FORUM Club Italiano del Colombaccio

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Risposta #19 il: 22/05/2013 - 14:15
Toscana    Tesserini caccia

 Corte Costituzionale   SENTENZA N.90 ANNO 2013  Deposito 22/05/13 G.U.

...................................................

L'argomento è privo di consistenza perché il tesserino venatorio non ha solo la funzione di consentire una verifica sulla selvaggina cacciata, ma ha anche una più generale funzione abilitativa e di controllo, come si desume innanzi tutto dall'art. 12, comma 12, della legge n. 157 del 1992. Questa disposizione, infatti, senza prevedere deroghe o limitazioni, stabilisce che «Ai fini dell'esercizio dell'attività? venatoria è altresì necessario il possesso di un apposito tesserino rilasciato dalla regione di residenza».

à? da aggiungere che l'art. 16 della legge n. 157 del 1992, nel disciplinare le aziende agrituristico venatorie, stabilisce che in queste aziende l'esercizio dell'attività? venatoria «è consentito nel rispetto delle norme della presente legge, con la esclusione dei limiti di cui all'art. 12, comma 5» (relativo alle forme con cui è praticata la caccia), e, poiché questa è l'unica esclusione prevista nell'ambito delle prescrizioni contenute nell'art. 12, se ne deve dedurre che resta operante quella del comma 12, relativa al tesserino regionale.

Anche da altre disposizioni della legge n. 157 del 1992 si desume che il tesserino costituisce un documento necessario per poter esercitare la caccia, indipendentemente dal luogo in cui tale esercizio avviene. à? per questa ragione che il cacciatore lo deve avere sempre con sé, in modo da poterlo esibire quando ne è richiesto ai sensi dell'art. 28, comma 1, di tale legge.

L'art. 31, comma 1, lettera m), della legge n. 157 del 1992 inoltre prevede una sanzione per chi non esibisce il tesserino e l'art. 31, comma 3, della medesima legge dà? alle regioni il potere di disciplinarne la sospensione «per particolari infrazioni o violazioni delle norme regionali sull'esercizio venatorio». Quest'ultima disposizione rende evidente che il possesso del tesserino costituisce una condizione imprescindibile per l'esercizio venatorio, ovunque questo avvenga, perché se nelle aziende agrituristico venatorie si consentisse l'esercizio della caccia senza tesserino si vanificherebbe l'eventuale provvedimento di sospensione dello stesso.

In conclusione, la prescrizione relativa al tesserino regionale non può essere derogata ed è funzionale al rispetto delle norme che, nel regolare la caccia, sono volte alla tutela della fauna e dunque dell'ambiente. Del resto, questa Corte ha già? affermato, sia pure in un risalente contesto normativo, che «il tesserino è (»?) prescritto allo scopo di assicurare il rispetto del regime della caccia controllata, quale esso è configurato dalla normazione statale» (sentenza n. 148 del 1979).

In altri termini, si può affermare che la disposizione in questione, concorrendo alla definizione del nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica, è elemento costitutivo di una soglia uniforme di protezione da osservare su tutto il territorio nazionale (sentenza n. 278 del 2012) e che la disciplina regionale di esonero dal possesso del tesserino nelle aziende agrituristico venatorie viola la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente.
Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l'illegittimità? costituzionale dell'articolo 7, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6-bis, della legge della Regione Toscana 10 giugno 2002, n. 20, recante «Calendario venatorio e modifiche alla legge regionale 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio»?)»;

2) dichiara l'illegittimità? costituzionale dell'articolo 7, comma 6, della legge della Regione Toscana 10 giugno 2002, n. 20, nel testo vigente prima della sua sostituzione ad opera dell'art. 65, comma 2, della legge della Regione Toscana 18 giugno 2012, n. 29 (Legge di manutenzione dell'ordinamento regionale 2012);

3) dichiara l'illegittimità? costituzionale dell'articolo 28, comma 12, della legge della Regione Toscana 12 gennaio 1994, n. 3 (Recepimento della legge 11 febbraio 1992, n. 157 «Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio»), nel testo vigente prima della sua abrogazione da parte dell'art. 37 della legge della Regione Toscana 18 giugno 2012, n. 29.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 2013.

-giamp50

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Risposta #18 il: 21/05/2013 - 20:13
Corte costituzionale

RUOLO DELLE CAUSE

UDIENZA PUBBLICA

Martedì, 7 maggio 2013
Ruolo dell'Udienza pubblica del 7 maggio 2013: 7

REGISTRO  ric.: 122/2012DI

ATTO PROMOVIMENTO: Presidente del Consiglio dei ministri c/ Regione Veneto

OGGETTO:

artt. 1, c. 3°, e 2, c. 1° legge Regione Veneto 06/07/2012 n. 25(Caccia - Norme della Regione Veneto - Modifiche alla legge regionale n. 50 del 9 dicembre 1993 recante "Norme per la protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio" - Esclusione dell'autorizzazione paesaggistica per la realizzazione degli appostamenti

destinati alla caccia ai colombacci;Previsione che le tipologie di appostamento di cui

all'art. 20 della legge regionale n. 50 del 1993 e dell'art 12, comma 5, della legge n. 157/1992, sono soggette a comunicazione al Comune e non richiedono titolo

abilitativo edilizio) - rif. art. 117, c. 2° lett. s), e 3° Costituzione; artt. 146 e

149 decreto legislativo 22/01/2004 n. 42; art. 3, decreto Presidente della Repubblica 06/06/2001 n. 380
PARTI E DIFENSORI
Avv. STATO Cristina GERARDIS
per Regione Veneto:

 Ezio ZANON

 Daniela PALUMBO

 Luigi MANZI
GIUDICE RELATORE

LATTANZI
video: http://www.cortecostituzionale.it/ActionPagina_1126.do

andare su Ruolo n.7

galinasa

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Risposta #17 il: 21/05/2013 - 19:27
La corte costituzionale ha discusso la legge Veneta il 7 maggio, non ci sono ancora notizie sulla decisione, l'unica  cosa sicura è che siamo stanchi della situazione, per il momento mi astengo da altri commenti e confido in un esito positivo.

Vasco

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Risposta #16 il: 21/05/2013 - 13:08
Grazie giamp, questa è una bella notizia, spero sia di giurisprudenza.

-giamp50

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Risposta #15 il: 21/05/2013 - 12:34
Olèèèè, "Vasco", per stavolta, almeno per quel che riguarda la Regione Marche, ed almeno in calcio d'angolo, ci siamo salvati, la Corte aveva emesso una Ordinanza di "manifesta inammissibilità?" che purtroppo mi era sfuggita e di cui mi scuso.

Speriamo che anche per il Veneto si abbia un esito simile, anche se sarà? ancora più dura in quanto in quel caso l'impugnazione veniva dal Governo, oramai morto e sepolto.

Copio/incollo comunque l'Ordinanza la quale meriterebbe una attenta ed approfondita lettura.
Ordinanza  314/2012

Giudizio   GIUDIZIO DI LEGITTIMITà? COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE

Presidente QUARANTA - Redattore LATTANZI

Camera di Consiglio del 20/11/2012    Decisione  del 12/12/2012

Deposito del 27/12/2012   Pubblicazione in G. U. 02/01/2013

Norme impugnate:    Art. 31, c. 1°, III periodo, lett. c), della legge della Regione Marche 05/01/1995, n. 7, come modificato dall'art. 22 della legge della Regione Marche 15/11/2010, n. 16, e dall'art. 18 della legge della Regione Marche 28/12/2010, n. 20.

Massime:   36853

Atti decisi:   ord. 129/2012
ORDINANZA N. 314
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI,
ha pronunciato la seguente

ORDINANZA
nel giudizio di legittimità? costituzionale dell'articolo 31, comma 1, terzo periodo, lettera c), della legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività? venatoria), come modificato dall'art. 22 della legge della Regione Marche 15 novembre 2010, n. 16 (Assestamento del bilancio 2010), e dall'art. 18 della legge della Regione Marche 28 dicembre 2010, n. 20, recante «Disposizioni per la formazione del Bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011/2013 della Regione (Legge Finanziaria 2011)», promosso dal Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Ancona nel procedimento penale a carico di B.G. ed altro, con ordinanza del 7 maggio 2012, iscritta al n. 129 del registro ordinanze 2012 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 27, prima serie speciale, dell'anno 2012.

