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Tradizioni di caccia al colombaccio all'estero
a cura di Rinaldo Bucchi
Tradizioni venatorie in Europa – La caccia al colombaccio in Gran Bretagna. II parte
La realtà della Gran Bretagna merita un cenno introduttivo per affrontare il “problema” colombaccio nel dovuto modo; ho usato la parola “problema” poiché il nostro protagonista è tale nell’Isola. Gli agricoltori, infatti, lo identificano come un continuo pressante pericolo per i loro raccolti. Non ho mai desiderato vivere esperienze di caccia per così dire “tipo Scozia”, anzi, mi son più volte chiesto se fosse etico raggiungere certi risultati (ampiamente pubblicizzati) e sono stato fortemente critico nei confronti di quelle che individuavo come “mattanze anacronistiche”; poi, per saperne di più, ho fatto un viaggio virtuale leggendo un interessante pubblicazione ( The book of the wood pigeon di Collin Willock), che di tutto parla, circa vita morte e miracoli del colombaccio, all’infuori di tecniche venatorie. L’autore premette, infatti, che nella sua opera si potranno trovare una infinità di notizie, tranne che “how to schooting , vale a dire come esercitare la caccia … o in che modo disporre gli stampi (decooys), abbondantemente usati per attirare i selvatici.
Entriamo dunque in argomento e segnaliamo che circa duecento anni orsono i colombacci nell’Isola erano veramente pochi. Non chiedetevi se per “Isola” intendo la Gran Bretagna … perché proprio in Galles, Scozia, Inghilterra, Irlanda … il Wood Pigeon (il piccione di bosco) due secoli orsono era una rarità, nel mentre la colombella era molto abbondante. ( Il primo naturalista inglese che fece un’accurata descrizione del colombaccio fu un certo Francis Willughby, nel 1678, trattando di un raro uccello definito Palumbus Torquatus). Circa la preponderanza delle colombelle, rispetto ai colombacci, occorre precisare che anche in Francia, Italia e Spagna la situazione era la stessa (ciò, almeno, stando alla bibliografia). A tale scopo sarà sufficiente esaminare le “prese” riportate nei registri di caccia delle Pantiéres Pirenaiche (appostamenti con reti verticali), per rendersi conto del buono stato di salute goduto dalla colombella all’inizio del secolo scorso.
Torniamo in Gran Bretagna, per segnalare che ai nostri giorni i colombacci sono trattati alla stregua di topi: animali nocivi da limitare con tutti i mezzi e fra questi la caccia; così … ricevono fucilate tutto l’anno, senza limiti di capi abbattibili, senza periodo di rispetto venatorio, neppure durante il momento delle cove. Se ciò accadesse in un Paese del’Est europeo, si potrebbe dubitare che “stiano vendendo il vendibile” pur di far soldi, ma stiamo parlando della Gran Bretagna, nazione sensibile alle tematiche animalistiche, del paese dove è stato inventato il “bird watching” e che ha sfornato studi ornitologici in gran quantità. C’è da chiedersi come mai al colombaccio non siano riservate le stesse premure rivolte per esempio agli uccelli “canori” (mangiatoie ed abbeveratoi in tutti i giardini privati), ed è per questo che tento di raccontarvi ciò che m’è rimasto in testa del libro di C. Willok.
In buona sostanza, l’evoluzione dell’agricoltura, il variare delle colture e soprattutto nuovi cicli agricoli continui (durante la stagione invernale) sono l’origine dell’esplosione demografica del colombaccio nel corso degli ultimi due secoli. Oggi, più che un “wood” pigeon, si ha a che fare con un “land” pigeon, nel senso che il colombaccio ha mutato profondamente le proprie abitudini alimentari trasformandosi da piccione di bosco in piccione di terra, di campo, seguendo l’evolvere dell’agricoltura e sfruttando al meglio le occasioni che gli agricoltori offrono, di volta in volta, durante l’arco dell’anno.
Un tipo di coltura abbondantemente diffusa in tutta l’isola (oil seed rape - brassica napus) è divenuto carburante per i nostri protagonisti che cibandosene in grande quantità riescono a svernare. Madre Natura ha fornito il colombaccio di un importante organo che funziona da magazzino di stoccaggio per gli alimenti: il gozzo.
Il selvatico, durante le giornate invernali, impiega il 90% del tempo luce per alimentarsi, gonfiando fino all’inverosimile per l’appunto il gozzo; di notte, la grande quantità di vegetali ingeriti sarà per così dire “ruminata” attraverso un lungo processo digestivo. Ecco che, senza dover migrare, senza dover affrontare i pericoli di due grandi viaggi (andata autunnale, ritorno primaverile) con tutte le incertezze che ne conseguono, i colombacci del Regno Unito sono diventati sempre più stanziali. Il meccanismo che ha permesso questa esplosione demografica, ripeto, è conseguente nuove colture agricole: nuove tavole imbandite durante l’intero corso dell’anno.
Ora, più che doppiette rivolte al wood pigeon, potrebbero essere disposizioni inerenti l’agricoltura “europea” (la conseguente economicità di un prodotto rispetto ad uno concorrente)a condizionare il futuro del colombaccio in Gran Bretagna, ed alla stessa stregua in tutta Europa. Può sembrare assurdo, ma il costo di un prodotto reperibile al super mercato, alla fin fine, può condizionare la dinamica evolutiva di una specie, nel nostro caso del wood pigeon. Andatelo a raccontare ad una delle varie “sigle” animalistiche che credono di salvare uccelli unicamente piantando sul terreno cartelli con su scritto “divieto di caccia”. I tempi cambiano (anche velocemente) e chi non riesce a fotografate in istantanea situazioni in evoluzione rischia di raccontare stupidaggini; per questo motivo, esistono ben quattro Organismi (Ministery of Agricolture, Fishery and Food, National Farmers Union, Game Conservancy Trust e Brithis Asssociation for Schooting and Conservation) che seguono puntigliosamente l’evolvere della specie colombaccio Oltre Manica.
