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Tradizioni caccia al colombaccio nelle Marche
La caccia delle palombe nelle marche
a cura di Francesco Paci
C’è una sindrome, a carattere prevalentemente ereditario, che colpisce i marchigiani maschi (in qualche rarissimo caso, femmine), generalmente nella post-adolescenza e li accompagna poi per tutta la vita. Una sindrome particolarissima, dalle manifestazioni a cicli rigorosamente annuali e dal decorso assolutamente benigno. Si manifesta con i primi segnali, ancora appena percettibili, verso la seconda metà di settembre, aumenta di intensità patologica, gradualmente, fino alla seconda metà di ottobre, e poi, sempre gradualmente, recede, lasciando nelle persone colpite, dei postumi assolutamente specifici : un senso diffuso di malinconia e di nostalgia. In genere il periodo di massima patologia cade verso la seconda decade di ottobre, influiscono però molto le condizioni meteorologiche, che possono sfasare i tempi canonici del decorso del morbo. L’agente patogeno non è né un batterio né un virus: individuato fin dai tempi del dominio pontificio sulle Marche, esso è un migratore: la palomba. Il nome italiano di questo columbide migratore, un pò più grosso dei comuni piccioni, sarebbe “colombaccio”, ma per i marchigiani “ammalati” questo termine è del tutto inutilizzato, quasi estraneo, e mentre alla palomba sono immediatamente connesse evocazioni emotive assai intense, “colombaccio” è solo un freddo termine da dizionario....
A San Colombano a caccia di Urbino
Questo bellissimo articolo di Marcello Sassi è stato pubblicato su un giornale locale
di Lodi nel 2006 .
Sono nato e vissuto a Lodi ma le origini sono marchigiane. Marchigiani e più precisamente urbinati mi ritrovo luoghi importanti del cuore e della memoria ancora oggi quando lungo si è fatto il tempo trascorso dagli autunni di caccia che ogni anno solevo vivere con mio padre sulle colline di Urbino, sua città natale. Ci muoveva il passo dei colombacci che, in ottobre, dopo aver attraversato l’Adriatico, sorvolavano in grossi branchi le regioni dell’Italia Centrale per raggiungere climi più miti. Il colombaccio, per il cacciatore lombardo, non è che un piccione selvatico e quindi una preda poco ambita. In verità è infinitamente più bello e regale del suo consimile domestico quando il sole gli si riflette sulla sommità delle ali che, bianchissima, interrompe inaspettatamente l’azzurro tenue del resto del corpo. Il cielo terso d’autunno si riempie di candide scintille quando è attraversato dalle ali dei colombacci. A Urbino li chiamano palombe e sono un mito. Ai primi di ottobre non solo i cacciatori ma l’intera città saluta l’avvistamento del primo branco come una liberazione e una conferma. Si dissolve il timore che prima o poi qualcosa di misterioso e terribile possa interrompere il miracolo di questa azzurra migrazione mentre la natura si riafferma ancora una volta sull’indifferenza e i tradimenti dell’uomo.