oggi piove. E' mattino e non posso uscire. L'orto mi aspetterebbe... ma continuerà? ad aspettare.
Come ha fatto Rimescolo... anch'io vi racconto qualcosa della mia infanzia.
Le Carbonaie.
Padre e figlio, quarantatre anni il primo, dieci il secondo, d'ottobre, dopo un lungo viaggio in moto, erano soliti raggiungere le Carbonaie. La distanza da percorrere, per quei tempi, era enorme: ben oltre sessanta chilometri! Per il bambino la domenica non arrivava mai; così pure non arrivava mai il momento in cui, facendo finta di svegliarsi, poneva fine al tormento della notte passata insonne, ad aspettare quel tocco di mano che avrebbe dovuto destarlo. Vestiti i panni da caccia (quelli dismessi), fatta colazione... via di corsa alla moto e poi su per quella valle: Meldola, San Colombano, Cusercoli, Civitella, Galeata, finalmente Santa Sofia, poi il Carnaio. I paesini che la strada tagliava, nel bel mezzo della notte, erano punteggiati da qualche minuscola luce. Le strade erano vuote, senza traffico: incontrare un'auto a quell'ora era davvero raro. Il colpo d'occhio più intrigante, forse quello più poetico, era rivolto a Santa Sofia, addormentata, vista dall'alto, mentre la moto doveva conquistare uno ad uno, con fatica, i tornanti della ripida salita. Raggiunto il valico del Carnaio, si voltava a sinistra e la strada diventava sterrata. Ancora qualche chilometro poi, abbandonata la moto a ridosso di uno steccato di un ovile, di nuovo via di gran lena, per una buon ora di cammino.Il percorso, subito irto, riprendeva in falsopiano e dolcemente conduceva alle bocchette. Quelle passeggiate erano affascinanti, piene di sorprese, movimentate da incontri con numerose bestie lasciate allo stato brado, al pascolo e con tordi che frullavano via, di qua e di là?, zirlando. Due cuori battevano così, sincroni: due figure ansimanti penetravano il buio. Arrivati alle Carbonaie, non restava che preparare un modesto riparo; subito iniziava a far giorno. Alle spalle dei due l'immensa valle di Bagno, così simile ad un presepe con tante fiammelle; davanti ai loro occhi, ad est, i primi chiarori dell'alba. Nell'animo l'ansia dell'incontro. La giornata, sempre troppo veloce, volava; sì, volavia via sulle ali dei migratori che remavano, remavano, verso il loro destino. La storia che "una volta" passassero tanti colombi è vecchia, anche un pò logora; sta di fatto che nella nostra memoria restano le cose belle; le brutte, per fortuna, scivolano via. E così, consumato un profumato pranzetto a base di minuscole salsicce, già? si faceva l'ora di salutare i monti. Una fermata vicino a quella vigna per cogliere un grappolo; un'altra, a volte, per fare pipì... Il viaggio di ritorno, come tutti i ritorni, e chissà? perchè... durava sempre meno; subito si arrivava a Forlì. Una nuova settimana di scuola iniziava, una nuova domenica mai arrivava, una nuova notte mai finiva. Sono tornato da solo in quella valle, sono tornato in quella bocchetta che ora ha anche un nome: si chiama Vad di Stenti. Ho voluto vivere alcuni momenti in solitudine...
Tutto è cambiato, anzi no, tutto è come prima; anch'io sono cambiato, anzi no, non è vero, anch'io sono come prima. Sono trascorsi tanti anni (secoli?) da quando seduto sul sedile posteriore della vecchia moto rincorrevo le Carbonaie... di domenica in domenica, di stagione in stagione.Quando è ottobre, certe notti, ancora oggi non dormo. Certe volte volo via. Percorro i sentieri dei miei monti; ecco il buio lacerato da istantanee, ecco il silenzio rotto da irreali zirli di tordi... E poi: è di nuovo ora di andare.
Scusatemi per il romanzo... vi ho voluto raccontare come, ancora bambino, sono rimasto "folgorato" da una passione che ancora oggi non mi abbandona.
E speriampo che duri a stare con me.
Un caro saluto a tutti i "malati". Ciao!