FORUM Club Italiano del Colombaccio

BaccarelliDiego

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Risposta #33 il: 10/02/2012 - 22:07
Loris,

quando il peso degli anni comincia a farsi sentire, i ricordi tornano a bussare con insistenza alla porta della memoria e finiscono per prevalere sulla forza della speranza. Ma nel cuore di un cacciatore la speranza non muore perchè la passione che l'alimenta non può morire. Ed è così che, camminando lentamente sull'onda dei ricordi, noi continueremo ad andare a caccia,  attingendo al fuoco della  passione e senza mai perdere di vista le ragioni della speranza, che poi sono quelle che tu ci hai narrato con il tuo racconto.

Saluti.

diego

Vasco

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Risposta #32 il: 09/02/2012 - 00:55
Diego,

sei riuscito a tenermi col fiato sospeso fino alle ultime righe del racconto, avevo capito la presenza del cinghiale, ma tanta è stata la suspense che ho temuto per la sorte del cane, che sai quanto mi stanno a cuore.

Sono tornato a casa tardi alle una, come sempre accendo il computer per leggere il forum, ora vado a letto con il sorriso dentro e la stessa senzazione che suscita un film d'avventura con il lieto fine. Applausi appapp  è sempre un piacere leggerti.

vasco.

BaccarelliDiego

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Risposta #31 il: 08/02/2012 - 17:24
A CACCIA DI RICORDI IN MEMORIA DI UN AMICO
Per Silvano, la prima, vera, entusiasmante esperienza alla corte di sua maestà? «la Regina del bosco»?, si preannunciava tutt'altro  che fortunata.

Infatti le condizioni del tempo non promettevano nulla di buono; nuvole minacciose, appena sfiorate dalle ultime ombre della notte, si rincorrevano faticosamente nel cielo, segnalando l'imminente arrivo della pioggia.

Una leggera foschia avvolgeva, in un tenero abbraccio, le cime del Monte Pausillo, dissolvendosi pigramente all'orizzonte, là? dove le agitate acque del Lago Trasimeno tornano ad incontrarsi, per ritrovare la quiete perduta.

Improvvisamente una strana scia luminosa sembrò lambire le nubi, eclissandosi furtivamente al timido apparire delle prime luci dell'alba.

E' allora che, puntuale, come fa sempre, oscillando, la mitica Signora del bosco ci apparve all'improvviso, confondendosi però quasi subito con le foglie degli alberi scolorite dal tempo.

Pensavamo fosse quello il segnale, la prova che, ancora una volta, nella magica notte dell'otto dicembre, Lei, la Regina, l'imprevedibile, intrigante eroina di tante fantastiche avventure, era tornata, era lì, ad alimentare la nostra speranza, a dare un senso profondo alla nostra struggente passione.

Preceduti da quella forza scatenata della natura che rispondeva al nome di Mino, il mio irriducibile setter bianco arancio, senza dire una parola, ci incamminammo lungo il sentiero impervio che ci avrebbe faticosamente condotto nel folto della boscaglia.

Mino, quella mattina, non era del solito umore, appariva agitato, nervoso ma, soprattutto impaziente di interpretare un improbabile effluvio, cullato dall'onda di un flebile sospiro di vento.

Nel fargli mordere il freno, mi chiedevo chi fosse e cosa rappresentasse per me quel fascio armonioso di muscoli che stava per lanciarsi di nuovo nella gioiosa, frenetica ricerca della sua mitica preda.

Mino era l'amico inseparabile e fedele, il complice, un po' interessato e un po' ruffiano, di tante entusiasmanti avventure, ma anche il testimone fidato e sornione di tantissime ignobili «padelle»?.

Gli amici lo conoscevano solo di fama, perché pochi erano stati quelli che avevano avuto la fortuna di poterlo vedere in azione. Infatti il mio particolare modo di interpretare la caccia, mi aveva imposto il rispetto, pressoché assoluto, di una regola, secondo cui la «Signora del bosco»?: primo, si corteggia; secondo, quando va bene, si conquista; terzo, non si stupra!

Con Silvano però era diverso, la sua occasionale partecipazione alla corte della Regina rappresentava per me, non solo la classica eccezione, ma anche una favorevole circostanza per vivere con lui le eventuali gioie e le inevitabili amarezze della nostra comune passione venatoria.

