RESOCONTO DIBATTITO PUBBLICO Venerdì 28 marzo in Alfonsine (RA)

Venerdì 28 marzo in Alfonsine (RA), alle ore 20.30, ha avuto luogo un incontro sul tema dell’infausta delibera – Regione Emilia Romagna – inerente il contenimento delle popolazioni di colombaccio.

L’inizio della serata, per “noi due” (patiti della caccia tradizionale al colombaccio), non è stato eccezionale: vale dire … arrivati in Alfonsine e raggiunto l’indirizzo segnalato nella locandina che pubblicizzava l’evento, ci siamo accorti che l’appuntamento programmato era stato spostato non di molto, ma in un altro immobile.

Raggiunta la nuova sede ci siamo trovati assieme ad un numeroso pubblico in un locale non propriamente ampio. Ma va bene così.

Erano presenti: un rappresentante della CONFAVI locale, un rappresentante della Regione, il presidente dell’ATC Lughese e non ultimo per importanza il segretario/presidente (?) della Coldiretti di Ravenna. A causa del citato inconveniente, in buona sostanza, ci siamo persi l’intervento introduttivo CONFAVI e parte di quanto rappresentato dall’incaricato regionale. Abbiamo invece potuto assistere compiutamente alla relazione del dirigente ATC e della Coldiretti. Ebbene? L’unico particolare del quale non si aveva conoscenza, balzato agli “occhi” a seguito di quanto esposto dall’incaricato regionale è stato che gli “operatori ecologici”, piazzati all’interno dei loro ripari, dovranno vestire indumenti di un raggiante color rosso, oppure acceso arancio…

Per il resto l’intervento della Regione (definiamolo così) altro non è stato se non un riepilogo delle avvertenze contenute nella “Delibera” in argomento. Tra il detto ed il non detto abbiamo anche compreso che molto probabilmente il numero dei colombacci consentiti in carniere sarà aumentato a partire dal prossimo calendario regionale.

E veniamo all’intervento del Segretario/Presidente (?) della Coldiretti di Ravenna.

Questo personaggio, palesemente burocrate e dall’appiombo chiaramente politico, ha tratteggiato a lungo quanto sia impattante il colombaccio sull’agricoltura della “bassa” ravennate. In particolare sulle cosiddette colture sementiere. Ci è stato fatto notare che proprio questo settore agricolo della provincia di Ravenna, e non solo, ha importanza addirittura a livello mondiale, coinvolgendo superfici di circa 12.000 ha.

Altro non si è potuto metabolizzare se non un sentimento di solidarietà nei confronti di quegli agricoltori che, loro malgrado, si trovano a dover seminare e riseminare più volte il loro terreno a causa dell’invadenza di alcune specie di uccelli e tra questi il famigerato colombaccio.

A questo punto c’è stato un primo “giro” di giostra dei partecipanti all’assemblea.

Non mi sono perso l’occasione ed ho iniziato ad interloquire in particolare con “Coldiretti” rappresentando quanto segue:

– innanzi tutto massima solidarietà col mondo agricolo. Dopotutto occorre riconoscere che la selvaggina che noi cacciamo nasce, vive e matura nei loro terreni.

–  non dobbiamo mai dimenticare che gironzoliamo in casa d’altri senza chiedere alcun permesso se non quello che implica il pagamento di tasse di concessione governativa, tasse regionali, ed altre gabelle quali ATC ecc ecc.

– ho insomma cercato di riconoscere a Cesare quanto è di Cesare.

Al contempo ho rappresentato, pur ammettendo il “problema-colombaccio”, che quanto estrapolato dalle menti regionali non è certo la migliore soluzione.

Mi sono permesso anche di suggerire alcune correzioni ed in particolare di individuare nel piccione di città il principale artefice dei danni all’agricoltura. La stessa delibera regionale da risalto a questo particolare con articolari grafici.

A ben vedere, sta proprio tra i grafici evidenziati nel documento regionale la potenziale soluzione dell’arcano.

Leggendo con attenzione la delibera e visionando attentamente i grafici si può desumere che la cosiddetta pre-apertura negli anni 2002 e 2003 (mancano logicamente i dati del 2004) ha in pratica raddoppiato i carnieri dei colombacci.

Ed allora? Allora, molto semplicemente, ho suggerito di consentire “più-giornate” di preapertura nel periodo di tempo compreso tra il primo ed il quindici settembre.

I coltivatori diretti hanno reclamano l’urgenza dei provvedimenti previsti in delibera e come risposta ho fatto un ragionamento che inizialmente può essere sembrato astruso, vale a dire ho sottolineato come non solo le rondini sono solite far ritorno ai nidi degli anni precedenti. E’ così … tutti gli uccelli hanno questa abitudine ed anche i “nostri” colombacci sono molto affezionati alle zone di nidificazione, addirittura all’albero ed al tronco che li ha visti nascere.

Concentrando i prelievi nella prima metà di settembre s’inciderebbe particolarmente sui giovani nati dell’anno che nella stagione a seguire non farebbero certo nidi dove sono venuti al mondo. E’ infatti noto che con tutte le diavolerie messe in atto per attrarre al “gioco” i colombacci nelle piane (intendo zimbelli, stampi, volantini, giostre e calcinculo …) siano proprio i più giovani e creduloni a lasciarci le penne.

Ma visto che anche questa argomentazione sembrava non avere grande successo nella mente dell’interlocutore ho spostato l’attenzione sulla parola “ETICA” e qui, con vera sorpresa, che ho potuto notare quanta sintonia ci fosse nell’assemblea. Vecchi e giovani cacciatori hanno applaudito quando ho sottolineato la mancanza di etica nei confronti della vita selvatica al momento in cui si prevede l’uso del fucile in momenti inopportuni: cova ed allevamento della prole.

