FORUM Club Italiano del Colombaccio

levante

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Risposta #18 il: 03/02/2012 - 11:21
Hai ragione Ciccio....i nostri amici hanno vissuto storie molto belle e..intriganti.......(e noi che cosa ci inventiamo??)......è un piacere leggere.
Un abbraccio Levante

deliberoCICCIO

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Risposta #17 il: 03/02/2012 - 08:51
Leggevo "affascinato ed incuriosito"...mi accorsi che avevo il mento imprigionato tra l'indice ed il pollice...sembrava stessi in meditazione...mi accorsi,alla fine del racconto,di essere preso da una AMOREVOLE INVIDIA....

Ma cosa vi racconto Io??????

un abbraccio cicciodelibero.

Rimescolo

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Risposta #16 il: 01/02/2012 - 15:33
31 dicembre 2000
Era l'ultimo giorno dell'anno, ero reduce da una decina di giorni di intenso lavoro e da una situazione familiare molto delicata, il suocero era ricoverato a Pisa, in ospedale.

Desideravo isolarmi per una mattinata,(il pomeriggio sarei andato con la moglie a far visita al suocero). Di primo mattino, dopo aver preparato la cartuccera del cal 20 e preso una tascata di cartuccine del cal8, portai il combinato 8/20, salii sulla mia R4 e mi inoltrai nella strada che dalla "salvestrina" porta alla "collacchia".

L'obbiettivo da raggiungere era un grosso lellero nei trafossi.

Percorsi alcune centinaia di metri e mi ritrovai impantanato in un guado ghiacciato, era molto freddo e fra una manovra e l'altra, aiutato da tronchi e frasche tagliate al momento, riuscii a venirne fuori. La macchina da rossa era diventata marrone, tante  erano le pennellate di fango che aveva ricevuto da uno spasmodico e disperato avanti e indietro con sterzate da ogni angolazione. Gli scarponi si erano appesantiti anch'essi, ma continuai verso la meta desiderata, e intorno alle ore 8 arrivai a destinazione. Alcuni merli avevano già? consumato la colazione, ma mi appostai ugualmente ad aspettarne altri, e dopo due o tre tiri, immerso in maestosa e silenziosa solitudine, ecco che avvertii il trotterellare tipico di un cinghiale che transitava nella mia dirazione.

Sensa esitazione apro il conbinato e cambio la cartuccia con una terzarola da me caricata con polvere Rottweil, l'incontro è immediato, il colpo parte e ferisce il solengo anteriormente, mi sfila veloce di fianco per risalire il fosso, inserisco nel fucile una palla e sparo in fretta un secondo colpo prima che sparisse nel folto.

Un momento di riflessione, un accertamento dei colpi sparati mi convincono che il cinghiale è ferito e raggiungibile dal percorso insanguinato.

Inserisco nel conbinato l'ultima cartuccia a terzarole che dispongo, e inizio la ricerca. Percorsi molti metri, quando udii un rantolo accompagnato da sbruffi che mi indicavano la sua presenza,(rooooooon,pfufff,rooooooon,pfufff)mi avvicinai e fui attaccato con ferocia dallo stesso, solo la lucidità? e la prontezza evitò il peggio...

lo colpii nuovamente ma fu necessario un altro colpo a pallini nel collo per finirlo mortalmente.

Non nascondo che ebbi paura, aveva due difese ben affilate che mi avrebbero devastato, e poi nessuno sapeva dove ero andato a cercare serenità? e svago, sarebbe stato un "casino". Lo eviscerai e inserii nel ventre foglie di alloro, non per i mosconi che non c'erano per il gran freddo, ma per un rituale improvvisato al momento.

Tornai a casa verso mezzogiorno in condizioni a dir poco grottesche, la mucca (R4)  piena di fango, io insanguinato, infangato e infreddolito...

La visita al suocero fu rimandata al giorno successivo, (i cognati mi sostituirono) ritornai sul posto con tre amici per il recupero del verro combattivo ed entusiasmante.