Le prime gocce di una pioggia fredda, leggera, insistente e maledettamente fastidiosa, segnavano l'inizio della nostra straordinaria avventura.

Inoltrandoci nel folto della macchia, diventava sempre più difficile evitare l'abbraccio soffocante degli scopi già? intrisi di pioggia e le carezze dei rovi e dei pruni che, impietosamente, segnavano il faticoso evolversi della nostra tormentata vicenda venatoria.

Silvano, pur sorretto da una vibrante passione, non riusciva, tuttavia, a nascondere la preoccupazione per l'aumentare dell'inclemenza del tempo e per le crescenti difficoltà? che incontravamo nel seguire le veloci evoluzioni di Mino, severamente impegnato a trasmettere, via etere, le linee e i punti della sua avida, irresistibile cerca.

Ma ecco che qualcosa di importante sta per accadere; al suono serrato, nervoso, insistentemente prolungato del campano, ne segue subito un altro molto più leggero, più lento, quasi impercettibile, poi»?.poi il silenzio assoluto.

Uno sguardo, un cenno, un'intesa e ci ritroviamo, dopo qualche istante e con il cuore in gola, uno di fronte all'altro, a contemplare, con la pioggia che ci entrava ormai nelle ossa, a contemplare una statua vivente in ferma stupenda!

L'emozione è altissima, l'attesa, moderatamente lunga, è comunque snervante. Il frullo ovattato della Beccaccia, uno scarto improvviso al di là? della fitta vegetazione, la fucilata fulminea che esplode rabbiosa dal mio vecchio automatico e il miracolo con cui si compie il destino della nobile, misteriosa creatura.

IL classico, indugiato riporto costituiva il suggello regale di Mino alla nostra incontenibile soddisfazione.

Il segno indelebile di una velata, gioiosa malinconia mi sembrò di cogliere nello sguardo di Silvano, mentre l'incontenibile Mino ripartiva all'inseguimento di un'altra entusiasmante avventura.

Decidemmo di allontanarci da quella zona, prendendo un altro sentiero che, almeno all'inizio, ci sembrò meno impervio del precedente.

Avanzando lentamente e seguendo le puntuali segnalazioni di Mino, in prossimità? di una fitta, impenetrabile boscaglia, notammo sul terreno, leggermente allentato dalla pioggia, il segnale inconfondibile di lavori in corso, che ci avvertiva della possibile, ravvicinata presenza del «Re di macchia»?.

Spinti da un comune presentimento decidemmo, in silenzio, di dividerci, sostituendo le leggere «dispersanti»? con le ben più robuste cartucce a palla, lasciando l'infaticabile Mino alle sue insistenti,frenetiche ricognizioni.

Cerco di incunearmi, come posso, in un viottolo parzialmente coperto di scopi grondanti di pioggia, riuscendo ad approdare, un po' più in basso, in una piccola piazzola di ginestre quasi interamente soffocate dai rovi.

Mino stava venendo verso di me, percorrendo, con andatura insolita e con grande sospetto, l'ultimo tratto del sentiero che ci separava.

Giunto a qualche metro dal mio punto di osservazione, si arrestò improvvisamente, rimanendo quasi seduto, immobilizzato in una ferma stranissima.

Non masticava l'effluvio come era solito fare, i denti erano stretti, gli occhi esageratamente dilatati, il pelo della groppa e del collo, pur appesantito dalla pioggia, era incredibilmente sollevato in segno di difesa e forse anche di sfida.

Un attimo che sembrò un'eternità?, il tempo di riprendere fiato ed ecco la macchia che ondeggia e sussulta, un fremito di paura, un urlo strozzato nel tentativo, fortunatamente riuscito, di richiamare il cane e la provvidenziale attenzione di Silvano appostato leggermente più in alto; un soffio fortissimo, un fragoroso spezzare di rami, un colpo, due colpi, poi»?poi il silenzio impressionante del bosco, rotto dalle grida di esultanza di Silvano che non riusciva a credere ai suoi occhi: due cinghiali, un maschio e una femmina, giacevano distesi, su un tappeto di foglie, fermati per sempre dalla sua infallibile doppietta.