Visto l'atto di intervento della Regione Marche;

udito nella camera di consiglio del 20 novembre 2012 il Giudice relatore Giorgio Lattanzi.
Ritenuto che, con ordinanza del 7 maggio 2012 (r.o. n. 129 del 2012), il Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Ancona ha sollevato, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità? costituzionale dell'articolo 31, primo comma, terzo periodo, lettera c), della legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività? venatoria), come modificato dall'art. 22 della legge della Regione Marche 15 novembre 2010, n. 16 (Assestamento del bilancio 2010), e dall'art. 18 della legge della Regione Marche 28 dicembre 2010, n. 20, recante «Disposizioni per la formazione del Bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011/2013 della Regione (Legge Finanziaria 2011)», «nella parte in cui stabilisce che gli appostamenti fissi di caccia autorizzati dalle Province in conformità? alle disposizioni della legislazione venatoria, ed aventi le caratteristiche dimensionali ivi riportate, non sono soggetti al rilascio dei titoli abilitativi edilizi»;

che il giudice rimettente riferisce di procedere nei confronti di due persone imputate: entrambe dei reati di cui agli artt. 110, 81, primo comma, cod. pen., 44, comma 1, lettera c), del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia » Testo A), e 181 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), in relazione alla realizzazione, in assenza del permesso di costruire e dell'autorizzazione paesaggistica, di cinque opere descritte nel capo di imputazione (fatti accertati il 22 novembre 2010); una di esse inoltre del reato di cui agli artt. 81, 323 e 361 cod. pen. (fatto avvenuto tra il 3 giugno e il 15 novembre 2010);

che, come riferisce ancora il rimettente, all'esito dell'udienza del 7 maggio 2012, gli imputati sono stati rinviati a giudizio per i fatti oggetto dei capi di imputazione, con esclusione, quanto al reato di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, delle condotte descritte ai punti n. 3 e n. 4 del primo capo, in relazione alle quali, su richiesta del pubblico ministero, viene prospettata la questione di legittimità? costituzionale;

che le opere descritte al punto n. 3 del primo capo di imputazione si riferiscono alla realizzazione di «un capanno per la caccia in seminterrato con struttura tamponante e copertura in elementi metallici delle dimensioni di m. 2,60 x 5,20 ed altezza m. 2,60 con portico anteriore con struttura in legno e copertura in onduline delle dimensioni di m. 1,60 x 2,55 ed altezza pari al capanno principale», mentre quelle di cui al punto 4 riguardano «un appostamento seminterrato con struttura in legno e copertura in onduline delle dimensioni di m. 2,00 x 3,00 ed altezza di m. 2,00»;

che solo in relazione a tali condotte e con esclusivo riferimento al reato di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 la questione di legittimità? costituzionale sarebbe rilevante, trattandosi di fattispecie cui la legislazione regionale avrebbe sottratto rilievo penale;

che ad avviso del rimettente le modifiche apportate all'art. 31 della legge della Regione Marche n. 7 del 1995 dall'art. 22 della legge n. 16 del 2010 e poi dall'art. 18 della legge n. 20 del 2010 della medesima Regione sono entrate in vigore quando il reato previsto dall'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 si era già? consumato, dovendosi peraltro ritenere che «tale normativa regionale, di natura extrapenale, anche laddove volesse considerarsi successiva alla consumazione del reato, abbia incidenza in termini di astratta configurabilità? del reato medesimo, trattandosi di norma successiva favorevole applicabile ai fatti pregressi» in base all'art. 2, quarto comma, cod. pen.;

che, per sostenere la non manifesta infondatezza della questione, il giudice rimettente richiama l'indirizzo unanime, anche nella giurisprudenza costituzionale, che riconosce l'esclusiva spettanza allo Stato della potestà? legislativa in materia penale, e aggiunge che dopo la modifica del Titolo V della Parte II della Costituzione tale indirizzo si sarebbe definitivamente assestato, dato che l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. stabilisce espressamente che lo Stato ha potestà? legislativa esclusiva nella materia dell'ordinamento penale;

che, osserva ancora il giudice a quo, la giurisprudenza costituzionale ha costantemente riconosciuto il «monopolio»? del legislatore statale (sentenza n. 487 del 1989), censurando più volte leggi regionali comunque incidenti sul sistema penale, in senso favorevole o contrario al reo;

che non sarebbe possibile per le Regioni «aggirare»? la potestà? esclusiva statale attraverso «modifiche mediate»? della fattispecie penale, ossia intervenendo con una disciplina amministrativa «di favore»? (così determinando una parziale «depenalizzazione»?), ovvero con una disciplina più rigorosa (ampliando quindi l'area del penalmente rilevante);

che, pertanto, dovrebbe escludersi che la scelta di criminalizzare o meno una certa condotta possa attribuirsi alla Regione, consentendo ad essa di rendere o meno applicabile a una certa attività? il regime del permesso di costruire, come sarebbe confermato dall'art. 10, comma 3 (ai sensi del quale la possibilità? attribuita alle Regioni di ampliare l'area applicativa del permesso di costruire non comporta l'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 44), e dall'art. 22 del d.P.R. n. 380 del 2001 (in forza del quale le variazioni delle categorie di interventi sottoposti dalla legge statale alla c.d. «superdia»? non incidono sul regime delle sanzioni penali);

che, anche alla luce dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità? secondo cui in materia urbanistica le disposizioni introdotte da leggi regionali devono rispettare i principi generali stabiliti dalla legislazione nazionale e, di conseguenza, devono essere interpretate in modo da non collidere con tali principi, la norma censurata sarebbe in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost.;

che la questione sarebbe rilevante, in quanto dall'applicazione della norma censurata discenderebbe la decisione del procedimento a quo, posto che «ove si ritenesse conforme a Costituzione l'intervento normativo regionale che qui si censura, ne conseguirebbe declaratoria di non doversi procedere per intervenuta modifica di norma extrapenale, favorevole al reo»;

che in base alla normativa statale i due interventi edilizi descritti sarebbero soggetti a permesso di costruire, in quanto «opere non precarie di trasformazione edilizia del territorio», mentre in base alla normativa regionale sarebbero sottratti al regime autorizzatorio, perché rientrerebbero nell'ipotesi di cui all'art. 31, primo comma, lettera c), della legge della Regione Marche n. 7 del 1995, trattandosi di manufatti che non superano il limite dimensionale di mq. 20;

che, secondo il rimettente, «che si tratti di intervento che di norma è soggetto a permesso di costruire si desume dalle stesse modifiche legislative regionali di cui si discute, che appunto stabiliscono una deroga a quella che » evidentemente » è regola generale»;

che la questione, inoltre, sarebbe rilevante perché la giurisprudenza costituzionale ha affermato che il principio di legalità? in campo penale non preclude lo scrutinio di costituzionalità?, anche in malam partem, delle c.d. norme penali di favore, ossia delle «norme che stabiliscano, per determinati soggetti o ipotesi, un trattamento penalistico più favorevole di quello che risulterebbe dall'applicazione di norme generali o comuni» (sentenza n. 394 del 2006);

che la questione sarebbe altresì non manifestamente infondata, in quanto, per un verso, la materia penale sarebbe attribuita dal legislatore costituzionale alla competenza esclusiva statale e, per altro verso, rientrando l'edilizia nella materia del «governo del territorio»?, di competenza concorrente, la normativa statale di cui agli artt. 3, comma 1, lettera e), e 10, del d.P.R. n. 380 del 2001 recherebbe la definizione di intervento edilizio e costituirebbe principio fondamentale non derogabile dal legislatore regionale, laddove la normativa regionale censurata «disciplina in modo derogatorio una determinata tipologia di intervento che in base alla normativa statale sarebbe invece soggetta ad autorizzazione, determinando di fatto la sottrazione di alcune specifiche ipotesi alla sanzione penale»;

che è intervenuto nel giudizio di legittimità? costituzionale il Presidente della Giunta della Regione Marche, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, comunque, non fondata;

che secondo la Regione il giudice rimettente avrebbe omesso di indicare un elemento della fattispecie da considerare dirimente ai fini dell'applicabilità? della norma censurata, in forza della quale il regime di favore previsto per gli appostamenti fissi di caccia, consistente nel mancato assoggettamento al rilascio dei titoli abilitativi edilizi, è subordinato a due condizioni, ossia all'intervenuta autorizzazione provinciale in conformità? alle disposizioni della legislazione venatoria (sia statale che regionale) e al rispetto dei limiti dimensionali dei manufatti secondo le tre tipologie indicate nella disposizione legislativa;

