FORUM Club Italiano del Colombaccio

aldorin

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Risposta #5 il: 16/08/2013 - 19:46
Ciao Filippo
accetto il tuo invito volentieri.
Ho iniziato a cacciare i colombi che avevo meno di dieci anni (fine anni '50); andavo in bocchetta con mio padre e vedevo passare colombi alti... alti... alti...
Poi, all'inizio degli anni '70 ho cominciato a costruire palchi ed a spaventare colombi coi primi volantini (chiamarli volantini è troppo!); ho anche iniziato a vedere colombi più vicini. Ma se non hai buoni maestri gli anni di apprendistato aumentano...
Infine, da una quindicina di anni a questa parte sono diventato innamorato della posa.

E vedo colombi posati ad un metro da me, sulla mia testa.
Ognuno si diverta come vuole e più lo aggrada.
Per la collettività? un colombo morto al volo o a fermo ha lo stesso valore: un morto.
Anzi quello morto a fermo può sembrare più indifeso... ma non è così, perchè se non si posa se ne va illeso, anche se passa ad un metro dalla mia persona.
Questione di gusti... diciamo così.
Credo che la posa sia nata dettata in qualche modo da contingenze economiche e dal fatto che così facendo "se ne prendevano di più"; poi il mondo è cambiato...
Personalmente vedo nella posa il mio massimo di essere cacciatore, avendo "battuto" in tutti i sensi un selvatico che dovrebbe essere molto, ma molto più furbo di me.
Ecco che il fatto di posarlo dove voglio io mi da soddisfazione perchè "l'ho vinto completamente". Lo sparo, come potrai capire bene, diventa una fase "accessoria" finale.
Se ho ospiti (e capita spesso) alcune volte manco sparo... ma è come se lo avessi già? fatto al momento della posa.
Con la caccia al volo lo sparo diventa invece se non il momento principale... senz'altro una fase importantissima, senza la quale non si raccatta un bel niente.

Una bella coppiola... o una tripletta riempiono di soddisfazione.

Una soddisfazione immensa!
Sciocco mettere a confronto le due situazioni. O voler affermare che chi fa così e cosà? e meglio di chi fa cosà? e così. Per far questo esistono già? Club Italiano del Colombaccio e Club della Palomba che "da sempre" si sono divisi proprio su questa insensata e fratricida diattriba.
Ognuno si diverta come vuole.
Se andiamo sul piano della semantica... e della parola tradizione... altro non possiamo fare se non riconoscere le più antiche tradizioni all'Umbria ed alle Marche.

Segue Toscana, Lazio e tutto il resto. In alcune regioni italiane si è iniziato da un decennio, poco più a cacciare in modo "tradizionale".
Ecco che pochi possono vantarsi di "antiche tradizioni", altri di "innovative usanze", ed altri ancora di "rivoluzionarie consuetudini", ma chi potrebbe (poi ti dico perchè uso il condizionale...) vantare i più antichi e nobili lombi sono i cacciatori della Campania, in particolare quelli di Cava dè Tirreni. Infatti, fino all'inizio degli anni '50 e con "decorrenza" a partire da epoche precedenti l'anno 1000 (hai letto bene: anno mille), proprio a Cava si cacciavano i colombi migratori con reti verticali. Come fanno tutt'oggi nei famosi 10 appostamenti pirenaici.
Poi le leggi italiane non hanno più permesso che millenarie tradizioni si perpetuassere.
E allora, torno a ripetere, non mettiamoci a litigare ancora una volta tra noi per "gusti-personali" tra chi li fa posare e chi li caccia al volo, ma, se possibile, affiniamo le reciproche tecniche, casomai copiando un pò gli uni dagli altri...ma solo le cose buone.
Buona "coppiola" a chi spara al volo e buona "posa" a chi si diverte in altro modo.
Un caro saluto.
Dimenticavo di dirti che secondo me... che valgo per uno... se si sceglie la caccia con la posa non si dovrebbe sparare al reinvolo. Perchè questa seconda situazione è davvero ibrida e figlia della voglia di "fare ciccia".
Ciao.

FilippoTrocchi

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Risposta #4 il: 16/08/2013 - 18:37
Mando un messaggio a tutti gli Amici del Club .Ma perche' invece di affollare i post dove si litiga e basta non riprendiamo a parlare di Caccia al colombaccio?questo post e' interessantissimo e solo 3 sfigati hanno risposto ,,,,mi chiedo COME MAI poi non venite a dire che di argomenti che parlano di Caccia non ce ne sono piu' saluti

Vasco

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Risposta #3 il: 12/08/2013 - 23:52
Ciao giamp, lo sparo? sarà? sempre un mezzo, mai sarà? un fine per chi è cacciatore. L'argomento è bellissimo e andrebbero sentiti tanti pareri, sia da parte dei francescani che dei diavolacci.