All'abbraccio commosso, seguì il faticoso recupero, con l'impareggiabile Mino ad osservare l'atto finale di quella straordinaria, incredibile avventura.

Diego Baccarelli

BaccarelliDiego

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Risposta #30 il: 08/02/2012 - 17:21
Caro Giulio,

la fionda che tu hai mirabilmente rievocato nel tuo racconto è "l'arma" che mi ha permesso, alla tenera età? di circa 13 anni e dopo un'infinità? di tentativi andati tutti regolarmente a vuoto, di incarnierare una Averla (chiamata volgarmente Castrica).

Vederla venire giù dal ramo dell'albero, raccoglierla ed accarezzarla con la stessa emozione di chi crede di aver appena.....conquistato il mondo, mi rendeva felice e, soprattutto, mi faceva capire che da quel mondo meraviglioso io non potevo più uscire!

E così, ringraziando il Cielo, è stato. L'unica cosa che è cambiata da allora è il calibro del mio fucile: dal calibro "23" della fionda, sono passato al calibro 12, passando dal 16 al 20 e al 28, con "discreti" risultati, ma con qualche emozione in meno!

Ciao Giulio e complimenti!

barzagnino

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Risposta #29 il: 08/02/2012 - 12:17
ragazzi anche io mi ricordo della nevicata del 1956 detta anche in dialetto perugino la calaverna, io avevo 14 anni le scuole erano chiuse e io e il mio amico carlo decidemmo di prendere i fucili dei nostri genitori che nel frattempo erano al lavoro per andare a caccia, allora la vigilanza venatoria era praticamente nulla e quindi si decise di andare dentro una riserva poco distante, e di non fare troppo baccano ,tutti e due avevamo un calibro 20 monocanna piegevole, che i nostri genitori usavano al capanno, entrati dentro la riserva stavamo decidendo da che parte proseguire quando vediamo la macchina del guardiano che veniva verso di noi, cominciammo a correre verso casa passando per il bosco dove il guardiano non poteva passare senza sentire i spini che entravano nelle gambe, scampato il pericolo andammo al mercato quando ci trovammo davanti il guardiano che con fare bonario disse oggi hò visto due ragazzi in riserva non sapete chi possano essere,perchè non sempre può andare bene capito.

Da quel giorno riprendemmo le nostre fionde, andando a trovare nel fiume nestore i sassi rotondi, tagliando le linguette delle scarpe per fare la pezza della fionda,chidendo le camere d'aria al gommista per fare i lacci, tagliando la siepe di lauro ceraso del giardino delle monache per costruire la fionda che poi facevamo curvare vicino al camino andando in bicicletta a citta della pieve dove vendevano dei quadrelli in gomma che erano più potenti della camera d'aria, ancora oggi conservo due fionde che chiaramente non uso anche perchè i lacci sono tutti ossidati, ma ogni volta che le prendo in mano mi ricordo dei bei tempi passati e che purtroppo non tornano più.

Oggi nel mio paese è nevicato, non come nel 1956 ma il terreno è tutto bianco,e io invece di prendere la fionda come allora prendo la macchina e vado a vedere il rientro dei colombacci nella zona 52, e credetemi che anche cosi mi divertirò.

un saluto a tutti e a presto  giulio.

P.S mentre scrivevo mi ha telefonato piolo e mi a detto vengo anchiooooooooooooo.

BaccarelliDiego

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Risposta #28 il: 07/02/2012 - 23:55
Caro Renato,

la nevicata del 1956 io non me la potrò mai dimenticare perchè il 9 febbraio, in un piccolo paese interamente ammantato di bianco, a due passi dalla bella Todi,riuscii a fidanzarmi con la ragazza che, dopo sette anni, diventerà? mia moglie e poi la mamma dolce e premurosa dei miei due splendidi figli, per cui, Caro Renato, il ricordo legato ai problemi causati da quella gelata,  stenta ad emergere dalle pieghe  della  mia memoria e si perde nelle nebbie del sogno più bello della mia vita.