che l'ordinanza di rimessione non farebbe cenno alla prima condizione, ossia all'esistenza dell'autorizzazione provinciale, e la lacuna impedirebbe qualsiasi certezza sull'applicabilità? della norma censurata nel giudizio a quo;

che, inoltre, il limite dimensionale massimo di mq. 20 si applicherebbe ad una specifica tipologia di appostamenti fissi individuata in ragione di una pluralità? di elementi ulteriori rispetto alla mera dimensione della superficie, dovendosi trattare di appostamenti finalizzati a cacciare «palmipedi e trampolieri» e costituiti almeno da un «capanno principale collocato in prossimità? dell'acqua, sugli argini di uno specchio d'acqua o prato soggetto ad allagamento»;

che si tratterebbe di elementi costitutivi ed essenziali della «fattispecie agevolata»? prevista dal legislatore regionale, in assenza dei quali potrebbero darsi solo due ipotesi, alternative tra loro: la riconducibilità? dell'intervento nelle tipologie di cui alle lettere a) e b) dell'art. 31 della legge regionale n. 7 del 1995 ovvero l'inapplicabilità? del regime speciale di agevolazione edilizia per gli appostamenti fissi di caccia;

che tacendo su tali caratteristiche di fatto, diverse dalla semplice dimensione della superficie, l'ordinanza di rimessione impedirebbe la verifica relativa all'applicabilità? della norma censurata agli interventi edilizi oggetto dell'imputazione;

che un ulteriore profilo di inammissibilità? della questione sarebbe rappresentato dall'incompleta ricostruzione della disciplina legislativa sottoposta allo scrutinio di legittimità? costituzionale e, di conseguenza, dall'incertezza sull'individuazione dell'oggetto della questione sollevata;

che il giudice rimettente, infatti, avrebbe omesso di dare atto di due ulteriori e successivi interventi di novellazione del citato art. 31: con il primo, contenuto nell'art. 27, comma 1, della legge della Regione Marche 18 luglio 2011, n. 15 (Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 «Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività? venatoria»?), il legislatore regionale avrebbe modificato la stessa definizione di «appostamento fisso di caccia»?, escludendo espressamente che vi possano essere ricompresi i manufatti in muratura; con il secondo, contenuto nell'art. 14, comma 1, della legge della Regione Marche 10 aprile 2012, n. 7 (Ulteriori modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7: «Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività? venatoria»?), già? in vigore alla data dell'ordinanza di rimessione, il legislatore regionale avrebbe modificato proprio la lettera c) del primo comma del citato art. 31, introducendo la distinzione tra capanno principale e capanni secondari, e individuando per l'uno e per gli altri limiti dimensionali differenti;

che, avendo omesso di dar conto dei due indicati interventi novellatori, il giudice a quo avrebbe sottoposto al giudizio di legittimità? costituzionale un testo normativo diverso da quello vigente alla data dell'ordinanza e verosimilmente applicabile al caso di specie, il che determinerebbe l'inammissibilità? della questione;

che un ulteriore vizio di motivazione sulla rilevanza della questione si collegherebbe all'incompleta ricostruzione della disciplina vigente ad opera del rimettente, che non avrebbe precisato se il capanno più grande abbia o meno una struttura in muratura, ipotesi nella quale la norma censurata non troverebbe applicazione;

che, secondo la Regione Marche, la questione sarebbe comunque infondata per erroneità? del presupposto interpretativo dal quale muove il rimettente, perché la tesi secondo cui la disciplina statale contenuta nel d.P.R. n. 380 del 2001 precluderebbe in modo assoluto alle Regioni di individuare fattispecie sottratte alla necessità? del rilascio dei titoli abilitativi edilizi previsti dallo Stato sarebbe erronea in quanto frutto di una incompleta ricostruzione della legislazione statale assunta quale parametro interposto;

che il giudice a quo, infatti, non avrebbe considerato il disposto dell'art. 6 del d.P.R. n. 380 del 2001, che, nel comma 6, stabilisce che le regioni a statuto ordinario possono estendere la disciplina di cui allo stesso articolo a interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli previsti dal primo e dal secondo comma;

che con la previsione fortemente innovativa introdotta dalla legge 22 maggio 2010, n. 73, in sede di conversione del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40 (Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori), le Regioni si sarebbero viste, da un lato, sottrarre il potere di «restringere»? le aree di attività? edilizia libera previste dal legislatore statale e, dall'altro, attribuire esplicitamente il potere di ampliare le fattispecie di interventi realizzabili senza alcun titolo abitativo di natura edilizia;

che, nel nuovo contesto di legislazione statale, la Regione Marche avrebbe fatto immediato uso del potere normativo attribuitole dal citato art. 6, introducendo, con le due leggi regionali n. 16 e n. 20 del 2010, le modifiche all'art. 31, comma 1, della legge regionale n. 7 del 1995 contenenti lo speciale regime di agevolazione edilizia per manufatti ontologicamente «temporanei»? quali gli appostamenti fissi di caccia che risultino, al contempo, autorizzati dalle Province in quanto conformi alla legislazione venatoria e rispondenti alle ben delimitate caratteristiche costruttive, tipologiche, localizzative e dimensionali espressamente previste.

Considerato che, con ordinanza del 7 maggio 2012 (r.o. n. 129 del 2012), il Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Ancona ha sollevato, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità? costituzionale dell'articolo 31, primo comma, terzo periodo, lettera c), della legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività? venatoria), come modificato dall'art. 22 della legge della Regione Marche 15 novembre 2010, n. 16 (Assestamento del bilancio 2010), e dall'art. 18 della legge della Regione Marche 28 dicembre 2010, n. 20, recante «Disposizioni per la formazione del Bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011/2013 della Regione (Legge Finanziaria 2011)», «nella parte in cui stabilisce che gli appostamenti fissi di caccia autorizzati dalle Province in conformità? alle disposizioni della legislazione venatoria, ed aventi le caratteristiche dimensionali ivi riportate, non sono soggetti al rilascio dei titoli abilitativi edilizi»;

che, ad avviso del rimettente, la norma censurata sarebbe in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., perché, escludendo per gli interventi edilizi indicati il regime autorizzatorio, incide sulla disciplina prevista dall'art. 44, lettera c), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, comportandone, in relazione ad alcune fattispecie, la «parziale depenalizzazione»?, in contrasto con il «monopolio statale»? della materia penale;

che la norma censurata violerebbe altresì l'art. 117, terzo comma, Cost., perché, rientrando l'edilizia nella materia di competenza concorrente «governo del territorio»?, sarebbe in contrasto con il principio fondamentale relativo al titolo abilitativo necessario per gli interventi di nuova costruzione ex artt. 3, comma 1, lettera e), e 10 del d.P.R. n. 380 del 2001, essendo precluso alle Regioni di «individuare con legge ulteriori interventi che non siano sottoposti al rilascio del permesso di costruire»;

che la questione è manifestamente inammissibile per diverse ragioni;

che, infatti, il regime derogatorio censurato dal rimettente è subordinato al conseguimento dell'autorizzazione della Provincia in conformità? alle disposizioni della legislazione venatoria, ma l'ordinanza di rimessione non offre alcuna indicazione sulla sussistenza di tale requisito, sicché la descrizione della fattispecie risulta carente in relazione a un elemento necessario per la verifica dell'applicabilità? della norma censurata nel giudizio principale;

che, pertanto, «l'insufficiente descrizione della fattispecie e correlativamente la mancanza di motivazione sulla rilevanza comportano la manifesta inammissibilità? della questione» (ex plurimis, ordinanza n. 127 del 2012);

che, inoltre, la disposizione censurata è stata modificata, oltre che dalle leggi della Regione Marche n. 16 del 2010 e n. 20 del 2010, richiamate dal rimettente, dall'art. 27, comma 1, della legge della Regione Marche 18 luglio 2011, n. 15 e dall'art. 14, comma 1, della legge della Regione Marche 10 aprile 2012, n. 7, entrambe entrate in vigore prima della deliberazione dell'ordinanza di rimessione;

che l'ordinanza di rimessione non ha dato conto delle modifiche introdotte dalle leggi della Regione Marche n. 15 del 2011 e n. 7 del 2012, sia pure, eventualmente, per escluderne la rilevanza nel giudizio a quo;

che la mancata considerazione delle modifiche della disposizione censurata intervenute prima dell'ordinanza che solleva la questione di legittimità? costituzionale si risolve in una carenza di motivazione sulla rilevanza (ex plurimis, ordinanza n. 310 del 2007), rendendo, anche sotto questo profilo, la questione manifestamente inammissibile;

