FORUM Club Italiano del Colombaccio

massimiliano

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Risposta #4 il: 17/11/2017 - 07:50
Buongiorno.
Si Renato..opss ho sbagliato..Wilbur @
anche io sono per la Gestione

che non è certamente ERADICAZIONE

Purtroppo anche qui,come nel caso della nostra Nazionale di calcio (fatte le dovute proporzioni) riflettiamo nel reale,il baratro e l'oscurità in cui è sprofondato il nostro paese.
Discorso lungo ma non complicato...
Credevo in una gestione seria,non certo in questa odierna farsa comica aberrante........
Buona giornata e buon w.end di soddisfazioni venatorie.


Rimescolo

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Risposta #3 il: 15/11/2017 - 20:58
Grazie Massi per la citazione, una confidenza: la moglie appassionata di libri, ha letto tutti i racconti di Wilbur Smith, e con i dovuti distinguo anche lei mi ha detto la stessa cosa, ma non su questo racconto che non ha ancora letto, sugli altri....
una precisazione Massi, per la selezione del cinghiale sono abilitato, ho due fascette assegnate da giugno, ma non ho mai fatto uscite e nel congelatore per il primo anno da oltre 40 anni non ho riserva di carne dell'irsuto...come vedi la penso quasi come te!!! Però sono favorevole alla gestione dell'attività venatoria. Un caro saluto, con rispetto,
Rimescolo
La passera è sempre la passera! Solo la fetta di cocomero fresca ci va vicino.........

massimiliano

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Risposta #2 il: 15/11/2017 - 16:20
Gran bel racconto.Bravissimo Renato sicuramente un Wilbur Smith maremmano mancato  @@
ps: Concedimi un pollice verso alla tua affascinante storia: quella selezione al cinghiale ahi ahi ahi ahi ahi ahi.....@-:(((((

Vasco

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Risposta #1 il: 15/11/2017 - 15:56

