A mio parere vi è un'altra questione di fondo che soprattutto in questi ultimi ventanni ha profondamente modificato il rapporto cacciatore/caccia/fauna, ed è il fattore tempo unitamente alle disponibilità? economiche.
Quarant'anni e più fà? la caccia in genere, salvo le caccie alle palombe d'ottobre e le nocette per fringillidi e turdidi che comunque erano in mano a pochi signorotti dei paesi e quindi ininfluenti nell'economia generale delle specie selvatiche, veniva esercitata, da chi poteva permettersi di pagare la licenza, esclusivamente la domenica mattina, salvo ancora quei rari individui che, data la loro indigenza, praticamente sopravvivevano anche con l'apporto proteico della caccia.
Ora anche non tornando così indietro, anche negli anni ottanta, pur con una caccia oramai dilatatasi in modo incontrollato, poche erano i cacciatori che la esercitassero durante la settimana lavorativa.
Oggi con una massa di pensionati elevatissima, molti dei quali pensionatisi prima dei sessanta, con più tempo a disposizione anche per chi lavora grazie alle 40 ore settimanali, alle ferie, ecc., per non parlare poi dei dipendenti pubblici, praticamente vi sono migliaia e migliaia di cacciatori che la esercitano per tutta la settimana in modo altamente tecnico ed organizzato senza vincoli economici per gli spostamenti.
Questa situazione è oramai insostenibile dal punto di vista della conservazione delle specie cacciabili.
La pressochè generale scomparsa della selvaggina stanziale nel giro di pochi giorni a questo fa capo.
Aivoglia a criticare gli ATC, le Provincie, ecc, il fatto tragico è che se ve nè sono cento ne preleviamo 99, se ve ne sono mille 990, se ve ne fossero 1milione ne preleveremmo 999mila nel giro di due settimane.
Ora anche per il colombaccio è la stessa questione, anche se non scompare grazie alle sue capacità? ed alle zone di rifugio, se non si delineeranno nuove strategie di gestione che tengano in debito conto le attuali realtà?, il futuro venatorio di questa specie mi sembra adombrato da foschi presagi.