che, sotto un ulteriore profilo, deve rilevarsi che l'ordinanza di rimessione, dopo avere premesso che le due modifiche legislative prese in considerazione sono entrate in vigore in un momento in cui il reato di cui all'art. 44, comma 1, lettera c), del d.P.R. n. 380 del 2001 «si era già? consumato», ha ritenuto che «tale normativa regionale, di natura extrapenale, anche laddove volesse considerarsi successiva alla consumazione del reato, abbia incidenza in termini di astratta configurabilità? del reato medesimo, trattandosi di norma successiva favorevole applicabile ai fatti pregressi in base all'art. 2, comma 4, c.p.»;

che con tale affermazione il giudice rimettente mostra di ritenere che la successione di leggi extrapenali, integratrici della norma penale ha in ogni caso la stessa efficacia retroattiva, abolitrice del reato, riconosciuta dall'art. 2, secondo comma, cod. pen. alla successione di norme penali;

che l'esistenza di un principio del genere è assai controversa;

che il tema della successione di leggi extrapenali, integratrici della norma penale, nella sua complessità?, ha formato oggetto di approfondimenti anche recenti da parte della Corte di cassazione (Sez. un., 27 settembre 2007, n. 2451/08) dei quali il rimettente non ha tenuto conto e che, in particolare, un orientamento, già? richiamato da questa Corte, «subordina comunque l'applicabilità? dell'art. 2 cod. pen. alla condizione, da verificare caso per caso, che la modifica (o l'abrogazione) delle norme extrapenali incida sullo stesso giudizio di disvalore della condotta incriminata sotteso alla comminatoria di pena, e non si limiti soltanto a precisare la fattispecie precettiva» (ordinanza n. 415 del 2004);

che il rimettente non ha considerato la complessità? del tema, omettendo di indicare le ragioni che avrebbero potuto giustificare le sue conclusioni, sicché, pure sotto questo aspetto, «la motivazione sulla rilevanza risulta evidentemente parziale e inadeguata» (ordinanza n. 415 del 2004).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità? della questione di legittimità? costituzionale dell'articolo 31, primo comma, terzo periodo, lettera c), della legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7 (Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività? venatoria), come modificato dall'art. 22 della legge della Regione Marche 15 novembre 2010, n. 16 (Assestamento del bilancio 2010), e dall'art. 18 della legge della Regione Marche 28 dicembre 2010, n. 20, recante «Disposizioni per la formazione del Bilancio annuale 2011 e pluriennale 2011/2013 della Regione (Legge Finanziaria 2011)», sollevata, in riferimento all'articolo 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, della Costituzione, dal Giudice dell'udienza preliminare presso il Tribunale di Ancona con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 dicembre 2012.

F.to:

Alfonso QUARANTA, Presidente

Giorgio LATTANZI, Redattore

Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 27 dicembre 2012.

Il Cancelliere

F.to: Roberto MILANA

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Risposta #14 il: 21/05/2013 - 04:49
Chiedo scusa se ingombro il forum con queste copie/incollo.

Ma credo che sia opportuno che i cacciatori sappiano quale sia la GUERRA IN CORSO e quale sia la POSTA IN GIOCO.

E quali siano le responsabilità? delle Dirigenze regionali e nazionali delle Associazioni Venatorie nel loro inspiegabile assenteismo.

Chi può prema sui propri dirigenti venatori.

A mio modesto avviso le Associazioni Venatorie nazionali avrebbero dovuto fin da subito costituire un pool di giuristi costituzionalisti ed offrirlo come supporto agli uffici legali delle Regioni a sostegno alle leggi regionali sotto attacco.

-giamp50

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Risposta #13 il: 21/05/2013 - 04:34
copio/incollo VENETO

IL Consiglio dei Ministri IMPUGNA LA L.R. SUGLI APPOSTAMENTI
Thiene, lì 6 settembre 2012
COMUNICAZIONE URGENTE A TUTTI I PRESIDENTI COMUNALI ACV-CONFAVI DEL VENETO
Oggetto: Impugnativa da parte del Consiglio dei Ministri del 05/09/2012 della legge regionale n. 25 del 6 luglio 2012 in materia di appostamenti per l'esercizio dell'attività? venatoria.
Carissimi,
dobbiamo purtroppo comunicarVi che il Consiglio dei Ministri, nella seduta di ieri 05/09/29012, ha deciso di impugnare dinanzi alla Corte costituzionale la legge regionale n. 25 del 6 luglio 2012 ( pubblicata sul B.U.R. n. 55 del 13 luglio 2012 ), sollevando la questione di legittimità? costituzionale secondo quanto previsto dall'art. 127 della Costituzione.

Il motivo dell'impugnativa sarebbe da ricercarsi nella decisione della Regione del Veneto di disporre l'esclusione dell'autorizzazione paesaggistica ed urbanistica per la realizzazione di appostamenti per l'attività? venatoria, decisione che, a giudizio del Consiglio dei Ministri, comporterebbe una invasione da parte della Regione del Veneto della potestà? legislativa di esclusiva competenza statale.
Rimanendo a disposizione per qualsiasi ulteriore chiarimento necessitasse, provvediamo ad allegare copia del pronunciamento del Consiglio dei Ministri del 5 settembre 2012.
Il Presidente

Maria Cristina Caretta
Modifiche alla legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio".

(06-07-2012)

Regione: Veneto
Estremi: legge n.25 del 06-07-2012
Bur: n. 55 del 13-07-2012
Settore: Politiche infrastrutturali
Delibera C.d.M. del: 05-09-2012 / Impugnativa
Motivi dell''impugnativa: Il provvedimento legislativo in esame, attraverso il quale la Regione Veneto modifica precedenti norme in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, presenta profili di illegittimità? costituzionale. 1) L''art. 1, comma 3, nell''aggiungere dopo il comma 3 dell''articolo 20 bis della legge regionale 9 dicembre 1993, n. 50, il comma 3 bis, dispone l''esclusione dell''autorizzazione paesaggistica per la realizzazione degli appostamenti destinati alla caccia ai colombacci, mentre l''art. 2, comma 1, modificativo dell''art. 9, comma 2, lett. h), della stessa legge, opera una estensione generalizzata di tale esclusione ad ogni tipologia di appostamento per l''esercizio dell''attività? venatoria. Il legislatore regionale, stabilendo ulteriori ipotesi di interventi edilizi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica di cui all''art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 (cd. "Codice dei beni culturali e del paesaggio"), invade la potestà? legislativa esclusiva statale in materia di in materia di tutela dell''ambiente, dell''ecosistema e dei beni culturali, ex art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione. Infatti, gli interventi edilizi esclusi dall''autorizzazione paesaggistica sono previsti in via tassativa dall''art. 149 del d.lgs. n. 42/2012, né la realizzazione degli appostamenti è ascrivibile alle fattispecie di "interventi di lieve entità?" soggetti ad autorizzazione semplificata di cui all''allegato 1 del D.P.R. 9 luglio 2010, n. 139. 2) L''art. 2 della legge in esame si pone in contrasto con l''art. 3, co. 1, lett. e.5) del D.P.R. n. 380/2001 ("Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia"), nella parte in cui prevede che le tipologie di appostamento di cui all''art. 20 della l.r. n. 50/1993 e all''art. 12, co. 5, della l. n. 157/1992 sono soggette a comunicazione al comune e non richiedono titolo abilitativo edilizio. Benché l''art. 6, comma 6, del D.P.R. n. 380/2001 consente alle regioni di estendere la disciplina dell''attività? edilizia libera a interventi edilizi ulteriori rispetto a quelli previsti dal medesimo articolo 6 questa facoltà? non può comportare l''abrogazione di quanto previsto all''articolo 3 del D.P.R. n. 380/2001. Secondo questa ultima disposizione, sono inclusi tra gli interventi di nuova costruzione "l''installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee." Al riguardo, la Corte Costituzionale ha recentemente ribadito il principio per cui ogni trasformazione permanente del territorio necessita di titolo abilitativo e ciò anche ove si tratti di strutture mobili, ancorché esse non abbiano carattere precario e che il discrimine tra necessità? o meno del titolo abilitativo è dato da un duplice elemento: precarietà? oggettiva dell''intervento, in base alle tipologie dei materiali utilizzati, e precarietà? funzionale, in quanto caratterizzata dalla temporaneità? dello stesso (cfr. C. Cost. n. 171/2012, punto 3). Nel caso di specie, poiché le tipologie di appostamento cui fa riferimento la norma sono tipologie di appostamento fisse, il requisito della precarietà? funzionale non è sussistente. La disposizione, quindi, è invasiva della potestà? legislativa statale in materia di governo del territorio per violazione delle disposizioni di principio contenute all''art. 3 del d.p.r. n. 380/2001. In conclusione, la legge impugnata invade la potestà? legislativa statale prevista dall''art. 117, co. 2, lett. s), considerando la violazione delle disposizioni statali interposte in materia di tutela dell''ambiente, dell''ecosistema e dei beni culturali (in particolare delle norme contenute agli artt. 146 e 149 del d.lgs. 42/2004), nonché la potestà? legislativa statale in materia di governo del territorio di cui all''art. 117, co. 4, Cost., per il contrasto con le disposizioni statali di principio in materia di governo del territorio di cui all''art. 3 del d.p.r. n. 380/2001. Per tali motivi, si ravvisa la necessità? di proporre la questione di legittimità? costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale secondo quanto previsto dall''art. 127 della Costituzione.