Occorre segnalare che fino alla metà degli anni settanta il Governo Inglese sovvenzionava i cacciatori di colombaccio pagando loro metà prezzo delle cartucce (purché dirette al nemico nazionale degli agricoltori); si diede atto anche ad una guerra chimica per tentare di controllare il “bad boy”, ma quando ci si accorse che assieme ai colombacci morivano anche gli uccelletti canori … tutto finì. Da qualche anno a questa parte il turismo venatorio (incassare soldi e verificare che il proprio raccolto agricolo è più protetto) ha trovato terreno fertile in tutta l’Isola; il fatto che i tecnici governativi di Sua Maestà controllino con metodo la situazione, ci tranquillizza, soprattutto ci apre gli occhi in tema di gestione dell’avifauna.
Certo, che se torniamo a parlare di caccia, della spiritualità della caccia, un conto sarà sparare ad uccelli attratti da ricche fonti alimentari e da qualche decoys, un conto vivere l’arte della caccia con volantini e zimbelli, dall’alto dei nostri capanni aerei … soprattutto, realizzare che quanto si desidera (i colombacci in migrazione), ciò che si aspetta da un anno all’altro … potrà presentarsi o meno nei cieli d’ottobre. Uno dei principali aspetti della nostra caccia è l’attesa. “La grande attesa” : quello stato d’animo che ti prende e ti logora lo spirito fino a farti diventare succube d’un desiderio, di una entità a volte astratta che può certo prender corpo in un gran numero di voli, ma può anche farti vivere giorni e giorni “galleggiando nel più assoluto vuoto” … aspettando quel gran giorno che mai sarà, o che forse sarà proprio domani.
Torniamo Oltre Manica, per identificare due personaggi che hanno fatto la storia dello schooting e della ricerca naturalistica inglese: mi riferisco a Sir Archie Coats ed al dott. R.K.Murton, meglio conosciuto come dottor Pigeon. Se il “grande vecchio” francese” è senza dubbio il Dott. Christian Rocher, il personaggio inglese che più si è dedicato allo studio del colombaccio e della sua etologia è il citato Dr. R.K.Murton; i suoi approfonditi studi, infatti, sono noti per la competenza e la compendiosità degli argomenti trattati. Ciò che differenzia il Dr.Rocher dal Dr. Murton sta nel fatto che il primo era cacciatore, mentre il secondo è stato solo un grande studioso. In estrema sintesi, leggendo l’opera dello scrittore francese si vive il profumo della caccia, mentre gli scritti del dott. Pigeon non fanno certo vibrare il nostro animo di appassionati cacciatori. Gli studi di Murton ebbero inizio nel 1955 e si basarono su osservazioni effettuate nella zona di Carlton (Cambridgshire), su colombacci in cova, d’estate e d’inverno (la nidificazione avviene marginalmente anche nella cattiva stagione); si ebbe così una chiara visione delle preferenze alimentari, dei momenti topici delle cove, dei metodi di cova, del peso dei soggetti a fine cova e soprattutto dall’incidenza prodotta dalla pressione dei selvatici sui raccolti (in particolare con riferimento alla variazione della densità delle popolazioni – max. fine cova e min. fine inverno/inizio primavera). Tramite gli studi di Murton si arrivò alla conclusione che era inutile finanziare la caccia contribuendo al 50% del costo delle cartucce, poiché i cacciatori altro non facevano se non raccogliere prede che sarebbero state mietute da generale inverno. Nel 1965, infatti, il sussidio per le cartucce fu ridimensionato e nel 1969 definitivamente abolito. A tal proposito, occorre dare evidenza al fatto che nel 1955 non erano ancora state introdotte in Inghilterra nuove colture a rotazione invernale e pertanto il suo teorema decadde nel momento in cui le nuove fonti alimentari declassarono l’inverno da generale a caporale.
Mi sono dilungato su argomenti che sembrano non avere a che fare con la caccia e per tornare in tema faccio cenno ad un personaggio che rappresenta “the master” per i cacciatori dell’U.K.: tal Sir Archie Coats. Provate ad indovinare quanti colombacci ha ucciso nell’arco di un anno questo cacciatore professionista, al quale la Corona ha concesso, per meriti acquisiti sul campo, il titolo di Baronetto? Non ci riuscirete mai! Il suo record annuale è di 25.000 colombacci circa (primi anni ’50). Aggiungo qualcos’altro? Penso proprio di no, se non segnalare che la caccia in tutta l’Isola è praticata con l’utilizzo di stampi, esclusivamente in zone di grande abbondanza di risorse trofiche; i cacciatori, invitati dagli agricoltori, dopo aver scoperto le zone di maggior concentrazione dei selvatici, realizzano carnieri da capogiro per chi, come tanti di noi, s’accontenta di raccogliere ben poche prede ogni autunno. Ma quale sapore, quale poesia, quale passione … volete mettere?!
La caccia Oltre manica è ben poco tecnica, rispetto la nostra, o quella francese, ma un particolare l’abbiamo notato e con risalto, senza dover chiedere conforto a grandi scienziati: Il colombaccio è una forma di vita selvatica che ha grande successo in Natura. Diamogli una possibilità, una “nicchia”, come oggi usa dire, è state certi che il nostro protagonista l’occuperà con la massima efficienza, con opportunistica plasticità e noi, che a volte ci proclamiamo “nuovi cacciatori”, abbiamo questo preciso compito.