Un avventura che ricordo con gioia e amarezza allo stesso tempo, per non averla potuta esprimere con la dovuta enfasi per ovvie ragioni familiari, ma così fù e così ho cercato di raccontarla nella sua verità? e interezza.

con emozione e rispetto,

Rimescolo

giamp50

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Risposta #15 il: 27/01/2012 - 22:23
Nella vita di un Cacciatore capitano a volte degli episodi che, se ben analizzati, determinano un salto di qualità? nella tenica, una presa di coscienza delle potenzialità? aprendo nuovi orizzonti al nostro personale eden venatorio.
Giornata scialba, da un paio di giorni passo assente. Nella mattinata il vuoto.

E' quasi mezzogiorno, sono da solo, il buon senso consiglierebbe di scendere a casa per pranzare.

Però qualcosa mi dice che bisogna crederci, poi dalla radiolina sento che i vicini concorrenti, sfiduciati, scendono tutti dai palchi per il pranzo. Allora decido, rimango, qualche craker ce l'ho, l'acqua pure, un sorso di Borghetti anche.
E' dura, cerco di tenermi impegnato "giocando" con i piccioni, tenendo sempre d'occhio gli avvistatori, li accudisco, li accarezzo.

Sono circa le 13,00, la regina degli avvistatori, una picciona di circa 3 anni inizia a segnare verso nord/nord-ovest. Non vedo nulla.

Continua a segnare insistentemente ed io continuo a non vedere alcunchè.

Poi finalmente ad ore 10, a circa 4 km, contro cielo vedo il nugolo.

Senza alcuna speranza lancio i volantini, l'enorme branco vira a sinistra di circa 90° puntando decisamente verso di me, praticamente tornando indietro rispetto agli Appennini verso cui era diretto. Cosa da non credere!

Non ricordo bene quali e quante manovre feci con i volantini, ma probabilmente, data l'enorme distanza, è probabile che li feci ripartire e o girare attorno all'impianto.

Quando il branco si trovò in prossimità? del fiume, circa 700-800 mt., iniziai con gli stantuffi.

Il branco arrivò alto da ovest verso est, fece una passata, alla fine della collina e del bosco tornò indietro, rifece tutto il bosco questa volta da est verso ovest continuando a scendere di altezza.

Rannicchiato in fondo al palco, una emozione indescrivibile, tirando questo o quel filo in funzione della posizione del branco, il cuore in tumulto, mille dubbi e nessuna certezza.

Leggera brezza da est, quindi la buttata avverrà? da ovest verso est, e quindi questo giro del branco dovrebbe essere quello giusto.

Infatti rigirata la direzione alla punta ovest del bosco, continuando ad abbassare la quota, il branco si disponeva alla buttata.

Incominciarono i ciaccioni, poi l'avanguardia ed il centro corpo del branco.

Tutto brulicava di palombe, li sentivo buttarsi giù tutt'attorno, tra gli zimbelli, sul capanno, non finivano più!

Non saprei con certezza quanti, ma certamente diverse centinaia.
Poi, ad un certo punto, uno zimbello credo prese paura ed iniziò a svolastrare attorno allo stantuffo e la magia finì.

Ma tanto a quel punto cosa si poteva fare, la sublimazione era già? stata raggiunta!
Da quel giorno capii come in questa caccia tutto sia possibile, niente sia scontato, e che la conoscienza non abbia limiti che possano essere raggiunti dal povero nembrotte.

BaccarelliDiego

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Risposta #14 il: 27/01/2012 - 21:14
Complimenti, Renato! Perchè la caccia, la vera caccia è questa, quella che tu hai mirabilmente descritto e vissuto, in "religioso" silenzio, nel fiore dei tuoi vent'anni, vivendola ed onorandola nel segno della saggezza e del rispetto delle regole, soprattutto, di quelle non scritte!

Bravo Renato.

Saluti cari.

diego

Rimescolo

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Risposta #13 il: 27/01/2012 - 20:00
Ciao Sauro, la scorsa settimana ti ho inviato un ala e il libretto degli avvistamenti, ti è arrivato?

Avrei un racconto datato ottobre 1971, breve ma significativo per l'abitudine e l'intelligenza del colombaccio, se credi sia interessante facci ciò che vuoi.

Era l'ottobre del 1971, ed io feci una breve licenza di tre giorni per aver donato il sangue ad un parente bisognoso di trasfusione.