__________

Sergio Berlato

Postato il : 03/10/2012 20.26.19

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Risposta #12 il: 21/05/2013 - 04:26
Consiglio dei Ministri n.47 del 28/09/2012
28 Settembre 2012
Il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi alle ore 10.00 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Ministro più anziano, Piero Giarda, in assenza del Presidente del Consiglio, Mario Monti, in missione all'estero.
Il Consiglio dei Ministri  ...

Su proposta del Ministro affari regionali, turismo e sport, il Consiglio ha esaminato trentatrè leggi regionali. Nell'ambito di tali leggi, ha deliberato l'impugnativa dinanzi alla Corte Costituzionale:

...

- della legge Regione Liguria n. 27 del 06 agosto 2012 «Modifiche alla legge regionale 1 luglio 1994, n. 29 (Norme regionali per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio)»? in quanto contiene alcune disposizioni in contrasto con le norme statali in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema;
Per altre leggi regionali il Consiglio ha deliberato la non impugnativa. Si tratta delle seguenti leggi:
15) Legge Regione Marche n.27 dell' 1/08/2012 "Ulteriori modifiche alla l. r. 5 gennaio 1995, n. 7: «Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attività? venatoria»? e modifica alla legge regionale 10 aprile 2012, n. 7.»?

-giamp50

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Risposta #11 il: 21/05/2013 - 04:09
Corte costituzionale

RUOLO DELLE CAUSE

UDIENZA PUBBLICA

Martedì, 21 maggio 2013
Presidente del Consiglio dei

ministri c/ Regione Lombardia

art. 1, c. 1° lett. b) legge Regione Lombardia

31/07/2012 n. 15

(Norme della Regione Lombardia - Attività? di

allenamento e addestramento dei cani - Previsione della

possibilità? di esercizio anche in periodi di caccia chiusa)

- rif. art. 117, c. 2° lett. s) Costituzione; art. 10, c. 8°

lett. e) legge 11/02/1992 n. 157
Presidente del Consiglio dei

ministri c/ Regione Veneto

art. 2, c. 2° e 3° legge Regione Veneto 10/08/2012 n.

31

(Caccia - Norme della Regione Veneto - Disciplina

delle attività? di movimento dei giovani cani, ivi

compresi quelli da destinare all'esercizio dell'attività?

venatoria - Norme in materia di addestramento e di

identificazione e registrazione dei cani)

- rif. art. 117, c. 1°, 2° lett. s), e 3° Costituzione; art. 10,

c. 8° legge 11/02/1992 n. 157; art. 4, c. 1° regolamento

CE n.998/2003 del 26/05/2003

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Risposta #10 il: 20/05/2013 - 19:08
Mi auguro bene per noi "Vasco", ma anch'io temo!

Certo è che, se cadranno Veneto e Marche, poi l'effetto domino sarà? incontenibile.

Vasco

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Risposta #9 il: 20/05/2013 - 18:48
Come finirà? giamp?....

La vedo brutta.

-giamp50

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Risposta #8 il: 20/05/2013 - 12:41
Incollo anche questa ordinanza del GUP di rimessione alla Corte Costituzionale, in modo che, quando verrà? la sentenza, si possa risalire.
 N. 129 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 maggio 2012 Ordinanza del 7 maggio 2012 emessa dal G.U.P. del Tribunale di Ancona nel procedimento penale a carico di Bugaro Giacomo contro Natalini Armando. Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Marche - Esercizio venatorio da appostamento fisso e temporaneo - Previsione che gli appostamenti fissi di caccia autorizzati dalle Province in conformita' alle disposizioni della legislazione venatoria aventi determinate caratteristiche dimensionali non siano soggetti al rilascio dei titoli abilitativi edilizi - Contrasto con i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale in materia - Violazione della competenza legislativa concorrente statale in materia di governo del territorio - Violazione della competenza legislativa statale esclusiva in materia di ordinamento penale. - Legge della Regione Marche 5 gennaio 1995, n. 7, art. 31, comma 1, terzo periodo, lett. c), come modificato dall'art. 22 della legge della Regione Marche 15 novembre 2010, n. 16 e dall'art. 18 della legge della Regione Marche 28 dicembre 2010, n. 20. - Costituzione, art. 117, commi secondo, lett. l), e terzo. (GU n.27 del 4-7-2012)  
DISPOSITIVO

                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 31 comma I, terzo periodo lett.  C)  della  legge

regionale Marche 5.1.1995 n. 7, (come modificato dall'art.  22  della

legge regionale Marche n. 16 del  15.11.2010  e  dall'art.  18  della

legge regionale Marche  n.  20  del  28.12.2010);  art.  1  L.  Cost.

9/2/1948 e 23 L. 11/3/1953 n. 87.

    Accoglie la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 31

legge regionale Marche n. 7 del 1995 cosi' come modificato  dall'art.

22 della l.r. Marche 15.11.2010 n.  16  e  dall'art.  18  della  l.r.

Marche 28.12.2010 n. 20.

    Per contrarieta' all'art. 117 comma II lett. L) e comma III della

Costituzione.

    Sospende il procedimento in corso limitatamente ai punti nn. 3  e

4 di cui al capo di imputazione sub a) in relazione al solo  art.  44

comma I lett. e) d.P.R. n. 380/2001.

    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte

costituzionale.

    Ordina la notificazione della presente  ordinanza  al  Presidente

della Giunta  regionale  delle  Marche  e  la  sua  comunicazione  al

Presidente del Consiglio regionale delle Marche.

    Manda la Cancelleria per gli adempimenti.
      Ancona, addi' 7 maggio 2012
            Il giudice per l'udienza preliminare: Zagoreo
TESTO

                           IL TRIBUNALE
    Norme interessate: art. 31 comma I, terzo periodo lett. C)  della

legge regionale Marche 5.1.1995 n. 7,  come  modificato  dalle  leggi

regionali n. 16 e n. 20 del 2010 in relazione all'art.  117  comma  2

lett. L) e comma 3 della Costituzione.

    Visto il procedimento indicato in epigrafe a carico di:

        1 -  Bugaro  Giacomo,  nato  ad  Ancona  il  30/06/1969,  ivi

residente in via Toti n.  1,  elettivamente  domiciliato  in  Ancona,

P.zza Plebiscito n. 55, contro l'avv. Maurizio Barbieri;

        2  -  Natalini  Armando,  nato  a  Polverigi  il  16/02/1960,

residente a Chiaravalle via Galilei n. 11;

    Imputati entrambi, per i reati di cui:

        a) agli artt. 110, 81, 1° co., C.P., 44 c. 1 lett. c)  d.P.R.

n. 380/2001, 181 d.lgs. n. 42/2004,  perche',  previo  accordo  e  in

concorso tra  loro,  il  primo  quale  esecutore,  il  secondo  quale

responsabile  dell'Area  Gestione  del  Territorio  del   Comune   di

Chiaravalle,  in  assenza  del  permesso   di   costruire   e   della

autorizzazione  paesaggistica,  realizzavano  e/o   consentivano   di

realizzare, sul  terreno  identificato  catastalmente  al  foglio  15

mappale 17 e 24 del  comune  di  Chiaravalle,  sottoposta  a  vincolo

ambientale ai sensi del citato T.U. in quanto sito  nella  fascia  di

rispetto del Fiume Esino, le seguenti opere:

          1.  un  invaso  di  acque  finalizzato  alla  caccia  delle

dimensioni di m 75à?140 circa per uno sviluppo di mq 10.500,00 circa;

          2. un argine di altezza variabile fino ad un massimo di  m.

