Il Tar boccia il ricorso.
Riprendiamo questa notizia pubblicata oggi dal Resto del Carlino, perchè la bocciatura del TAR al ricorso presentato crea un grave precedente. Il cellulare è oggi uno strumento indispensabile ad ognuno di noi e un divieto di questo tipo appare come una limitazione di libertà e di democrazia in un paese civile. Inoltre va considerato che proprio l’avere a disposizione un telefonino cellulare durante l’attività venatoria è sicuramente di grande aiuto in caso di pericolo o di situazione rischiosa.
Il Tar di Bologna ha rigettato il ricorso presentato da Federcaccia Ravenna contro il divieto di utilizzo del cellulare durante l’attività di caccia, «salvo i casi in cui risulti di primaria importanza tutelare la salute personale», così come previsto dal Calendario venatorio 2016 emanato dalla Regione.
Quattro i motivi che erano stati portati dall’avvocato Fabio Fanelli per conto dei dei cacciatori. I primi due di natura prettamente giuridica: cioè se un divieto come quello dell’utilizzo del cellulare può essere imposto da un regolamento o se, piuttosto, sia necessaria una legge vera e propria. In più, secondo i ricorrenti, il Calendario venatorio può imporre divieti soltanto in materia di specie cacciabili, mentre per tutto il resto ci si deve rifare alle leggi indicate secondo il principio di gerarchia delle fonti.
Nel terzo motivo l’avvocato lamentava un difetto di motivazioni; mentre nel quarto nel quarto sollevava una mancanza di istruttoria che avrebbe portato alla illogicità della disposizione contestata: «Non si capisce per quale ragione – si legge nel ricorso – debba essere vietato l’uso di dispositivi che sono ormai entrati nell’uso comune dal momento che l’unica ragione plausibile, e cioè il divieto di usare tali strumenti come richiami, è già sancita da altra norma».
Ai primi due punti del ricorso, il Tar replica considerando legittimo lo strumento del Calendario venatorio per imporre il divieto dell’uso del cellulare l’attività. Il terzo punto viene respinto perché «e per azioni di caccia congiunta». Il divieto è imposto «per regolamentare un’attività di caccia. Peraltro anche i calendari venatori provinciali già prevedevano analoghe disposizioni che non sono mai state oggetto di impugnazione».
Anche perché «il Calendario venatorio è un atto amministrativo generale che non necessita di puntuale motivazione di ogni sua previsione». Il Tar fa pure presente che il Calendario scaturisce dopo essere stato sottoposto alle valutazioni di categorie e associazioni interessate, che possono presentare osservazioni. In risposta al quarto punto, i giudici amministrativi spiegano che «il divieto non vuole limitare il diritto di comunicazione, non è imposto per qualsivoglia motivo, anche solo per riferire a un proprio familiare o amico un semplice ritardo, come affermato dall’associazione ricorrente, ma nel momento in cui il cacciatore sta esercitando la sua attività venatoria».
Fonte : Il Resto del Carlino
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