Partii da Casale Monferrato in tarda mattinata e dopo 6 ore e mezzo di treno arrivai a Campiglia, mio paese natale e di residenza. Mi trovavo alle casermette per

il servizio militare, C.A.R, dopo il giuramento fui trasferito a Mantova fino al dicembre dell'anno successivo.

Ad attendermi alla stazione c'era il vecchio Rimescolo (mio padre) che sapendomi voglioso di andare il giorno successivo a caccia, mi annunciò senta tanti preamboli che aveva scoperto un quercia primaticcia agli "schiumai" che era visitata da una ventina di colombacci. Gli "schiumai" erano collocati all'interno di una grande zona boschiva

ai confini dei comuni di Suvereto e Sassetta ed erano distanti circa 7 km da Campiglia. La notte trascorse molto lentamente, immaginavo già? l'emozione del giorno dopo, il " tascapane " era pronto, la cartuccera da 25 cartucce preparata nei minimi dettagli (cartucce con piombo dell'8 polvere Sidna per la prima canna e piombo del 6 con polvere Rottweil per la seconda). Il fucile era una doppietta GITTI cal 12 ed era usanza caricare la canna dx con piombo più piccolo e la sx con cartuccia più potente per tiri relativamente più lunghi o leggermente infrascati. Alle 5 del mattino dopo una breve colazione  ci dirigemmo a piedi verso tale meta con la speranza di trascorrere una giornata interessante. Un'ora e mezzo di cammino e arrivammo alla quercia con ghiande mature, il silenzio era religioso, l'alba frizzante era il preludio di una giornata da ricordare. Mio padre di poche parole, ma di grande carisma mi sistemò a tiro della quercia e si raccomandò di sparare solo a colpo sicuro e a fermo. E' un branchetto di una ventina di colombi, mi disse, ma se ne vedono cascare uno a volo non tornano più alla quercia perciò fai come ti dico, torno a prenderti verso mezzogiorno che si mangia insieme.

Accendo subito una sigaretta (a quei tempi fumavo), e quasi alla fine della "DIANA", (la sigaretta) un fruscio accompagnato da fragoroso batter d'ali mi avvolse con frenetica emozione. Erano tutti posati sulla quercia, un attimo di tranquillità? apparente e partì il primo colpo, il primo colombaccio della stagione mi fece compagnia per una mezz'ora, dopo ritornarono e si ripetè la solita emozione, un altro sparo e un altro favaccione raccolto. Nessuno a disturbare questa meravigliosa simbiosi,

nessun rumore che non fosse il fruscio del loro arrivo accompagnato dal fragoroso batter d'ali della posa sulla quercia ricca di ghiande mature, solo con me stesso immerso in un ambiente incontaminato e magico, un rivolo d'acqua che dissetava i primi pettirossi e i primi merli della migrazione autunnale, tordi non ne vidi, una o due ghiandaie fecero capolino per dividere il pasto con i colombacci ma che immediatamente spaventai con un versaccio.

La terza posa fu più vissuta e osservata, cominciarono a cibarsi di ghiande, non stavano un momento fermi, sembravano irrequieti, invece "sghiandavano" naturalmente, partì il terzo colpo e fu raccolto il terzo meraviglioso uccello.

Non mi era sfuggita la cadenza del loro ritorno, ogni mezz'ora facevano visita, erano rimasti una quindicina, ancora relativamente tranquilli.....

Nella mia mente si faceva sempre più convincente la prova dello sparo all'involo, se ritornano gli sparo a fermo e quando partono provo al volo mi dicevo, e siccome cambiando posizione di una decina di metri, mi ritrovavo una visuale più ampia, così decisi. Rimescolo mi aveva sistemato un capannello che evitasse questa tentazione, ma io che già? a quel tempo volevo camminare con le mie gambe, cambiai postazione e fu l'errore.