Ebbene si, quello appena trascorso è stato il cinquantesimo anniversario di matrimonio con “DIANA”, la DEA della caccia, NOZZE d’ORO! Almeno dal punto di vista legale, perchè in effetti, sebbene avessi ottenuto il porto d’armi in tenera età, quindici anni e dieci mesi, di colpi con il fucile del babbo o di amici ne avevo sparati già a piccola selvaggina.
Il tirocinio mi era stato offerto dalla condizione familiare in cui vivevo, figlio di contadino (il padre) e di Caterina, la madre, figlia di Emilio il nonno, commerciante alimentare, sarto e barbiere!
In quei tempi molti personaggi intraprendenti accomunavano più mestieri per affrontare il periodo post bellico del secondo novecento e sbarcare il lunario, fatto di stenti e privazioni.
La mamma aveva rinunciato per amore di Rimescolo, ad una relativa agiatezza paesana, per trasferirsi al Termine Rosso, a cinque km di distanza da Campiglia, in aperta campagna.
La gravidanza la trascorse interamente in quel piccolo podere di sei ettari condiviso dal nonno Angiolino, lo zio Giovanni, e il babbo e la mamma naturalmente.
Il primo di settembre del 1951 scese al paese nella casa della nonna Gina e del nonno Emilio, anarchico, di Pietro Gori, per partorire tre giorni dopo il sottoscritto.
A quei tempi non “usava” la sala parto, la “nurserie”,ecc ecc, almeno per i più poveri, bensì una esperta del settore, l’ostetrica, chiamata volgarmente “Levatrice” che aveva il compito di estrarti dal grembo materno e darti alla luce!!!! Tutto questo avvenne nella camera della nonna, con tanto di “forcibe” sterilizzato si fa per dire in acqua bollente e tante strisce bendate linde di bucato, che servivano anche per “insalamare” il neonato, dette fasce, fino a che non si cominciava a muovere i primi passi. E credetemi che allora si cominciava molto presto a camminare, per uscire da quelle mummificazioni ingombranti ahahah….che tempi! Pochi giorni di post parto e via di nuovo al termine rosso, in casa c’era bisogno di una donna che accudisse i quattro uomini, di cui uno molto malato, il nonno Angiolino, e l’altro appena nato, il piccolo Rimescolo.
Tutto passava in fretta, non c’era tempo per lamentarsi, ci si accontentava del minimo indispensabile, l’asilo nido era al focolare, la scuola materna era nella stalla, la scuola dell’obbligo era distante cinque kilometri, e così il primo ottobre del 1957 iniziò il primo vero contatto con la conoscenza delle materie per la crescita scolastica e la formazione civica.
Ricordo molto lucidamente, senza ombre, orgogliosamente, di raggiungere la scuola sempre puntuale, con il tipico abbigliamento di allora, pantaloni corti e grembiule nero con fiocco celeste.
La mamma ci teneva molto al mio abbigliamento, sempre pulito e stirato che si distingueva da altri che apparivano grinzosi e maleodoranti. Scarpe (sempre le stesse) lucide sia in partenza che in arrivo dopo cinque chilometri di strada polverosa per raggiungere la scuola, a piedi, lo scuola bus giallo non era disponibile….
All’ingresso del paese c’era  un albero storico, di “Cecchino”,tutt’oggi in vita, con una grossa cavità, all’interno della quale la mamma ci aveva messo un panno di lana che ogni mattina mi serviva per lucidare le scarpe prima di entrare in classe! Nella miseria di quel tempo l’aspetto formale che veniva trasmesso era un segno di grande rispetto e umiltà per le cose e per le persone, dignitosamente povere.
La caccia per la mia famiglia e per me in futuro, era fondamentale per il sostentamento alimentare, cacciare con passione, anche con metodi non leciti, consentiva di utilizzare una risorsa naturale per la sopravvivenza. Il cacciatore era parte integrante del tessuto sociale di allora, era quasi una professione andare a caccia, e i maestri di allora assumevano un ruolo importante per la famiglia e per la comunità.
L’insegnamento sulla caccia di allora era orientato e rivolto ad una conoscenza approfondita del selvatico da catturare, in un contesto ambientale molto vario, dove era indispensabile la conoscenza del territorio che ospitava la specie. Conoscere il selvatico per cacciarlo e portarlo in tavola, con razionalità e senza sprechi, rispettando il ciclo riproduttivo e i tempi di prelievo.
Una sola legge, con un solo articolo, gestione!
Al termine rosso non c’era tanto da discutere, ognuno sapeva qual’erano i suoi compiti, senza incertezze e senza lamentose disamine particolari. Una vita con obbiettivi e progetti semplici, una porta di casa sempre aperta, un tetto dove non ci pioveva, un pezzetto di pane e un sorso di vino sempre a disposizione di colui che ci veniva a trovare. A ripensare a quei tempi mi viene il magone, non rimpianti ne rimorsi sia chiaro, ma solo consapevolezza sincera che ogni passato è il seme della crescita di ognuno di noi. Le giornate estive che trascorrevo nell’aia a urlare ai predatori che volavano in cielo, “falco ti brucia la casa-falco ti brucia la casa”, per distoglierli dalle attenzioni delle galline e dei galletti che erano una delle nostre alimentazioni essenziali, la mamma aveva escogitato un modo per farmi giocare e per farmi credere che così il falco sarebbe andato via a guardare la sua casa rinunciando a predare i nostri polli. I miei genitori si erano accorti anche che di nascosto uno più povero di noi, o forse ladruncolo di natura, ci rubava le uova dai punti dove le galline andavano a depositare, così che non appena sentivo il canto della gallina felice di aver fatto l’uovo, mi dirigevo velocemente sul posto per la raccolta, ovviamente in campagna non esistevano metodi di sfruttamento dei minori e a me sembrava di rendermi utile in qualsiasi cosa mi si proponesse di fare, come andare a raccogliere prede di cacciatori che di frequente sceglievano il termine rosso come meta per i loro carnieri.
