza mia e dei cani si sarebbero palesate alzandosi in volo.
Avevo già percorso una metà dell'argine ma le due non si decidevano a volare ne riuscivo a distinguerle dalle altre, già il dubbio che fossero ripartite senza che io le avessi notate mi assillava.
In quel mentre dalla casa adiacente arrivò un uomo di mezzetà, era il guardiano del podere, e mi gridò:
"stai attento che ci sono le anatre da richiamo di Sor Checco!"
Mi prese un mezzo accidente e ringraziai il Padreterno che le anatre non si fossero alzate in volo.
Figuriamoci se avessi ammazzato le anatre volantine del Sor Checco, gran cacciatore di nobile famiglia, detentore di grande Nocetta e di Guazzo, ed in passato di Roccolo, mi sarebbe convenuto espatriare, gli sghignazzi mi avrebbero accompagnato in Paese per decenni. 

badger

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Risposta #269 il: 17/09/2013 - 11:06
La sera d'inverno, con ancora negli occhi il riverbero del sole precipitato giù dai colli di Campagnatico, mentre s'accendono le luci e tu percorri piano le stradine strette del borgo antico per raggiungere il nastro d'asfalto che ti ripoterà? a casa. E d'un tratto le narici si riempiono del profumo grato di un fuoco di legna, che si nasconde dietro le luci tremule delle finestre aperte nella pietra. Odore di ginepro, di scopa, che sa dei mille sapori della macchia. E L'animo si perde, la giornata è finita e quell'odore chiama alla memoria giornate andate ma mai dimenticate, volti sorridenti arrossati di vino che non ci sono più e l'eco dispersa di risate antiche gonfia di malinconia i pensieri e rallenti, ti vorresti fermare, perché quel profumo che sa di vite passate non ti abbandonasse mai.

Vasco

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Risposta #268 il: 15/09/2013 - 22:29
Ma una bella tagliata di chianina, io si, e tu..... sono certo che l'avrai ricompensata a dovere povera bestiola. Che bella cosa un cane per amico.

Ciao giamp, complimenti per l'azione meritevole di applausi.

-giamp50

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Risposta #267 il: 15/09/2013 - 20:20
Dodici anni suonati, una gran carriera alle spalle, una cagna che sarebbe stata sufficiente a due cacciatori per una intera giornata, tanta era la potenza , la passione e la generosità?. Recuperatrice formidabile tanto che non ho mai capito come facesse a recuperare in pochi minuti un capo in ogni posto anche senza assistere direttamente allo sparo, la mia Flok, Kurzhaar di grandissima genealogia nata a casa insieme ad 11 fratelli e sorelle, rivelatisi altrettanto bravi, dall'accoppiamento di due grandi soggetti cacciatori acquistati a suo tempo da cuccioli anch'essi dopo uno studio stressante di genealogie e risultati delle prove di lavoro nazionali ed internazionali durato un paio d'anni.

Al decimo anno ebbe il primo vero grande calo fisico.

All'undicesimo un'intervento chirurgico che naturalmente contribui negativamente.

Ora, da diversi mesi, dormiva quasi sempre salvo qualche sbaccaiata di notte se si accorgeva che qualche ospite indesiderato era nei pressi della recinzione. Qualche giretto intorno casa ma dopo pochi minuti rientrava nel cortile. Sorda come una campana.

Come tutti i grandi ausiliari che danno tanto finiscono presto.

Stamattina mi son detto, voglio portarla a fare due passi che probabile sia la sua ultima apertura. Convinto di doverla riportare a casa al massimo nel giro di mezzora.
Esco nel cortile, dormiva nella cuccia in legno, un paio di colpi con lo scarpone per svegliarla, e mi venne in mente quando capiva, e se del caso si preparava, dai movimenti che io facevo dentro casa se mi stavo preparando per andare a caccia od al lavoro!

Appena vede il fucile un paio di uggiolate. Mi precede di una quindicina di metri lungo la stradina, strano, cammina sicura, nessuna incertezza.

Con passo lento ma continuo cerca con pignoleria un'usta in ogni filo d'erba, in ogni zolla.
Entro in uno sporco (incolto) con erbacce di media altezza e qualche cespuglio. Nascosta dai cespugli la perdo di vista. La rivedo 30 metri più sù su passata di fagiano ed indirizzava verso il bosco che in quel punto è in forte pendenza.

Mi son detto, glielo devo, ed uno scatto di reni per portarmi a tiro perchè in genere il fagiano smaliziato, quando arriva in prossimità? del bosco, vi si butta a capofitto.