L'attesa del loro quarto arrivo fu interminabile, una mezzora lunghissima, estenuante, ma finalmente arrivarono. Avevano in qualche modo intuito il pericolo tant'è che prima di posarsi fecero due giri di perlustrazione per poi decidere di posarsi all'interno della quercia. Un attimo di preparazione e scattò il piano che avevo preparato con cura. Gli spari furono due, ma il colombo ucciso in volo e visto cadere dal resto del branco, interruppe quella meravigliosa orgia di emozione che mi aveva donato una altrettanto frizzante giornata d'ottobre, i colombi non tornarono più!!!!!

Aspettai più di tre ore con la consapevolezza di avere fatto una sciocchezza, all'arrivo di Rimescolo non ci fu bisogno di tante spiegazioni, raccontai e lui capì che si cresce anche sbagliando, te l'avevo detto annuì con il sorriso sulle labbra, si mangiò insieme sotto la quercia degli "schiumai" per poi fare ritorno al paese più bello del mondo con 5 colombacci nel tascapane, il babbo si era limitato ad esplorare la zona per una visita i giorni successivi (lavoro permettendo).

Questo racconto per ricordare una giornata di caccia dei miei vent'anni, per ricordare la saggezza di Rimescolo babbo, per evidenziare il comportamento, le abitudini e la maestosità?  del colombaccio, i chilometri che abbiamo fatto per poterlo cacciare, la testimonianza e la consapevolezza di un errore di caccia, il tutto nella speranza che altri possano godere di queste sane, sofferte, romantiche e desiderose emozioni.

Morale: i giovani cacciatori dovranno avere dei riferimenti vissuti di esperienza e serietà?, considerare la caccia come materia di studio e come obbiettivo di crescita dell'individuo, conoscenza dell'ambiente e degli animali che lo popolano, disponibilità? e collaborazione con tutti gli organismi interessati, tolleranza verso le altre forme di caccia, rispetto per chi opera non solo al mantenimento, ma anche allo sviluppo di questa arte in modo etico e moralmente sportivo.

LA QUERCIA degli SCHIUMAI   ottobre 1971

un caro saluto

con emozione e rispetto,

Renato Bianchi
Questo scrissi a Sauro verso la fine di novembre....

un caro saluto,

Rimescolo

BaccarelliDiego

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Risposta #12 il: 27/01/2012 - 10:19
FU COSI' CHE IN UNA BRUMOSA MATTINA DI DICEMBRE»?»?
A suggerirmi l'idea, questa volta, non  era  stata  la  solita, irresistibile passione che ti assale all'improvviso, che ti fa sognare ad occhi aperti nella magica penombra  di  un bosco appena sfiorato dai tenui bagliori dell'alba, spingendoti alla frenetica ricerca di quelle emozioni che, al calare dell'autunno,si ripropongono e si rinnovano, accompagnando i tuoi passi lungo i remoti sentieri che hanno segnato il tempo della tua « bella vita vagabonda»? e alimentato il prezioso carniere dei tuoi tanti, struggenti ricordi.

No, non dovevo a queste fantastiche sensazioni l'idea di organizzare un incontro di amici per trascorrere insieme, in un angolo di mondo integro ed incontaminato, uno scampolo di vera passione venatoria. A stimolare la mia mente era stata la diffidenza e l'opposizione di coloro che, caparbiamente, continuano a non voler capire l'importanza fondamentale dell'impresa agricola nella gestione della fauna e della caccia ai fini della integrazione del reddito e dell'occupazione, ma anche in funzione della creazione di nuove opportunità? integrative alla caccia tradizionale.

Da questa stringente esigenza nacque l'idea, peraltro non molto congeniale alla mia indole romantica, di cacciatore solitario follemente innamorato della mitica «Signora del bosco»?, di rendere partecipi e, soprattutto, interpreti di una realtà? entusiasmante, dirigenti venatori, amministratori pubblici e semplici cacciatori, invitandoli, non alla corte della «Regina»?, ma a quella di sua maestà? il «Re di Macchia»?, signore sovrano di Agrincontri: di quel piccolo lembo di mondo selvaggio, dove l'opera sapiente dell'uomo sembra essere riuscita a fermare l'avanzare del tempo e a conservare integro il gusto antico, il sapore inconfondibile delle nostre incrollabili tradizioni.