Complimenti per il tuo racconto, con  altrettanta emozione e non meno rispetto dall'amico

diego

badger

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Risposta #27 il: 07/02/2012 - 18:29
Caro Rimescolo speriamo di non dover pagare caro questo assaggio di un inverno d'altri tempi. Nella mente io ho la nevicata a Firenze nel 1985, meno 20 con tutti gli ulivi bruciati dal gelo e la neve ghiacciata che durò per un mese. Chissà? se si può fare per i colombacci quello che i cacciatori di selezione fanno per gli ungulati con la neve. Mi sa che non si può. Mi viene in mente quello che raccontava lo scozzese che andava  a dar da mangiare ai fagiani nella neve con i colombacci che si azzuffavano per rubare un po' di orzo, speriamo bene. Ciao

Rimescolo

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Risposta #26 il: 07/02/2012 - 18:03
NEVICATA DEL 1956
A sentire i notiziari, a vedere le immagini, i racconti di Giamp50, a toccare con mano il "ghiaccio" di questo periodo, la mia mente ritorna indietro nel tempo...al quel tragico febbraio/marzo del 1956.

Non è proprio un racconto di caccia, è più un racconto di catture non consentite...che offro al lettore come testimonianza di vita vissuta.

Il nostro piccolo podere (8 ettari) fu interamente coperto da 70/80 cm di neve, e vi rimase ghiacciata per più di un mese. Gli alberi da frutto, olivi compresi, morirono tutti, mettendo in ginocchio la mia famiglia già? di per se povera.

L'unica risorsa che si presentò per un breve periodo, fu l'invasione di uccelli di piccole dimenzioni, pettirossi, passere scopaiole, tordi, merli, passeri e fringuelli.

Ero stato istruito alla loro cattura con lacci, tagliole, petraccole dallo zio Giovanni, e mi ci dedicai per una decina di giorni, con 5 tagliole.

Oltre quel numero non era possibile tenderle, tanto era il freddo, alcune volte mi battevano nelle dita e a stento arrivavo alla "rivista" della quinta. Ovviamente le tendevo vicino casa, una paletta per fare una piazzola sotto la siepe o un cespuglio o vicino al pagliaio. Ogni ora o poco più uscivo di casa, con le mani caldissime raccoglievo le prede, le ritendevo e rientravo in casa, al "focarile", con le mani ghiacciate.

Facemmo scorta di piccola selvaggina, ma dopo una ventina di giorni di gelo lo scenario al "termine rosso" diventò tristemente spettrale e insopportabile, gli uccelli cominciarono a morire di stenti, dal freddo e dalla fame, le catture cessarono, si trovavano morti dappertutto. Fu veramente un periodo difficile per noi ma soprattutto per gli uccelli che non riuscirono a superare un così lungo periodo di grande freddo.

Al momento nel nostro territorio persistono gelate con venti medio/forti di grecale, temperature da +1 a -5, neve ne ha fatta pochissima, ma lo scenario che osservo alla tv è molto simile al quel terribile 1956, in giardino ho molti ospiti, merli, pettirossi, capinere, passerotti e qualche storno,(mangiano olive e lellera della siepe) possono stare tranquilli e cantare se vogliono, il 1956 è ormai solo un ricordo!

con emozione e rispetto,

Rimescolo

BaccarelliDiego

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Risposta #25 il: 07/02/2012 - 17:44
Cari Amici,

per quanto mi sarà? possibile e fino a quando sarò in grado di farlo, potete esserne certi, non mi tirerò indietro e non "sparirò" dalla vostra "scena" e volete sapere perchè? Perchè ho avuto la fortuna di finire in un Sito di cacciatori gentiluomini, di simpatici amici, con cui è un vero piacere dialogare e scoprire, giorno dopo giorno, che, nonstante le delusioni e le amarezze, il mondo della caccia è anche questo, un mondo fantastico, straordinario, capace ancora di esprimere valori che appartengono al passato e di raccontare storie che vanno ben oltre l'immaginario colletivo, perchè vissute da ciascono di noi nel segno della passione e della vera amicizia.

E' con questo spirito, cari amici, che io ringrazio Vasco e tutti Voi, per avermi concesso questa opportunità? che io cercherò di onorare nel miglior modo possibile.