Difatti a dieci metri dal bosco la fagiana, nonostante la cagna fosse a debita distanza, si leva per infilarsi tra le chiome.

Una stoccata aiutata da una dispersante stronca il volo facendola piombare sopra una fitta spinara di biscanci, fuori dalla vista della Flok.

Non vado subito a recuperare data la caduta secca della fagiana, preferisco far finire l'esplorazione dello sporco, ci potrebbe essere qualche altro inquilino.

Dopo circa dieci minuti, non avendo trovato altro, entro con circospezione, dato le dolorose punture dei suoi spini, nella fitta spinara cercando con gli occhi in alto, la cagna mi segue. Naturalmente non l'avevo invitata ad entrare per evitargli fatiche oramai poco sostenibili.

Dopo pochi metri, la fagiana, ferita tra le punte della spinara, alla mia vista si butta giù in terra e la perdo.

Arriva Flok, s'inoltra nella spinara, prende la passata e la perdo di vista.

Faccio fatica a scendere nel ripido ed a trovare dei punti di passaggio. Una prima scivolata con battuta di chiappe.

Due abbai gutturali e cupi, segno che ha individuato la preda ma che non riesce ad entrare per prenderla, cerco ancora di scendere ed altra battuta di chiappe, mi fermo in ascolto. Dopo un pò sento il frusciare della cagna in risalita, la vedo, in bocca ha la fagiana. Arriva ai miei piedi e me la deposita delicatamente e mi guarda. Io non ho parole ma una lacrima di commozione sì.

ILFAINA

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Risposta #266 il: 24/05/2013 - 11:43
Ancora con sapori e colori del passato....grazie Enrico..... il pianto delle Poiane la dice lunga............
Io Enrico avrei fatto come te ..credimi........ sparando alla luna!!!
Un abbraccio
Flavio

ILFAINA

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Risposta #265 il: 24/05/2013 - 11:40
A

Rimescolo

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Risposta #264 il: 23/05/2013 - 18:31
Mi dispiace EnricoC, gli appuntamenti che vorrei onorare sono a Poggibonsi e a Genova da

Enrico Gianardi per la nobile causa che ha sposato.

Ma continuerò a leggerti, con interesse e curiosità?.

Un caro saluto,

Rimescolo

ILFAINA

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Risposta #263 il: 23/05/2013 - 16:33
Grazie Enrico, bel racconto di caccia sul Roncisvalle.... delle volte ci sono racconti che parlando di altre terre in altre nazioni ci sembrano piu fantasiosi e belli dei nostri racconti italiani.....secondo me, a noi cacciatori italiani ci piace il vecchio vivere e in nazioni come la Spagna Francia ed altre in materia della caccia e tradizione avendo radici piu robuste delle nostre ancora si respira quell'odore di vera caccia paesana o cittadina senza subire l'ingiurie della "civiltà? moderna"..
Povera Italia...
Grazie ancora del tuo racconto.
Flavio

Rimescolo

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Risposta #262 il: 22/05/2013 - 18:24
Grande EnricoC, sei tornato tra noi a raccontarci emozioni da te vissute, il mio assoluto rispetto, ma come sai la mia filosofia di vita e di caccia è un po diversa, come è diverso il metro per la misurazione di una grandezza.

Ciònonostante vorrei conoscerti per farti apprezzare ed emozionarti per cose più "umili" e "leggere", che fanno anch'esse parte della grandiosità? di un uomo sia esso cacciatore o portatore di prede, poeta o sognatore, artista o manovale, dignitosamente vivente.

Con assoluto rispetto,

Rimescolo

ILFAINA

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Risposta #261 il: 06/05/2013 - 21:02
La passione, ogni uno di noi a le sua e le vive alla sua maniera....