Fu così che, in una brumosa mattina di dicembre, dopo le rituali raccomandazioni dell'amico GiBi De Ferrari, ci ritrovammo a calcare i sentieri boscosi di Agrincontri che portano alle fatidiche altane immerse nella fitta vegetazione dell'omonimo Centro di caccia.

Al caratteristico suono del corno che annunciava l'inizio della battuta, come al perpetuarsi di un rito,»? tutte le creature della macchia ammutolirono»?, mentre, in lontananza, nel folto della boscaglia, cani e battitori iniziavano la loro canora, trepidante avventura, districandosi sapientemente nel groviglio di rami e di rovi, alla ricerca di qualche scontroso «solengo»? da spingere verso le poste.

L'incitamento dei bracchieri si udiva in lontananza, confondendosi con il coro altalenante dei fedeli amici a quattro zampe, severamente impegnati a sviluppare sul terreno impervio, in un crescendo entusiasmante di bassi e di acuti, la cerca con cui stavano accompagnando alle altane il loro odiato nemico.

Il «Signore del bosco»? apparve all'improvviso, ansimando, preceduto dal rumore dei rami spezzati, arrestandosi al limitare di un sentiero tormentato dai rovi.

Rimase stranamente seduto a fissare le canne dell'arma impietosamente puntate sulla sua fronte irsuta, come a voler implorare una grazia per una condanna che nessuno aveva mai pronunciato.

Incalzato dalla muta assordante dei cani, balzò incontro al piombo che avrebbe dovuto traghettarlo dal mondo della luce a quello delle tenebre. Ma»?. non accadde nulla. Il grilletto,  inspiegabilmente, non scattò, bloccato da una strana, eterea magia, lasciando «il solitario cacciatore»?, frastornato e attonito, ai suoi ansiosi pensieri, mentre il Re di macchia, riappropriandosi del suo destino, andava a riprendersi il trono nel folto impenetrabile della boscaglia.

Simultaneamente, dalle altre poste, si udirono alcuni spari seguiti, a breve distanza, dall'abbaiare appagato dei cani e dall'incontro rituale e festoso dei cacciatori con bracchieri, cani e battitori.

Il suono del corno, malinconicamente, annunciava subito dopo che ad Agrincontri, nella fantasmagorica cornice di colori che sovrasta il mitico colle di Todi, un'altra stupenda giornata di caccia si era conclusa,   dimostrando agli  scettici  e  ai diffidenti

che anche questa è arte venatoria autentica, certamente meritevole di essere vissuta e collocata nello scrigno prezioso dei ricordi.

diego baccarelli

BaccarelliDiego

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Risposta #11 il: 27/01/2012 - 09:55
Cari Amici,

ho letto con molto piacere i vostri racconti ed i vostri commenti e se potrò ancora contribuire a rendere un po' più ampio e piacevole l'orizzonte delle nostre esperienze venatorie, lo farò molto volentieri.

Intanto, se siete d'accordo, vi vorrei proporre alcuni racconti già? pubblicati su altri siti e sulle maggiori riviste venatorie nazionali, che narrano di me, della Regina e dei miei carissimi ausiliari.

A tra poco Amici.

diego.

deliberoCICCIO

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Risposta #10 il: 26/01/2012 - 16:53
Vi leggo con piacere....."con l'ansia di un cuore fanciullo".

Giamp ti ho in cuore...

koala

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Risposta #9 il: 26/01/2012 - 11:37
Complimenti per i racconti scritti con la passione che ci accomuna ma ora per favore ricominciamo a parlare di lui de ROI please

badger

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Risposta #8 il: 26/01/2012 - 07:20
Cari ragazzi,  mi fa enormemente piacere leggere i vostri racconti che testimoniano ancora l'esistenza di gente cacciatora. Roba dura, vera nel cuore, tradizioni che vengono da lontano, comportamenti che fanno onore. Purtroppo mi sa che siamo gli epigoni di questa tradizione romantica, e dopo di noi il diluvio. Ah! i cacciatori romantici di Cencio - alias Vincenzo Chianini, una razza in via d'estinzione, ma non ancora, non ancora. Mio padre è andato a caccia già? con la morte addosso e se potrò anch'io. Un famoso scrittore di caccia pregava che Dio lo rimeritasse facendolo morire nel sonno io invece vorrei morire con il fucile tra le mani perchè a Dio piacendo la caccia è stata ed è la più grande passione della mia vita. ciao