2,00 rispetto alla quota originaria; per il contenimento delle acque;

          3. nella  parte  centrale  un  capanno  per  la  caccia  in

seminterrato  con  struttura  tamponante  e  copertura  in   elementi

metallici delle dimensioni di m  2,60à?5,20  ed  altezza  m  2,60  con

portico anteriore con struttura in  legno  e  copertura  in  onduline

delle  dimensioni  di  m.  1,60à?2,55  ed  altezza  pari  al   capanno

principale;

          4.  nell'angolo  direzione   autostrada   un   appostamento

seminterrato con struttura in legno e  copertura  in  onduline  delle

dimensioni di m. 2,00à?3,00 ed altezza m. 2,00;

          5.  una  condotta  interrata  per  l'adduzione   dell'acqua

all'invaso fino al pozzo sulla  corte  della  vecchia  casa  colonica

preesistente;

    Acc. in Chiaravalle il 22.11.2010.

    Il solo Natalini:

        b) reato p. e p. dagli artt.  81,  323,  361  c.p.,  perche',

nella qualita' di cui sub a), allo  scopo  di  consentire  al  Bugaro

l'indebito vantaggio patrimoniale consistente nella  possibilita'  di

effettuare la caccia  (avente  ad  oggetto  patrimonio  indisponibile

dello  Stato)  da  luoghi  non  consentiti,  essendo  stato  posto  a

conoscenza con comunicazione dello stesso Bugaro  in  data  3.6.2010,

della prossima effettuazione delle opere abusive pure  descritte  sub

a), ometteva qualsiasi controllo sulle stesse, e, pur  essendo  stato

notiziato in data 28.9.2010 della  sussistenza  delle  opere  abusive

preannunciate,  ometteva  di  inoltrare  qualsiasi  comunicazione  di

notizia di reato alle autorita' competenti.

    Avvenuto tra il 3.06.2010 e il 15.11.2010 in Chiaravalle.

    Persona offesa sindaco pro-tempore comune di Chiaravalle.

    Parte civile WWF Italia, via Po n. 25 - Roma.

    Osserva nell'ambito del procedimento sopra  indicato,  a  seguito

della richiesta di  rinvio  a  giudizio  trasmessa  in  data  25.2.12

dall'ufficio di Procura, veniva fissata - dopo un rinvio dell'udienza

del 16.4.12 disposto per difetti di  notifiche  -  l'odierna  udienza

preliminare, in esito  alla  quale  entrambi  gli  imputati  venivano

rinviati a giudizio per il reato di cui all'art. 181 d.lgs. 42/04  e,

limitatamente alle condotte descritte ai punti nn. 1, 2 e 5,  per  il

reato di cui all'art. 44 c.1 lett. c) d.P.R.  n.  380/2001,  il  solo

Natalini anche per i reati di cui agli  artt.  323,  361  c.p.,  come

meglio indicato in epigrafe.

    Con memoria depositata in data 3.5.12, cui il P.M. di udienza  si

riportava nel corso delle odierne conclusioni, l'Ufficio  di  Procura

avanzava richiesta di dichiarazione  di  rilevanza  e  non  manifesta

infondatezza, nel senso di cui si dira' ed in relazione all'art.  117

della Costituzione, della questione  di  legittimita'  costituzionale

della legge regionale Marche n. 7 del 5.1.1995, cosi' come modificata

dalle leggi regionali n. 16 e n. 20 del 2010.

    La questione prospettata merita accoglimento.

    Deve innanzitutto premettersi che la  questione  di  legittimita'

costituzionale  viene  da  questo  Giudice   prospettata   solo   con

riferimento alle condotte descritte ai punti nn. 3 e 4  del  capo  di

imputazione sub a) ed in relazione al solo art. 44 comma 1  lett.  c)

d.P.R. n. 380/2001, in quanto solo in relazione ad esse da  ritenersi

rilevante, trattandosi di fattispecie cui, per  quanto  si  dira'  di

seguito, la legislazione regionale ha sottratto rilievo penale.

    Infatti, le modifiche alla legislazione regionale in  materia  di

appostamenti  di  caccia,  riverberano  direttamente  effetti   sulla

fattispecie  di  cui  all'art.  44  lett.   c)   d.P.R.   n.   380/01

(realizzazione di appostamento fisso  di  caccia  senza  permesso  di

costruire),  nella  fattispecie   al   vaglio   di   questo   Giudice

riguardanti, dunque, le sole ipotesi descritte ai punti nn. 3 e 4 (si

ribadisce che quanto alle condotte descritte ai punti nn. 1,  2  e  5

gli imputati sono stati rinviati a giudizio non  ritenendosi  che  la

legislazione regionale abbia operato la  «parziale  depenalizzazione»

anche delle fattispecie ivi descritte, relative alla  costruzione  di

un invaso di acque di circa mq 10.500, di un argine di altezza sino a

m. 2 per il  contenimento  delle  acque  stesse  e  di  una  condotta

interrata  per   l'adduzione   dell'acqua).   Dunque,   la   parziale

depenalizzazione  ad  opera  della  legge  regionale  non  puo'   non

ritenersi che inerire la costruzione del capanno  per  la  caccia  in

seminterrato e dell'appostamento  seminterrato,  opere  compiutamente

descritte ai punti nn. 3 e 4 del capo di imputazione sub a).

    La legge regionale n. 7 del 1995 (in particolare,  per  quel  che

qui interessa, l'art. 31)  e'  stata  oggetto  di  due  successive  e

ravvicinate modifiche, ad opera  dapprima  dell'art.  22  della  l.r.

15.11.2010 n. 16, poi dell'art. 18 della l.r. 28.12.2010 n. 20.

    Con la legge n. 16 e' stato  dapprima  aggiunto  l'inciso,  sotto

riportato in grassetto: «Gli appostamenti fissi di caccia autorizzati

dalle Province in conformita' alle  disposizioni  della  legislazione

venatoria non sono  soggetti  alle  prescrizioni  normative  previste

dalla 1.r. 34/1992 e non sono soggetti,  altresi',  al  rilascio  dei

titoli abilitativi edilizi previsti dalle normative vigenti,  purche'

conformi ai limiti dimensionali e alle modalita' costruttive  fissati

dalla Giunta regionale»; modifica vigente a decorrere dal 19.11.2010.

    Poi, con  la  successiva  legge  n.  20  il  comma  cosi'  veniva

modificato (sempre in grassetto): «Gli appostamenti fissi  di  caccia

autorizzati dalle Province in  conformita'  alle  disposizioni  della

legislazione venatoria non sono soggetti alle prescrizioni  normative

previste dalla  1.r.  34/1992  e  non  sono  soggetti,  altresi',  al

rilascio dei titoli  abilitativi  edilizi  previsti  dalle  normative

vigenti, purche' abbiano le seguenti dimensioni:

        a)  appostamento  fisso  alla  minuta  selvaggina,  di  norma

collocato a terra, avente dimensioni non superiori a 9 mq;

        b) appostamento fisso per colombacci costituito da un capanno

principale collocato a terra o su alberi o traliccio artificiale  con

dimensioni non superiori a 9 mq  per  ciascun  capanno  principale  o

secondario;

        c) appostamento fisso per palmipedi e trampolieri  costituito

da un capanno collocato in prossimita' dell'acqua,  sugli  argini  di

uno  specchio  d'acqua  o  prato  soggetto  ad  allagamento  le   cui

dimensioni non possono superare complessivamente i 20 mq.»;  modifica

vigente dal giorno 1.1.2011.

    Le due modifiche legislative, di cui l'ultima,  in  relazione  al

dettato  normativo  di  cui  alla  lett.  c)  descrittiva   in   modo

perfettamente coincidente la fattispecie al vaglio di questo Giudice,

sono divenute vigenti (rispettivamente, come detto, il 19.11.2010  ed

il 1.1.2011) in un momento in cui il reato di cui all'art.  44  lett.

c) si era gia' consumato.

    Se  e'  vero  infatti  che  nel  capo  di  imputazione  si  legge

«Accertato in data 22.11.2010», e' altrettanto pacifico, in base agli

atti,  che  le  opere  risultano  ultimate  in   epoca   antecedente,

senz'altro entro il settembre 2010.

    Tuttavia deve ritenersi che tale normativa regionale,  di  natura

extrapenale,  anche  laddove  volesse  considerasi  successiva   alla

consumazione del  reato,  abbia  incidenza  in  termini  di  astratta

configurabilita' del reato medesimo, trattandosi di norma  successiva

favorevole applicabile ai fatti pregressi in base all'art.  2,  comma

4, c.p.