Addirittura bandi papali (lo Stato Pontificio ha regnato su queste terre per secoli …) prevedevano  pene corporali per bracconieri colti all’atto di prelevare animali selvatici nel momento delle nuove nascite. E questo accadeva quando la fame aveva la effe maiuscola.

Ancora una volta mi sono sentito rispondere che noi cacciatori abbiamo sensibilità a senso alternato mostrando certo meno interesse quando a “lasciarci le penne” sono gazze, ghiandaie e corvidi in genere. Ho certo fatto notare che si stava buttando la palla in tribuna e che se in Africa ci fossero stati troppi leoni la vita per le gazzelle (ridotte al lumicino) sarebbe diventata davvero grama, come di fatto succede per i piccoli uccelletti nelle nostre campagne.

Infine, in merito al numero dei soggetti prelevabili identificato in circa 2.000 colombacci ho fatto notare che alla morte di un adulto sarebbe corrisposta la fine di altri due nidiacei e/o due embrioni nelle uova; ecco che si sarebbero dovuti calcolare un minimo di circa 6.000 colombacci morti (non contando certo i feriti).

Dotato di una modestissima dialettica ho certo dato più ordine ai miei pensieri in questo scritto rispetto a quanto mi sia riuscito di fare a voce.

A questo punto, anche un poco spazientito, dopo numerosi interventi degli intervenuti in assemblea, ha finalmente preso la parola il presidente dell’ATC Lughese.

Ed il suo parlare è stato davvero interessante. In buona sostanza questo signore ha segnalato la fruibilità immediata di un centinaio di persone che, se coinvolte, si sarebbero rese disponibili per prevenire l’uso del fucile recandosi dove i colombacci minacciano i raccolti per spaventarli direttamente con metodi di fortuna. Al che … al che anche il rappresentante coldiretti ha mostrato attenzione ammettendo che una collaborazione del genere potrebbe risolvere il problema.

E qui, sono seguiti diversi interventi del pubblico presente, tutti mirati all’instaurazione di una vera e fattiva collaborazione tra soggetti coinvolti da medesimi interessi: agricoltori e cacciatori. Alcuni rappresentanti delle associazioni venatorie hanno fatto notare che la famigerata delibera è stata calata dall’alto senza dare corso ad alcun incontro preventivo.

Il presidente Coldiretti di Ravenna ha lasciato trasparire una qual certa responsabilità se non personale, quanto meno di categoria che, stufa del nulla, si è armata ed è partita alla guerra da sola.

Purtroppo questo “sentimento” è di nuovo trapelato quando lo stesso personaggio ha ventilato possibili iniziative finalizzate al risolvimento del problema ed attuate unicamente da parte della categoria rappresentata, senza però entrare nei dettagli.

Dopo questa “riappacificazione” ecco nuovi interventi dei cacciatori e degli agricoltori presenti  e tra questi anche quello del mio amico di merende. Amico di merende molto più abituato del sottoscritto a rapportarsi in certi contesti. E’ stato allora che il dito è stato di nuovo rivolto alla mancata collaborazione tra soggetti aventi i medesimi obbiettivi. Se è vero che gli agricoltori sono portatori di interessi legittimi, si può certo affermare che anche i cacciatori sono portatori di sensate istanze. Il dirigente coldiretti ha definito la caccia come un qualcosa di “ludico e ricreativo” mancando certo di attenzione per qualcosa di molto più grande e coinvolgente per un pubblico di appassionati, vale a dire un “sentimento”. Sollecitato anche sul tema dei danni provocati dalle oche il dirigente coldiretti medesimo ha lasciato trasparire che si attiverà per risolvere in qualche modo anche questo annoso problema, arrivando addirittura a “minacciare” interventi drastici all’interno di parchi o zone in qualche modo interdette alla caccia.

In questi frangenti, di nuovo, dal mio amico e da più parti  è stata segnalata la necessità di dare vita a tavoli di discussione dei problemi che assillano agricoltori e di conseguenza cacciatori in modo preventivo rispetto a decisioni calate dall’alto. Così facendo si potranno evitare scontri e frazioni tra due mondi che dovrebbero in comune accordo trovare le soluzioni migliori per i problemi che di volta in volta si presentano e si presenteranno.

Ormai si era pronti a lasciare il locale quando ha preso vita l’intervento più colorito, quello più caloroso ed anche quello che potremo definire più passionale.

Un signore, non più giovane, di media altezza, un poco corpulento… ha preso parola e con voce  ritmata ha iniziato a scandire chiari termini dialettali. Io ed il mio amico ci siamo guardati negli occhi domandandoci dove sarebbe andato a “parare” questo personaggio col suo parlare … Insomma abbiamo pensato d’avere in fronte una persona piuttosto semplice. Ma, com’è che si dice? Scarpe grosse e cervello fine: e così abbiamo assistito ad un intervento che ha dato risalto, nella semplice incisività delle sue concrete parole, ad un rimbrotto (eufemismo) nei confronti del rappresentante della coldiretti reo di mancare in uno spazio ben nitido, vale a dire quello dell’etica nei confronti del rinnovamento di una specie che questa volta risponde al nome di colombaccio.

MANCATA ETICA NEI CONFRONTI DELLA PROLE: queste le semplici parole espresse in dialetto per rappresentare quanto stesse a cuore di un cacciatore il rispetto nei confronti di due pulli di colombaccio lasciati morire di stenti a causa di insensati provvedimenti elaborati da menti più raffinate solo dal un punto di vista comunicativo, ma non certamente da quello passionale.

 

Ringraziamo gli amici Rinaldo  e Silvano  per la partecipazione e il resoconto.

La Redazione del Club.