levante

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Risposta #7 il: 25/01/2012 - 23:12
Per Giamp.....Mi fa molto piacere rileggerti e ritrovarti in una così bella storia che potrebbe essere anche una favola, considerato il bambino e che eri nel tempo magico e unico della nostra infanzia.
Un caro saluto Levante

giamp50

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Risposta #6 il: 25/01/2012 - 22:27
Di solito cacciavo con un monocanna beretta cal.24 con cartuccie caricate da me, riutilizzando il bossolo fino allo sfinimento, con polvere Sipe e borraggio chimico se l'avevo, altrimenti crusca.

Passeri, quelli grossi di una volta, gazze, qualche tordo, merlo e cesene, ma sempre a fermo, queste erano normalmente le mie prede proibite.

La licenza era ancora lontana, mi dovevo arrangiare, e soprattutto non farmi vedere da mio padre.

Aveva fatto una delle nevicate di quei tempi. Uno, due giorni di bufera, e si restava nelle stalle con le vacche ed i tori, era l'unico luogo caldo, anche se le pareti grondavano di condensa, il respiro delle vaccine.

Vimini e canne erano la materia prima, cesti e canestre i manufatti.

Oppure i "zocchi", scarpe con fondo di legno, riutilizzando per la copertura quanto recuperato, erano l'occupazione.

Tornato da scuola, credo la 2° media, forse il'63, pranzato in fretta, attento a non farmi vedere, calzati scarponi, presi furtivamente la vecchia doppietta a cani esterni di mio nonno e 2-3 cartuccie.

Al pagliaio della paglia, dove aveva una buca per cuccia in inverno, sciolsi la bracca, forse un pò tedesca, di mio padre. E giù a capofitto per il campo, con la neve al ginocchio, verso il fosso.

Infossato rispetto ai campi, qualche quercetta e tamariggi, un uccellone si alzò davanti alla cagna, forse si era trovata allo scoperto, alla virata vidi il becco enorme, un tuffo al cuore, non sparai neanche un colpo, sia perchè sarebbe stato troppo azzardato sia perchè ero rimasto mezzo impietrito.

Rimasi a guardarla finchè potevo, poi tirato un respiro profondo, chiamata la cagna, gli dissi "me la devi ritrovare, tanto lontano non può essere andata".

Sudato ed esausto per la neve al ginocchio, dopo una ventina di minuti, la cagna in ferma, naso alto verso il crociale di un fosso con un filare di siepe.

Dieci metri dietro la cagna, immobile, incredulo, indeciso sul da farsi, una paura indescrivibile di sbagliare.

Non so quanto tempo fosse passato, ad un tratto si alza in volo, esce dal mio lato e prosegue parallela al fosso. Alzo la vecchia doppietta, miro, premo il grilletto, ed incredibilmente cade. La cagna la raccoglie, la guardo, liscio le penne.

Di corsa, al limite del respiro, torno a casa. Salgo in camera di mio nonno, a letto per malattia,trionfante gli mostro la beccaccia tenendola per il becco.

Sembra non voglia credere che sia una mia preda, ma gli occhi luccicano anche a Lui.

piolo

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Risposta #5 il: 25/01/2012 - 18:31
a questo punto dovrò racontare anche io il mio primo incontro con la regina. era il 1970,