Un abbraccio.

diego

deliberoCICCIO

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Risposta #24 il: 07/02/2012 - 13:50
Carissimo,amico di sempre,Diego...non puoi immagginare quanto sono e siamo felici della Tua presenza nel NS Sito...è come avere sempre "il vento in poppa" e rafforzo il complimento dicendo - NON solo il vento in poppa...ma anche quello FAVOREVOLE alla migrazione - Non troppo forte,non troppo debole...GIUSTO...e delle diverse CACCE il più

DESIDERATO.

Quindi NON Ti permettiamo di "sparire"....

Un sincero abbraccio Cicciodelibero.

Vasco

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Risposta #23 il: 07/02/2012 - 13:07
Diego,

la considerazione che hai su di me, come cacciatore, mi fa sentire tanto "grande"

forse non merito tanto, certamente Diego sarà? sempre oltre che un "GRANDE CACCIATORE"

un "GRANDE AMICO" che io e tutto il Club dovrà? sempre ringraziare per quanto hai fatto per me e gli amici cacciatori di colombaccio.

Ciao Diego un grande abbraccio.

Vasco.

BaccarelliDiego

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Risposta #22 il: 06/02/2012 - 15:05
Quando il mondo della caccia potrà? ancora continuare a fregiarsi di attori come Vasco, Renato, Barzagnino, Levante, Delibero, Badger, Piolo e tanti altri ancora,non dovrà? mai temere per il suo futuro, perchè la parte che sono in grado di recitare questi nostri amici,appartiene alla storia dell'uomo ed è parte integrante e sostanziale  della nostra vita.

Chi avversa la caccia o la interpreta in modo diverso, potrà? solo aspirare al ruolo di misera comparsa!!

badger

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Risposta #21 il: 06/02/2012 - 07:59
In casa si è sempre respirato aria di caccia, piume più polvere, cani bagnati, fangosi, con mia madre che protestava ma poi li asciugava premurosa.Polvere, quella da sparo, DN con l'innesco di Sipe, che mio padre nei dopocena senza televisione, misurava  con la bilancina e versava nei bossoli di cartone accuratamente disposti sul tavolo di cucina, mentre io sorvegliavo attento che non se arrovesciasse nessuno e mi sentivo importante, quando piano piano accostavo i cartoncini per la chiusura con l'orlo tondo. Cartone, quello delle buone cartucce di allora, che raccoglievo appena sparate e accostavo alle narici inspirando profondamente l'odore più buono del mondo, il profumo della caccia.

deliberoCICCIO

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Risposta #20 il: 05/02/2012 - 11:10
Quanta saggezza ed insegnamento c'è nei Tuoi racconti...amico Renato.

L'unione dei diversi gruppi d'amici...il ritrovarsi tutti davanti alla "genuina zuppa

di pane e verdure",tanto amorevolmente preparata da Tua MADRE...

Ritrovo nei Tuoi racconti,amico mio,delle tradizioni antiche ormai sconosciute...ma che,qualora ci fossero ancora,sicuramente "partorirebbero"....CACCIATORI VERI.

Una valanga di svariate emozioni,che Ti appartengono,ma che Tu ci doni...NON puoi aver

sentore di quanto io Ti sia riconoscente...

Un abbraccio cicciodelibero.

Con stima....

Rimescolo

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Risposta #19 il: 03/02/2012 - 21:56
Prima licenza di caccia
Era l'ultima domenica di agosto del 1967,

non avevo ancora compiuto 16 anni, ma il maresciallo dei carabinieri di allora con la firma del babbo(che si assumeva la responsabilità?) mi permisero di partecipare al rituale magico che rappresenta per noi l'apertura di caccia.

A quel tempo la caccia apriva alla stanziale l'ultima domenica d'agosto per chiudere il 31 di marzo, gli acquatici si potevano cacciare fino al 30 aprile!!!!!

La tradizione ormai consolidata negli anni, prevedeva che lo "squadrone", cosi veniva chiamato, facesse tappa verso mezzogiorno, a casa nostra per consumare la zuppa di pane e verdure che la mamma preparava orgogliosamente per i partecipanti cacciatori.

Erano un gruppo di amici di Rimescolo, fagianai e lepraioli, cinghiali non ce n'erano ma la nobile stanziale era un bel cacciare, e noi con i fedeli e capaci "pippo" e la "titta" (successivamente si unì la "morina") si cacciavano lepri.