Io ho la fortuna di averne due che si dividano per stagioni di per stesso... ho la caccia che mi prende la mente da Settembre a tutto Gennaio e poi ho la pesca che incomincia da Febbraio fine alla fine di Agosto, quindi posso tranquillamente viverle a pieno dedicandomi per ogni una con tutto me stesso...
Dopo alcuni tentavi di catturare la prima Orata di inizio stagione una mattina.......
Sveglia alle 4 del mattino per recarmi al solito bar dove da anni ci diamo appuntamento tra amici, ad aspettarmi era il Falleni detto Famfa e l'amico Enrico nostro allievo ancora vergine anche se va a pesca da una vita non ho mai visto all'azione due Diavolacci come noi..... Arriviamo sul posto a la mattina si prospetta bella solata anche se ancora fredda visto che siamo all'inizio della primavera, ci mettiamo a pescare ad una ventina di metri di distanza uno da l'altro, ormai abbiamo già? fatto diverse prove dove di questi tempi in passato prendiamo le prime  Orate ma dopo le terza uscita non ne avevamo prese punte degne di farsi chiamare Orate avevamo preso solo alcune di piccola taglia.
Ma quella mattina Nettuno volle premiare i sogni di un pescatore e guarda caso il fortunato fu proprio io... annesco tre canne a granchio ..dico non voglio pesciotti ...dopo una decina di minuti di pesca ecco che una delle mie Hulk ( note canne da pesca)si "accuccia".. ferro in un battito di ciglia e capisco subito di aver arpionato un bel pesce..dopo alcuni minuti di "lotta" porto a terra la mia prima orata di inizio stagione 3,800 kg, ma Nettuno oggi si rileva un vero scialone dandomi la possibilità? di ferrare subito dopo un altro bel pesce e poi tocca al Famfa e di nuovo io ..ancora il Famfa...eravamo davanti ad un montone di orate Big di entratura affamate...Enrico addetto a quel punto al guadino (rassegnato ma felice) per ciò che gli si mostrava hai suoi occhi in tre ore di pesca poso a terra 16 pesci per il peso complessivo di 29 kg , incredulo e stupito faceva delle facce che ci faceva morire dalle risate..ecco che spunto il sopra nome "cucciolo".
Da li in poi abbiamo incominciato a fare delle belle pescate ogni giorno, delle volte pese e delle volte un po piu leggere ma sempre da mettere in memoria...................
Buon inizio stagione..............................
un racconto e un racconto...sempre caccia e!!!!
Flavio

Rimescolo

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Risposta #260 il: 01/05/2013 - 22:49
CACCIA ALLA VOLPE
Una tipologia di caccia, che merita di essere ricordata e descritta, per i giovani che non hanno e probabilmente non avranno modo di esercitarla nei tempi e nei modi di un passato ormai lontano.

Senza ombra di dubbio una delle cacce più difficili da interpretare, molto coinvolgente, da condividere con i segugi e con le abitudini ambientali del selvatico.

Ho praticato questa disciplina (con i cani), fin dal primo porto d'armi, e devo ammettere che le prime uscite non sortivano i risultati che desideravo.

Alcune volte, bensì avessi, allora, un super udito e una attenta osservazione della posta, dicevo alcune volte mi arrivava la canizza vicino e della volpe nemmeno l'ombra.

Sembrava un fantasma che normalmente si andava a materializzare da "PINO".

PINO era un cacciatore di pelo (volpe, lepre, cinghiale)molto tranquillo, mai sudato, mai visto correre, che in questa particolare forma di caccia, non aveva rivali.

Sempre dotato di ottimi cani, era solito scioglierli da una strada e dopo con la dovuta calma si dirigeva nei punti strategici e aspettava l'incontro con il "fantasma" che quasi sempre colpiva. Erano i miei primi passi, e non nascondo che avevo fretta di realizzare, domandavo una posta buona, ero attento ai consigli e ligio ai doveri, ma volevo sparare e "PINO" mi faceva un po rabbia e invidia, sparava quasi sempre lui.

In seguito, crescendo, ho imparato anche da lui alcune tecniche e astuzie per concretizzare e neutralizzare la volpe, mentre per la caccia al cinghiale ho avuto altri maestri. Nonostante ciò abbiamo cacciato nella solita squadra di cinghialai per tanti anni, con diversità? di vedute, scontri anche aspri, ma convintamente rispettosi delle esperienze di entrambi.

Ma torniamo alla emozionante tecnica di caccia alla volpe con i segugi, sia in estate che inverno, quella che descriverò la ricordo molto volentieri.

Partecipavano a questa battuta anche due guardie di una riserva di caccia, ormai deceduti entrambi, (racconto datato 1968/69).

IL luogo prescelto era il "Porione", la mattinata di gennaio era fredda e umida, "PINO" mi consigliò di andare a presidiare una "buca" (tana), che le volpi avevano ricavato in una scarpata di una strada sterrata, in mezzo ad una grande estenzione di macchia mediterranea.

Per raggiungere il posto, abbastanza scabroso, si doveva essere giovani ed io allora lo ero.

In poco tempo sono in posizione, osservazione abbastanza sufficiente e doppietta pronta e carica con piombo del 2 (veccioni).

La canizza non tarda a scovare il grosso maschio che prima di dirigersi alla tana si diverte a scorrazzare in lungo e in largo il bosco nell'intento di confondere i cani. Più volte mi passò vicino, senza scoprirsi, e altre volte percorse la solita "pista" con lo scopo di intricare la seguita dei cani, mescolandone gli odori e complicandone l'avvicinamento. Finalmente, quando i cani avevano rallentato la seguita, eccolo apparire molto circospetto ma deciso ad infilarsi fra le rocce della scarpata. La rosata lo colpi in pieno ad una distanza di una ventina di metri, il maschio di volpe rimase fulminato sul posto.

