A CACCIA DI RICORDI IN MEMORIA DI UN AMICO
Per Silvano, la prima, vera, entusiasmante esperienza alla corte di sua maestà? «la Regina del bosco»?, si preannunciava tutt'altro che fortunata.
Infatti le condizioni del tempo non promettevano nulla di buono; nuvole minacciose, appena sfiorate dalle ultime ombre della notte, si rincorrevano faticosamente nel cielo, segnalando l'imminente arrivo della pioggia.
Una leggera foschia avvolgeva, in un tenero abbraccio, le cime del Monte Pausillo, dissolvendosi pigramente all'orizzonte, là? dove le agitate acque del Lago Trasimeno tornano ad incontrarsi, per ritrovare la quiete perduta.
Improvvisamente una strana scia luminosa sembrò lambire le nubi, eclissandosi furtivamente al timido apparire delle prime luci dell'alba.
E' allora che, puntuale, come fa sempre, oscillando, la mitica Signora del bosco ci apparve all'improvviso, confondendosi però quasi subito con le foglie degli alberi scolorite dal tempo.
Pensavamo fosse quello il segnale, la prova che, ancora una volta, nella magica notte dell'otto dicembre, Lei, la Regina, l'imprevedibile, intrigante eroina di tante fantastiche avventure, era tornata, era lì, ad alimentare la nostra speranza, a dare un senso profondo alla nostra struggente passione.
Preceduti da quella forza scatenata della natura che rispondeva al nome di Mino, il mio irriducibile setter bianco arancio, senza dire una parola, ci incamminammo lungo il sentiero impervio che ci avrebbe faticosamente condotto nel folto della boscaglia.
Mino, quella mattina, non era del solito umore, appariva agitato, nervoso ma, soprattutto impaziente di interpretare un improbabile effluvio, cullato dall'onda di un flebile sospiro di vento.
Nel fargli mordere il freno, mi chiedevo chi fosse e cosa rappresentasse per me quel fascio armonioso di muscoli che stava per lanciarsi di nuovo nella gioiosa, frenetica ricerca della sua mitica preda.
Mino era l'amico inseparabile e fedele, il complice, un po' interessato e un po' ruffiano, di tante entusiasmanti avventure, ma anche il testimone fidato e sornione di tantissime ignobili «padelle»?.
Gli amici lo conoscevano solo di fama, perché pochi erano stati quelli che avevano avuto la fortuna di poterlo vedere in azione. Infatti il mio particolare modo di interpretare la caccia, mi aveva imposto il rispetto, pressoché assoluto, di una regola, secondo cui la «Signora del bosco»?: primo, si corteggia; secondo, quando va bene, si conquista; terzo, non si stupra!
Con Silvano però era diverso, la sua occasionale partecipazione alla corte della Regina rappresentava per me, non solo la classica eccezione, ma anche una favorevole circostanza per vivere con lui le eventuali gioie e le inevitabili amarezze della nostra comune passione venatoria.
Le prime gocce di una pioggia fredda, leggera, insistente e maledettamente fastidiosa, segnavano l'inizio della nostra straordinaria avventura.
Inoltrandoci nel folto della macchia, diventava sempre più difficile evitare l'abbraccio soffocante degli scopi già? intrisi di pioggia e le carezze dei rovi e dei pruni che, impietosamente, segnavano il faticoso evolversi della nostra tormentata vicenda venatoria.
Silvano, pur sorretto da una vibrante passione, non riusciva, tuttavia, a nascondere la preoccupazione per l'aumentare dell'inclemenza del tempo e per le crescenti difficoltà? che incontravamo nel seguire le veloci evoluzioni di Mino, severamente impegnato a trasmettere, via etere, le linee e i punti della sua avida, irresistibile cerca.
Ma ecco che qualcosa di importante sta per accadere; al suono serrato, nervoso, insistentemente prolungato del campano, ne segue subito un altro molto più leggero, più lento, quasi impercettibile, poi»?.poi il silenzio assoluto.
Uno sguardo, un cenno, un'intesa e ci ritroviamo, dopo qualche istante e con il cuore in gola, uno di fronte all'altro, a contemplare, con la pioggia che ci entrava ormai nelle ossa, a contemplare una statua vivente in ferma stupenda!
L'emozione è altissima, l'attesa, moderatamente lunga, è comunque snervante. Il frullo ovattato della Beccaccia, uno scarto improvviso al di là? della fitta vegetazione, la fucilata fulminea che esplode rabbiosa dal mio vecchio automatico e il miracolo con cui si compie il destino della nobile, misteriosa creatura.
IL classico, indugiato riporto costituiva il suggello regale di Mino alla nostra incontenibile soddisfazione.
Il segno indelebile di una velata, gioiosa malinconia mi sembrò di cogliere nello sguardo di Silvano, mentre l'incontenibile Mino ripartiva all'inseguimento di un'altra entusiasmante avventura.
Decidemmo di allontanarci da quella zona, prendendo un altro sentiero che, almeno all'inizio, ci sembrò meno impervio del precedente.
Avanzando lentamente e seguendo le puntuali segnalazioni di Mino, in prossimità? di una fitta, impenetrabile boscaglia, notammo sul terreno, leggermente allentato dalla pioggia, il segnale inconfondibile di lavori in corso, che ci avvertiva della possibile, ravvicinata presenza del «Re di macchia»?.
Spinti da un comune presentimento decidemmo, in silenzio, di dividerci, sostituendo le leggere «dispersanti»? con le ben più robuste cartucce a palla, lasciando l'infaticabile Mino alle sue insistenti,frenetiche ricognizioni.
Cerco di incunearmi, come posso, in un viottolo parzialmente coperto di scopi grondanti di pioggia, riuscendo ad approdare, un po' più in basso, in una piccola piazzola di ginestre quasi interamente soffocate dai rovi.
Mino stava venendo verso di me, percorrendo, con andatura insolita e con grande sospetto, l'ultimo tratto del sentiero che ci separava.
Giunto a qualche metro dal mio punto di osservazione, si arrestò improvvisamente, rimanendo quasi seduto, immobilizzato in una ferma stranissima.
Non masticava l'effluvio come era solito fare, i denti erano stretti, gli occhi esageratamente dilatati, il pelo della groppa e del collo, pur appesantito dalla pioggia, era incredibilmente sollevato in segno di difesa e forse anche di sfida.
Un attimo che sembrò un'eternità?, il tempo di riprendere fiato ed ecco la macchia che ondeggia e sussulta, un fremito di paura, un urlo strozzato nel tentativo, fortunatamente riuscito, di richiamare il cane e la provvidenziale attenzione di Silvano appostato leggermente più in alto; un soffio fortissimo, un fragoroso spezzare di rami, un colpo, due colpi, poi»?poi il silenzio impressionante del bosco, rotto dalle grida di esultanza di Silvano che non riusciva a credere ai suoi occhi: due cinghiali, un maschio e una femmina, giacevano distesi, su un tappeto di foglie, fermati per sempre dalla sua infallibile doppietta.
All'abbraccio commosso, seguì il faticoso recupero, con l'impareggiabile Mino ad osservare l'atto finale di quella straordinaria, incredibile avventura.
Diego Baccarelli