Affermo per onor del vero che stare alla posta ad aspettare la lepre non mi entusiasmava troppo, ma la determinazione dello zio Giovanni mi obbligava a stare all'erta e a seguire le fasi della cerca dei cani.

Difficilmente non veniva scovata, e difficilmente non la incarnieravo, bei tempi!!!

Ma torniamo alla prima apertura da me vissuta, mi avevano procurato (gli amici del babbo)una doppietta del cal.20, l'avevo già? sperimentata con un buon successo nel mese di luglio e i primi di agosto alle volpi, (a quel tempo si cacciavano anche in estate con i cani) e dopo ogni cattura facevo con altri amici il giro dei contadini vicini per ricevere l'obolo...uova, qualche piccioncino,e rare volte un galletto facevano parte del ricavato che ovviamente andava cucinato con i vari partecipanti.

Erano tempi di magra, ma l'amicizia pareva sincera e faceva superare le difficoltà? del periodo. La notte precedente l'apertura generale non mi fece chiudere occhio, e così è stato per molti anni a seguire, ma la prima fu memorabile.

La sera si erano riuniti i capi squadra, un gruppo di leprai era destinato in "fontanella", un altro alle "volpaiole"...un gruppo di fagianai doveva andare in "poggio grande", l'altro al "frullino" e alla "concia".

In totale eravamo in 15 passionisti, e a parte il sottoscritto e altri due amici, tutti esperti e validi cacciatori. Non nascondo che nei miei confronti avessero un occhio di riguardo, anche perchè all'epoca ero molto diligente e desideroso di esperienze, ascoltavo e seguivo i "maestri" con rare negligenze di prove individuali.

Ero nel gruppo del babbo, e dello zio, e con noi c'erano altri due amici, la zona da battere era la "fontanella".

Furono catturate dal nostro gruppo un paio di lepri e un fagianotto di 6/7 etti che colpii di seconda canna, mi volò dai piedi...

La zona di caccia era molto vicina a casa nostra ed io ovviamente conoscevo a mena dito ogni anfratto, i maestri mi avevano insegnato ogni via di fuga della lepre, per capire le abitudini e i metodi di cerca ci sono voluti degli anni, ma le vie di fuga le avevo già? memorizzate sin da allora.

Stavamo tornando al raduno di mezzogiorno, la zuppa cominciava ad interessare ognuno di noi, la giornata era calda, i cani avevano svolto il loro compito in maniera egregia, e mi seguivano cacciando ancora, vogliosi di regalarmi un'emozione da ricordare. Lo zio che non perdeva mai la concentrazione mi allertò, conosceva i cani, e subitò seguì lo scovo di un leprone maschio che padellai clamorosamente!!!

Lo zio Giovanni non sparò, altri amici che nel frattempo si erano uniti per il rientro di mezzogiorno non ebbero la visione per poter sparare, ma i cani inseguirono e il babbo mi urlò: corri al "passo", sembra un controsenso ma il "passo" era una via di fuga della lepre, un luogo che avevo ben memorizzato e che senza indugio raggiunsi a perdifiato.

Per farvi capire avevo tagliato un percorso e mi ero ritrovato al "passo" prima della lepre che spinta dai cani "pippo e titta", mi giunse come in sogno davanti a tutta velocità?. La colpii questa volta al primo colpo, i cani la morsero con delicatezza quasi a volermela dedicare intatta, la gioia fu immensa, sembrò un film, il palcoscenico la "piana del finocchi", gli attori i miei cani ed io, la platea il gruppo di amici che ancora ricordano l'episodio, (non tutti purtroppo perchè ci hanno lasciato).

In ogni racconto (assoluta verità?) cerco di trasmettere emozioni che ho vissuto, con varianti che tendono a far capire quanto sia importante la conoscenza del territorio, della selvaggina che lo popola, l'importanza dei fedeli ausiliari, la pericolosità? che  può derivare da scarsa conoscenza delle reazioni di alcuni selvatici (l'attacco del cinghiale ferito) nel racconto precedente, ecc.. ecc..

Non racconterò di grandi carnieri, ma di episodi che potranno servire a crescere con metodo, ricerca, etica ed emozione.

Che il desiderio di esperienze non abbandoni nessuno,

con emozione e rispetto,

Rimescolo