    Va a questo punto  valutata  la  questione  della  non  manifesta

infondatezza  della   legittimita'   costituzionale   dell'intervento

normativo regionale.

    Come  noto,  unanime  giurisprudenza,  anche  costituzionale,   e

dottrina maggioritaria hanno sempre sostenuto che in  materia  penale

la potesta' legislativa spetti esclusivamente allo Stato.

    Con la nota modifica del titolo V della Costituzione risalente al

2001,  peraltro,  il  tema  sembra  aver  raggiunto  una   definitiva

soluzione:  l'art.  117  c.  2  lett.  L)  Cost.  stabilisce  infatti

espressamente che lo Stato ha potesta'  legislativa  esclusiva  nella

materia   dell'ordinamento   penale,    non    potendosi    ritenere,

evidentemente,  ammissibile  che   uno   stesso   comportamento   sia

sanzionato penalmente in una certa Regione e non in un'altra, essendo

il bene in gioco, da una  parte,  quello  della  liberta'  personale,

dall'altra, quello, pure rilevante, di volta in  volta  tutelato  dal

precetto penale.

    La Corte  costituzionale  -  nell'interpretazione  del  principio

della riserva di legge in materia penale, posto  dall'art.  25  c.  2

Cost.  -  ha  infatti  costantemente  affermato  il  «monopolio»  del

legislatore  statale,  fondando  tale  posizione  su  un'esegesi  del

complessivo sistema costituzionale che  disvela  la  statualita'  del

ramo penale del diritto in ogni vicenda costitutiva o estintiva della

punibilita'.

    E' stato evidenziato, in particolare, che (cfr  sentenza  n.  487

del  25.10.89  riferita  a  disposizioni  legislative  della  Regione

Siciliana incidenti sul regime di condono edilizio posto dall'art. 31

della L. 47/1985):

        a) la scelta circa le restrizioni dei beni fondamentali della

persona e' cosi' impegnativa che non puo' non  essere  di  pertinenza

dello Stato;

        b) la riserva di competenza alla legge statale e'  anche  una

conseguenza della necessita' che vi  siano  in  tutto  il  territorio

nazionale condizioni di eguaglianza nella  fruizione  della  liberta'

personale, pena la violazione dell'art. 3 Cost.;

        c)  un  eventuale  pluralismo  di  fonti   regionali   penali

contrasterebbe con il principio dell'unita' politica dello Stato.

    La Consulta dunque, in coerenza con tali principi, ha piu'  volte

censurato leggi regionali comunque incidenti sul sistema  penale,  in

senso cioe' favorevole o contrario al reo.

    E' parimenti  evidente  che  non  e'  possibile  per  le  Regioni

«aggirare»  la  potesta'  esclusiva  statale  attraverso   «modifiche

mediate» della fattispecie penale, ossia intervenendo (per stare alla

materia urbanistica) con disciplina amministrativa «di favore» (cosi'

determinando una parziale «depenalizzazione»), ovvero con  disciplina

piu' rigorosa (cosi',  viceversa,  ampliando  l'area  del  penalmente

rilevante).

    In entrambi i modi, di fatto, il risultato sarebbe quello di  una

diretta incidenza legislativa regionale nel diritto penale, in  senso

meno punitivo ovvero maggiormente punitivo: il che e' ora chiaramente

vietato dal precetto costituzionale sopra richiamato.

    Deve escludersi, pertanto, in ossequio al principio di legalita',

che la scelta di criminalizzare  o  meno  una  certa  condotta  possa

attribuirsi alla Regione, consentendo l'opzione fra attrarre  o  meno

una certa attivita' al regime del permesso di costruire.

    Non a caso il legislatore statale, con intervento coevo a  quello

di modifica  costituzionale,  ha  inteso  precisare  i  rapporti  tra

interventi regionali e area penale.

    Infatti, proprio il  d.P.R.  6.6.2001  n.  380  (Testo  unico  in

materia edilizia,  che  funge  da  legge-cornice  in  relazione  alla

concorrente potesta' normativa regionale: cfr. ancora art. 117 Cost.,

che al comma 3 tra le varie materie indica anche quella  del  governo

del territorio) detta in tal senso una disciplina inequivocabile:

        a) l'art. 10, comma 3 del t.u. edilizia consente alle Regioni

l'esercizio  di  una  flessibilita'  normativa  nella  direzione   di

ampliare l'area  applicativa  del  permesso  di  costruire;  ma  tale

ampliamento, proprio  per  evitare  la  creazione  di  nuove  ipotesi

«regionali» assistite da sanzione penale, testualmente «non  comporta

l'applicazione delle sanzioni di cui all'art. 44»; ed  e'  appena  il

caso di rilevare che, coerentemente, il testo unico non  prevede  per

le Regioni la  possibilita'  opposta,  ossia  quella  di  individuare

interventi sottratti al regime del permesso di costruire;

        b) in parallelo, ed ai sensi dell'art. 22, comma 4, del  t.u.

edilizia, le  Regioni  (a  statuto  ordinario)  possono,  con  legge,

ampliare o ridurre l'ambito  applicativo  della  denuncia  di  inizio

dell'attivita' (D.I.A.), con la specificazione che gli ampliamenti  o

le riduzioni delle categorie sottoposte dalla legge statale alla c.d.

«SUPERDIA» (art. 22 c. 3 t.u.  edilizia)  non  incidono,  pero',  sul

regime delle sanzioni penali (come infatti e' noto  la  realizzazione

di interventi edilizi ai sensi dell'art. 22 c.  3  e'  presidiata  da

sanzione penale: art. 44, c.  2-bis  t.u.  edilizia)  che  alla  sola

normativa statale si correlano, in considerazione dei ridetti  limiti

posti dalla Costituzione alla potesta' legislativa regionale.

    Le legge regionale in parola, dunque,  appare  in  contrasto  con

l'art. 117, c. 2, lett. L) Cost.

    Di recente, proprio in relazione a  casi  del  tutto  analoghi  a

quello in esame (legge regionale che sottrae un intervento al  regime

del permesso di costruire) la Corte di cassazione  ha  inoltre  avuto

modo di  precisare  che  «in  materia  urbanistica,  le  disposizioni

introdotte da leggi regionali devono rispettare i  principi  generali

stabiliti dalla legislazione  nazionale,  e  conseguentemente  devono

essere interpretate in modo da non collidere con  i  detti  principi»

(Cass. pen. Sez. 3, n. 2017 del 25/10/2007, Rv.  238555;  Cass.  pen.

Sez. 3, n. 33039 del 15/06/2006, Rv. 234935; Cass. pen.  Sez.  3,  n.

24201 del 25/05/2005, Rv. 231948).

    Si nota qui un ulteriore e concorrente approccio  alla  questione

di cui si tratta: il problema cioe' riguarda  non  soltanto  il  tema

della potesta' legislativa statale esclusiva (la materia penale),  ma

anche quello della potesta' legislativa concorrente (art.  117  c.  3

Cost.: nel nostro caso, il governo del territorio).

    Riguardando la questione dal punto di  vista  della  materia  del

«governo del territorio», infatti, tutte le volte che alla  normativa

regionale possa  essere  data  un'interpretazione  costituzionalmente

orientata, in armonia con i  «principi  fondamentali  della  materia»

delineati dalla legge-quadro statale, non sara' necessario  da  parte

del giudice sollevare la questione di costituzionalita'  della  legge

regionale, per contrasto con la legge-cornice, con  riferimento  alla

violazione dell'art. 117 c.  3  Cost.  Deve  evidenziarsi,  circa  la

possibilita' di intervento della Consulta sulla costituzionalita'  di

una legge regionale proprio  in  materia  edilizia  e  con  specifico

riferimento a previsioni regionali di interventi  senza  permesso  di

costruire in violazione della legge-quadro statale, la recente  Corte

cost. 21.11.2011 n. 309, secondo la quale «sono principi fondamentali

della  materia  le  disposizioni  che  definiscono  le  categorie  di

interventi,  perche'  e'  in  conformita'  a  queste  ultime  che  e'

disciplinato il  regime  dei  titoli  abilitativi,  con  riguardo  al

procedimento e  agli  oneri,  nonche'  agli  abusi  e  alle  relative

sanzioni, anche penali. L'intero corpus normativo statale  in  ambito

edilizio  e'  costruito  sulla  definizione  degli  interventi,   con

particolare  riferimento  alla  distinzione   tra   le   ipotesi   di

ristrutturazione   urbanistica,   di   nuova   costruzione    e    di

ristrutturazione edilizia  cosiddetta  pesante,  da  un  lato,  e  le

ipotesi di ristrutturazione edilizia cosiddetta leggera e degli altri

interventi  (restauro  e   risanamento   conservativo,   manutenzione

straordinaria e manutenzione ordinaria), dall'altro.  La  definizione

delle diverse categorie di interventi edilizi  spetta,  dunque,  allo

Stato».   Sulla   base   di   tali   premesse,   veniva    dichiarata

incostituzionale una disposizione della legge Lombardia 11.3.2005  n.

