Orme di baby cacciatori rivelano l’infanzia nella preistoria
Scoperta italiana in Etiopia: le impronte di bambini nel fango ci raccontano le loro abitudini 700mila anni fa
ROMA – Sono rimaste scolpite del fango di uno stagno, accanto ai resti di un ippopotamo, le impronte di un gruppo di bambini che 700.000 anni fa avevano accompagnato i genitori in una battuta di caccia. E’ questo il primo fotogramma dell’infanzia nella preistoria. Pubblicata sulla rivista Scientific Reports, la scoperta si deve ai ricercatori dell’università Sapienza di Roma, coordinati da Margherita Mussi. Il più piccolo ancora non camminava, ma era in piedi e si dondolava. Gli altri bambini di due e tre anni si muovevano intorno ai genitori, impegnati nel macellare la carcassa dell’ippopotamo, con schegge in pietra. Le loro tracce, scoperte in Etiopia, sono come una “foto di vita preistorica”, ha rilevato il primo autore, Flavio Altamura. L’istantanea mostra come i bambini dell’Homo heidelbergensis, antenato comune a noi e ai Neandertaliani, si addestrassero alla sopravvivenza. “Per la prima volta – ha detto Mussi – ci sono impronte di bambini molto piccoli, che indicano la loro presenza costante anche quando gli adulti scheggiavano e macellavano”.

Le impronte delle varie specie si intersecano tra di loro, e si sovrappongono a tratti a quelle degli esseri umani, individui in parte adulti e in parte di 1, 2 e 3 anni. In particolare uno di questi bambini in tenera età propriamente non camminava, ma era in piedi e si dondolava: la sua è l’impronta di un piede che calpesta ripetutamente il suolo, rimanendo appoggiato sui talloni. Ha quindi lasciato impressa una serie di piccole dita (più di cinque) in parte sovrapposte dalla ripetizione del movimento.

“Gombore II-2 è importante non solo perché sono rari i siti con impronte umane, ma perché per la prima volta non abbiamo un semplice ‘percorso nel paesaggio’, come a Laetoli, per esempio, ma invece un sito archeologico in cui sono documentate le attività quotidiane nel loro insieme”, ha spiegato Margherita Mussi, coordinatrice dello scavo. “Inoltre, per la prima volta ci sono impronte di bambini molto piccoli, che indicano la loro presenza costante – ha continuato – anche quando gli adulti scheggiavano e macellavano. Sappiamo anche di che specie di ominide si tratta, perché resti fossili di Homo heidelbergensis – l’antenato comune nostro e dei Neandertaliani – sono stati trovati a breve distanza, ma in un livello archeologico più antico, risalente a 850.000 anni fa”.
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