Mi avvicinai e lo raccolsi con stupore, aveva una pelliccia lucida e voluminosa, di colore grigio fulvo e sfumature di nero sul muso e sulle zampe, la coda molto "gonfia" terminava con un un ciuffo di colore bianco lattato.

Non la feci mordere dai cani, per il timore che la potessero spelare, e la portai sulla strada. Di lì a poco arrivò Pino e una delle guardie della riserva che alla vista del grosso maschio esclamarono un gradito "BRAVO" rivolto a me.

All'epoca usava vendere le pelliccie "conciate", che venivano impiegate per adornare i colli delle giacche o dei cappotti sia maschili che femminili, e il mio pensiero corse veloce immaginando quella meravigliosa pelliccia al collo della ragazza o della mamma, ma altrettanto veloce fu la richiesta che mi fece il capo guardia per l'intero soggetto, per farlo imbalsamare e donarlo al Conte Della Gherardesca.

Ricordo che non ebbi nemmeno il tempo per riflettere, perchè aggiunse che in cambio mi avrebbe concesso un paio di rientri serali ai tordi in Monte Pitti (in riserva).

Immaginate voi la risposta, l'egoismo personale prese il sopravvento sul nobile pensiero iniziale, ed accettai senza indugio l'offerta, che fu mantenuta e vissuta con l'entusiasmo di quel periodo. Altre pellicce di volpi ebbero destinazioni diverse, altrettanto belle, ma quel volpone del "PORIONE" è rimasto l'esemplare per eccellenza del pelo e per la varietà? del colore.

La cultura della concia della pelle di volpe, non viene più condivisa, anzi oggi è contrastata e vietata da un mondo animalista che non permette ostentazioni.

Permettetemi di affermare che la caccia alla volpe, tradizionale con i cani da seguita è e rimarrà? intesa e considerata come una disciplina di forti emozioni, impegnativa e degna di un vero cacciatore, da esercitare anche con lo scopo di contenimento e a  salvaguardia della selvaggina nobile stanziale.

Con rispetto saluto,
Rimescolo

-giamp50

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Risposta #259 il: 04/04/2013 - 23:32
Fine anni sessanta, maggio/giugno, era la prima volta che il guardia mi portava alla posta notturna alla volpe.

Nei giorni precedenti aveva studiato il percorso, eravamo lungo il fiume, luna piena, mi aveva preparato un covo di erbe come sedile su un crociale di una quercia ad un 5-6mt di altezza, mi diede la lozione antizanzare e mi disse che quando sarebbe arrivata dovevo stare assolutamente immobile perchè qualsiasi minimo rumore l'avrebbe messa in allarme. Lui si sarebbe appostato sul boschetto un pò a monte.

Per fortuna che a quell'età? non vi erano problemi di crampi e mal di schiena, comunque la posizione non era delle più comode ma mi sforzavo di non muovermi. Ero seduto con le gambe ciondoloni a cavallo del grosso ramo sul covo di erbe con la schiena poggiata al tronco ed il fucile tenuto di traverso con la punta delle canne in basso a sinistra del grosso ramo.

Passarono un paio di ore, sarà? stato poco prima di mezzanotte, sento un leggero fruscio un pò avanti lungo il fiume. Muscoli tutti tesi, respiro ridotto al minimo, e la vedo arrivare lenta e guardinga. Ogni qualche passo si ferma, annusa ed avanza.

Ce l'ho proprio sotto di me, la visibilità? con la luna piena ed il terreno chiaro dell'argine del fiume è ottima, ha lunghe mammelle, si porta alla mia destra, non riesco ad indirizzargli il fucile, il grosso ramo mi è di ostacolo, debbo portare le canne a destra del ramo su cui ero accavallato.

Con la massima cautela inizio la manovra, lentissimamente alzo le canne per scavallare il ramo, ce l'ho quasi fatta, gli ultimi centimetri e poi posso sparare, un leggerissimo fruscio, la punta delle canne incontra le foglie di un rametto, mi si gela il sangue, la volpona alza il naso annusa ed in un attimo scompare. Fregato.

Quando torna il guardia non so come fare per dirglielo, ma poi confesso.
Poi, tornando verso la macchina, il guardia prende un pescatore di frodo con il tramaglio, non so se poi mandò avanti il verbale, allora c'era una certa tolleranza.