12 nella parte in cui escludeva  l'applicabilita'  del  limite  della

sagoma  alle  ristrutturazioni  edilizie   mediante   demolizione   e

ricostruzione.

    Ne' vi sara' contrasto con  l'art.  117  c.  2  lett.  L)  Cost.,

poiche' a quell'interpretazione seguira' un regime amministrativo non

difforme da quello previsto dalla normativa statale, con  persistente

configurabilita' della sanzione penale.

    Venendo alla norma in esame (art. 31 c. 1, terzo  periodo,  legge

regionale Marche 5.1.1995 n. 7, come modificato dalle leggi regionali

n.  16  e  n.  20  del  2010)   questa   appare   insuscettibile   di

interpretazione «conservativa», trattandosi di  norma  che,  in  modo

perentorio,  sottrae  al  regime  del  permesso  di   costruire   gli

appostamenti fissi di caccia con determinate caratteristiche.

    Di conseguenza si impone l'eccezione  di  incostituzionalita'  di

detta norma, per contrarieta' sia all'art.  117,  comma  2  lett.  L)

Cost., sia al comma 3 del  medesimo  articolo,  in  quanto  la  legge

regionale da una parte determina un'area  di  penale  irrilevanza  in

contrasto con il «monopolio statale» della materia penale, dall'altra

viola  i  «principi  fondamentali  della  materia»   previsti   dalla

normativa statale all'art. 3 c. 1 lett.  e)  ed  all'art.  10  d.P.R.

6.6.2001 n. 380.

    La questione deve poi  ritenersi  senz'altro  rilevante,  poiche'

dall'applicazione della norma censurata  discende  la  decisione  del

presente procedimento:  ove  si  ritenesse  conforme  a  Costituzione

l'intervento normativo regionale che qui si censura, ne conseguirebbe

declaratoria di non doversi procedere  per  intervenuta  modifica  di

norma extrapenale, favorevole al reo.

    Appare senz'altro rilevante procedere alla  qualificazione  degli

interventi edilizi - si rammenta i soli descritti ai punti nn. 3 e  4

del capo di imputazione sub a) - al fine di accertare la  commissione

del reato contestato: intervento che in base alla  normativa  statale

e' soggetto a permesso di costruire trattandosi di opere non precarie

implicanti trasformazione edilizia del  territorio,  mentre  in  base

alla   normativa   regionale   sarebbero    sottratti    al    regime

autorizzatorio: entrambi gli interventi edilizi  di  cui  si  discute

rientrano infatti nell'ipotesi di cui all'art. 31, comma 1, lett. e),

della legge regionale n. 7 del 1995  e  succ.  mod.,  trattandosi  di

manufatti che non superano il limite dimensionale di 20  mq.  D'altra

parte che si tratti di intervento che di norma e' soggetto a permesso

di costruire si desume dalle stesse modifiche  legislative  regionali

di cui si discute, che appunto stabiliscono una deroga a quella che -

evidentemente - e' regola generale.

    La questione e' inoltre rilevante avendo la Corte  costituzionale

affermato con numerose pronunce che  il  principio  di  legalita'  in

campo penale non preclude lo scrutinio di costituzionalita', anche in

malam partem, delle c.d. norme penali di favore,  ossia  delle  norme

che stabiliscano, per determinati soggetti o ipotesi, un  trattamento

penalistico   piu'   favorevole   di    quello    che    risulterebbe

dall'applicazione  di  norme  generali   o   comuni;   e   cio'   per

«l'ineludibile esigenza di  evitare  la  creazione  di  zone  franche

dell'ordinamento» (v. ad es. Corte cost. 23 novembre  2006,  n.  394,

che ha dichiarato l'illegittimita'  costituzionale  di  alcune  parti

della legge n. 61 del 2004 in materia di reati  elettorali):  laddove

la legge regionale Marche in  oggetto  determina  appunto  «una  zona

franca» per la realizzazione di  determinati  appostamenti  fissi  di

caccia senza permesso di costruire.

    La questione e' altresi' non manifestamente infondata.

    La materia penale e' attribuita  dal  legislatore  costituzionale

alla competenza esclusiva statale: come sopra ampiamente argomentato,

la  disposizione  della  legge  regionale  in  disamina  si  pone  in

contrasto con tale precetto.

    L'edilizia rientra inoltre, in base a consolidata  giurisprudenza

costituzionale,  nell'ambito   della   materia   del   «governo   del

territorio», di competenza concorrente. La normativa statale  di  cui

agli artt. 3 c. 1 lett. e) e  10  d.P.R.  6.6.2001  n.  380  reca  la

definizione  di   intervento   edilizio   e   costituisce   principio

fondamentale non derogabile dal  legislatore  regionale.  Costituisce

altresi' principio fondamentale  quello  specificamente  indicato  al

comma 3 del citato art. 10, in base al quale e' precluso alle Regioni

individuare con legge ulteriori interventi che non  siano  sottoposti

al rilascio del permesso di costruire.

    La censurata normativa regionale, come appena  visto,  disciplina

in modo derogatorio una determinata tipologia di  intervento  che  in

base   alla   normativa   statale   sarebbe   invece   soggetta    ad

autorizzazione,  determinando  di  fatto  la  sottrazione  di  alcune

specifiche ipotesi alla sanzione penale.

    Per questi motivi, visto l'art. 23 della legge 11 marzo  1953  n.

87: deve dichiararsi rilevante e non  manifestamente  infondata,  nei

sensi di cui in motivazione e in relazione all'art. 117 c. 2 lett. L)

e  comma  3  della  Costituzione,  la   questione   di   legittimita'

costituzionale dell'art. 31 c. 1, terzo periodo, lett. c) della legge

regionale Marche 5.1.1995 n. 7, come modificato dalle leggi regionali

n. 16 e n. 20 del  2010,  nella  parte  in  cui  stabilisce  che  gli

appostamenti  fissi  di  caccia   autorizzati   dalle   Province   in

conformita' alle disposizioni della legislazione venatoria, ed aventi

le caratteristiche dimensionali ivi riportate, non sono  soggetti  al

rilascio  dei  titoli  abilitativi  edilizi,  norma  da  ritenere  in

contrasto con i principi fondamentali  stabiliti  dalla  legislazione

statale in materia di governo del territorio e, dunque, in violazione

dell'art. 117, terzo comma,  Cost.,  nonche'  in  violazione  diretta

dell'art. 117 c. 2 lett. L) Cost. intervenendo illegittimamente sulla

materia penale.

    Si  impone  pertanto  la  rimessione  degli   atti   alla   Corte

costituzionale.

koala

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Risposta #7 il: 17/05/2013 - 13:48
tuttavia si evince che l'ex Governo monti  con tutti i problemi che doveva risolvere ,lavoro, pensioni,ricerca, studio,esodati,giustizia, imu,ha dedicato spazio al confronto contro la caccia di Una Regione complimentoni veramente.

CACCIATORI SVEGLIA PERCHE' SE SI CONTINUA A PARLARE DI POLLARINO, CACCIUCCATA, POTARE TAGLIARE, LOS AI CHE FINE FACCIAMO.....SVEGLIA

koala

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Risposta #6 il: 17/05/2013 - 13:46
tuttavia si evince che l'ex Governo monti  con tutti i problemi che doveva risolvere ,lavoro, pensioni,ricerca, studio,esodati,giustizia, imu,ha dedicato spazio al confronto contro la caccia di Una Regione complimentoni veramente.

CACCIATORI SVEGLIA PERCHE' SE SI CONTINUA A PARLARE DI POLLARINO, CACCIUCCATA, POTARE TAGLIARE, LOS AI CHE FINE FACCIAMO.....SVEGLIA

FilippoTrocchi

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Risposta #5 il: 17/05/2013 - 11:17
Come al solito  niente di buono!comunque ottimo post Giamp 50 molto utile !!saluti