Vedi giamp sono uno che amo le cose semplici, mai però di tutto un po, quando avevo il cane da ferma, un setter che mi rubarono il giorno dopo l'apertura di tanti anni fa,non ho mai sparato ad un animale se prima non lo avesse fermato, così mi fu insegnato da chi di cani da caccia ne sapeva tante più di me,così ho sempre fatto e così rifarei per imparare ad un altro cane da ferma. Ora è da più di venti anni che vado a caccia con dei cocker, questo che ho è il terzo, nipote di Rudy che avevo dal 1990. Il cocker è un cane che difficilmente abbandona una passata, ho avuto dal nonno tantissime soddisfazioni non solo come riporto, ma anche come scovatore, però anche se quello che ho adesso, Jury, è un vulcano non lo ho mai portato a fagiani o altro, proprio perché con il cocker manca il "fine" cioè la ferma e tutto quello che la precede. Ma poi credo che tutti ricordano  ogni azione condotta in modo magistrale e mai lo sparo, i racconti di caccia non parlano quasi mai dello "sparo" anche se miracoloso ma della maniera di come si è svolta l'azione o forse di qualche bellissima padella, ma ora torno al titolo del tuo post e alla caccia al colombaccio, cioè la posa come azione finale, per me il fine di tutta l'azione di caccia. Non credere però che sono uno stinco di santo, quando ho la possibilità? di andare a tordi a capanno o ad allodole con il gioco, li lo sparo la fa da padrone il fine lascia a desiderare e anche io qualche volta mi sento un po più diavolaccio che francescano.

Un abbraccio.

vasco

FilippoTrocchi

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Risposta #2 il: 11/08/2013 - 17:33
Ciao Giamp ho letto volentieri il tuo quesito che tuttavia a mio modesto avviso non puo' essere del tutto condiviso e ti dico il perche':la Caccia e' una NOBILE attivita' che presuppone come scopo ultimo l'uccisione di un animale a scopo alimentare.Per arrivare al conseguimento di tale scopo si mettono in atto tutte quelle azioni"metodi"che con il passare del tempo sono diventati sempre piu' efficaci ma che se fatti a regola d'arte rimangono nel "solco"della tradizione.Vien da se che siccome tutte le azioni sono essenziali al conseguimento del fine ultime cioe' la cattura del selvatico anche lo sparo e' un momento di grande importanza  che, se rimane all'interno di quel contesto "tradizionale"mantiene anche un valore ETICO che tradotto in azione vuol dire sparare  al MOMENTO GIUSTO! io personalmente quando mi cura un branco e riesco a farlo curare bene se faccio una tripletta (e scusate se ve lo dico accade spesso ahahahaha)mi sento galvanizzato .Sono con te quando parli di STRAFARE ecco questo non lo condivido e lo condanno.Chiudo dicendo che in casa mia le proteine animali arrivano SOLO dalla carne della selvaggina che caccio e dal pesce che pesco quindi vado a caccia e a pesca anche PIU' VOLENTIERI! ciao a tutti

-giamp50

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Risposta #1 il: 10/08/2013 - 12:36
In epoche passate la caccia assumeva la veste di una delle fonti di approvvigionamento alimentare, sfizioso per i nobili e vitale per i più derelitti.

In questo quadro ciò che contava era esclusivamente l'impossessamento della preda e di conseguenza non il come ma il quanto, e ciò era giustamente dettato dalla fame atavica del popolino| Che poi il quanto lo si ottenesse con i lacci, le tagliole, le trappole, la freccia, la lancia, le reti o lo sparo poco importava.
Di contro oggi esercitare l'attività? venatoria rappresenta non più un apporto alle magre dispense familiari ma bensì un costo che va inserito tra quelle uscite riservate al divertimento e conseguentemente al benessere psicologico dell'umano.
A seguito di ciò si sono delineate due linee di pensiero:
- la prima rimasta ancorata all'ancestrale necessità? della quantità? e diramantesi in due varianti:

         a)-coloro che si sentono realizzati solo nella positiva conclusione del tiro e che pertanto sparano sempre e dovunque, misurando la propria autostima esclusivamente sul lato tecnico-balistico-abilitativo;

         b)-coloro che invece, sempre attratti dal lato balistico-abilitativo, ripongono però la propria autostima particolarmente nel numero di prede da poter vantare in armeria, al bar od al telefonino con i concorrenti cercando di surclassarli;
- la seconda è quella che antepone al tutto le modalità? di esercizio dell'attività? venatoria. Per gli appartenenti a questa linea di pensiero non conta il numero, non conta il gran tiro, ma conta esclusivamente se quel risultato lo si è ottenuto secondo l'Azione dei canoni classici dell'ars venandi assumendo questa azione, per loro, la forma di un Rito, ed esclusivamente nel rispetto delle procedure del rito trovano il loro massimo appagamento.
Pertanto per i cultori del Rito lo sparo è semplicemente un mezzo con cui si può concludere il rito stesso, di poca importanza, gradito ma non indispensabile.