io cacciavo solo tordi e palombe. una sera Piero lo zio di mia moglie ( allora mia fidanzata) mi disse : Paolo domani mattina vuoi venire con me a beccacce? come mai gli chiesi, sei sempre stato geloso dei tuoi posti. lui mi rispose: sto invecchiando e diventando un po sordo, non sento più il campanello del cane, mi serve un socio giovane e fidato,se ti ci porto giurami che non dirai mai a nessuno i nostri posti da beccacce. così feci e la mattina dopo partimmo per la mia prima avventura alla regina. aveva un setter inglese che si chiamava Edi.appena iniziato a cacciare, mi disse: cerca di stare sempre il più vicino possibile al cane e come senti rallentare il suono del campanello, seguilo piano piano e sempre da dietro, quando lui ti guarda,significa che la beccaccia ce l'ha dove punta il naso, cerca di rimanere sempre molto calmo e guarda davanti al cane, devi cercare di farla frollare tu.dopo un po è capitato che il cane ha fatto tutto quello che Piero mi aveva detto. l'ho chiamato piano ma non mi sentiva,allora l'ho chiamato più forte ma sempre attento a guardare davanti al cane, perchè avevo paura che mi partisse la beccaccia,come non detto, mi scolonna proprio davanti al cane e fortunatamente l'ho presa al primo colpo. prima di poter dire qualcosa, mi sono sentito dire:bravooooo. l'aveva vista cadere, mi si avvicinò, mi fece una carezza e mi disse: ecco fatto un altro beccacciaro. a quei tempi, nelle nostre zone c'erano solo 3 beccacciai, Piero. lo zio di Barzagnino e il medico di condotta di Piegaro dottor Franco Parlani. erano tutti e tre bravissimi e rispettosi fra loro. dopo qualche anno, i vecchi hanno smesso e allora io e Barzagnino ci siamo uniti e abbiamo cacciato insieme per tanti anni nei posti dei due più grandi beccacciai di Tavernelle. mi sembra ieri che abbiamo iniziato, invece mi sono gia invecchiato anche io e per problema di gambe non posso più praticarla.PECCATO, ho smesso gia da tre anni. da li in poi mi dedico esclusivamente alle palombe. un abbraccio a tutti beccacciai dicendo: divertitevi più possibile finchè potete.

saluti a tutti e al grande Diego.

Paolo

Vasco

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Risposta #4 il: 23/01/2012 - 21:57
Il racconto di barzagnino.
anche io voglio raccontarvi il mio primo incontro con la regina, nel 1960 anno della mia prima licenza di caccia dopo molti tentativi e la promessa che non avrei portato con me nessun altro, zio peppino mi portò a caccia di beccacce naturalmente a montarale,partimmo da oro con la lambretta di mio zio lui davanti e io con in braccio il cane dietro, dopo due ore e non avendo trovato nulla mio zio disse andiamo in un posto che lui chiamava il vallino d'oro per le innumerevoli beccacce che vi aveva trovato, appena arrivati lillo si mise in ferma sotto dei grossi cerri, mio zio mi disse guarda che la beccaccia quando frolla uscirà? sensaltro tra quei due cerri davanti, tu spara quando la regina sarà? a quell'altezza,io tremavo dall'emozione e quando la beccaccia prese il volo io all'altezza dei cerri avevo sparato 4 colpi, e con il quarto la beccaccia era caduta, stavo già? andando a raccoglierla quando mio zio disse fermati perchè ai commesso 3 errori. primo ti avevo detto che la beccaccia sarebbe volata trà? i due cerri e quindi bastava solo un colpo, secondo non andare mai a raccoglierla lascia che sia il cane a riportarla perchè il merito dell'azione di caccia è anche il suo, poi prendendomi per un'orecchio mi disse il terzo errore che ai commesso è quello di non aver raccolto i bossoli sparati, da quel giorno nemmeno più un bossolo sparato da me è più caduto in terra anche perchè misi via il mio breda antarex e comperai una doppietta senza estrattori automatici che tutt'ora conservo per ricordo, anche oggi quando torno a casa nella cacciatora ci sono bossoli che raccolgo sparati da altri,solo dopo molti anni e solo dopo che mio zio per motivi di salute non è potuto più andare a caccia hò portato con me piolo e per altri 25 anni abbiamo fatto coppia fissa, ora lui si è dedicato esclusivamente alle palombe ed i miei numeri non sono più quelli di una volta ma non mi importa anche se la padello o non posso sparargli mi consola il fatto che potrò incontrarla di nuovo e finchè avrò forza nelle gambe andrò sempre alla sua ricerca.

Diego io possso parlare con mio zio e se lui è d'accordo si può organizzare un'incontro per rivivere con lui e ascoltare dalle sue labbra le avventure che ha vissuto, e grazie per le emozioni che ci dai con i tuoi racconti ciao e a presto.

giulio.