Una sera d’inverno, poco prima del Natale, aspettavo come di consueto di sentire uno sparo per uscire di casa e precipitarmi verso il cacciatore, e quando ciò avvenne fui ricompensato per la raccolta delle prede con una moneta d’argento del valore di cinquecento lire!!!! Ritornato in casa feci vedere alla mamma il premio e con stupore si rivelò un gran regalo di Natale, ma non per me ma per l’intera famiglia!!!! Io trattenni in tasca la moneta giusto il tempo di arrivare in casa, tre minuti scarsi ahahahah
Ogni tanto mi fermo a riflettere sul passato, mi riempie di gioia, non ho nostalgie oppure a me sembra di non averne, e non sono daccordo su quanto afferma Oscar Farinetti in una nota pubblicità attuale, parole buttate lì che hanno solo valore commerciale….lui non vuole ricordare il passato!? Figuriamoci, domani è già passato l’oggi, e come non ricordare per costruire il futuro, così come conoscere il nemico per combatterlo, riferito ai mali del secolo, questa la mia filosofia.
Ritorniamo al tema del mio racconto vissuto nella stagione di caccia 2016/2017.
Un racconto ricco di eventi gioiosi, e di un unica delusione, la rinuncia di una collaborazione di caccia da parte di un socio che avevo conosciuto e con il quale cacciavo da quattro anni….non è il caso di soffermarsi su questioni incomprensibili o farraginose, ma tant’è….successo.
Torno a ricordare che le discipline di caccia che attualmente coltivo, sono:
– selezione cervidi e cinghiali
– colombacci da capanno e alla cerca
E posso tranquillamente sostenere che l’annata in questione è stata la più ricca di selvaggina degli ultimi anni, sia per quanto riguarda i prelievi e per la consistenza della specie colombaccio in generale, Gli amici che mi hanno accompagnato e ospitato nelle numerose azioni ed emozioni invernali, Paolo, Mauro e il fratello Massimo, tutti fiorentini, specialisti con le aste e con le postazioni temporanee, a volte precarie, ma di sicuro effetto e concretezza venatoria.
Con loro ho una reciproca sincera condivisione delle azioni di caccia, dell’amicizia e del rispetto.
Sicuramente ci terrà uniti la consapevolezza dell’esperienza di ognuno, la conoscenza dei territori di caccia, l’utilizzo di ausiliari (piccioni da richiamo)attendibili e docili.
La zona di caccia che ho frequentato in questa stagione, era a me sconosciuta e per certi versi sono stato ammaliato da un territorio ancora integro, generoso di selvaggina, per certi versi selvaggio e impegnativo. Ho scoperto piccoli paesi disabitati, uno in particolare raggiungibile con strade bianche, abitato solo da sette persone!!!! per lo più anziani. Persone deliziose, ospitali e rispettose delle nostre passioni. Vicino a questo piccolo paese dal sapore antico, mi sono deliziato con il mio cane Buk, e i miei piccioni da richiamo, in più occasioni, immerso nella magica ospitalità del bosco di querce e lecci, produttori di ghiande appetibili per i colombacci.
Alcuni giorni molto disponibili al gioco dei richiami, altri meno propensi, ma sempre molto numerosi e particolarmente graditi ai miei occhi. Con Paolo abbiamo trascorso giornate molto fruttuose e piene di emozione reciproca, una bella intesa di coppia.
Durante il percorso di avvicinamento alle zone di caccia, mi sonno quasi sempre soffermato in un paese del grossetano, Ribolla, per fare provviste di pizza e schiaccia da spartire con gli amici, che gradivano volentieri, dopo un iniziale indugio misto a imbarazzo.
Ben presto hanno capito che il convivio, seppur piccolo, offerto da amici, è parte integrante della filosofia di caccia condivisa, e così è stato per tutta la stagione venatoria appena conclusa.
Un piccolo gruppo, il nostro, una piccola squadra, a volte concentrata in spazi relativamente brevi, a volte separati per scelte “tattiche” in spazi più grandi, ma sempre in collegamento e mai in competizione. Bellissima esperienza, spero, anzi sono convinto che la nostra intesa si rafforzerà nel tempo, su basi solide di rispetto reciproco ed amicizia sincera.
Alcune zone di caccia sono state delle autentiche conquiste territoriali, per la loro collocazione scoscesa e di rara e difficoltosa percorribilità, in ogni condizione climatica.
Ringrazio gli amici che mi hanno ospitato in queste avventure, Paolo, Mauro e Massimo, che mi hanno riservato delle situazioni interessanti, con e senza i miei piccioni, abbiamo vissuto delle giornate mistiche per quantità e razionale qualità di gestione di intervento in compagnia dei nostri ausiliari, Buk compreso. Queste situazioni resteranno sempre impresse nella memoria, banalmente raccontate o gelosamente conservate nel cassetto dei ricordi, ma semplicemente vissute in libertà totale e in armonia condivisa. L’arte di ognuno di noi, applicata alla passione che ci distingue da altri individui, ci gratificherà sempre, i nostri spazi non saranno invasi o violati perchè sapremo conquistarli altrove, alla ricerca del nostro selvatico preferito.
Al prossimo anno con la speranza di potervi invitare in ambienti più vicini, consapevole che quello che mi è stato offerto per le “nozze d’oro” con Diana, sarà difficilmente ripetibile.
Grazie di nuovo a tutti,
con rispetto,
Renato (Rimescolo)