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La vicenda nasce dall’ormai lontano Febbraio 1992 quando fu varata la legge quadro 157, la quale, pur con tante modifiche che oserei dire mai a nostro favore, sta normando ancor oggi la nostra attività venatoria. A quel tempo, tra gli altri, avevamo in campo due nostri illustri punti di forza che sedevano al tavolo parlamentare per la sua stesura. I loro nomi erano Giacomo Rosini della Federcaccia e Carlo Fermariello dell’Arcicaccia. Anche se eravamo usciti da poco dalla “vittoria” del referendum che chiedeva la soppressione della nostra attività, i momenti non erano per niente facili. Si doveva combattere (come del resto anche oggi fanno le nostre più responsabili e moderate AA.VV.), contro le prerogative degli agricoltori e proprietari terrieri da un lato, ed ancor peggio contro quelle degli ambientalisti dall’altro. Le grandi battaglie avevano due principali orientamenti, contro gli ambientalisti per il mantenimento delle caccie tradizionali ed ai migratori e contro gli agricoltori ed i proprietari terrieri che volevano il possesso della selvaggina ed in primis l’abolizione dell’Art. 842 del codice civile, articolo di legge che permetteva ed ancor oggi fortunatamente permette, l’ingresso dei soli cacciatori nelle loro proprietà per esercitare l’attività venatoria. Vi furono grandi discussioni e animi accesi ma la ragionevolezza, l’onestà intellettuale e la forza della ragione (cose rare di questi tempi), portarono a dei compromessi che in qualche modo fecero uscire tutti soddisfatti. Dovevamo anche rimanere agganciati al contesto Europeo e quindi la legge dovette mantenere quel principio. Comunque due punti del tutto originali rispetto ai paesi della U.E rimasero saldi e inscindibili, il primo si basava sul riconfermare il concetto già presente nella legge quadro 968/77 che stabiliva la selvaggina PATRIMONIO INDISPONIBILE DELLO STATO (Art.1) ed il secondo doveva salvare l’Art.842 del cod. civile, un aspetto molto democratico ma poco liberale che per la nostra attività venatoria era di fondamentale importanza. Per attuare il secondo punto veniva concepito un compromesso con il criterio fondato sulla GESTIONE DI CACCIA PROGRAMMATA (Art.14) e questo portava al concetto di legare il cacciatore al territorio in modo che ne dovesse essere tutore gestionale per la fauna e l'ambiente. Perché cosi fosse, la legge istituiva nel territorio degli ambiti di dimensioni sub provinciali (ATC) ai quali, almeno ad uno di essi, ogni cacciatore aveva il diritto di appartenere (ATC residenza venatoria). Venne deciso di stabilire un costo per la loro gestione sia amministrativa che operativa in modo da garantire sostenibilità e riqualificazione del territorio e della fauna di appartenenza. All’Art.15, per l’utilizzazione dei fondi privati rientranti nella caccia programmata, doveva essere dato un contributo ai loro proprietari (cosa secondo me mai avvenuta) e questo doveva essere preso da una percentuale della tassa regionale sulla licenza di caccia. Con il successivo Art. 26 venne legalizzato il principio di un risarcimento danni provocato dalla selvaggina nelle loro aree e i proventi sarebbero derivati dai fondi denaro degli ATC. Quest’ultimo aspetto ha in qualche modo sanato le mancanze richiamate nell’Art.15, ma alla luce degli eventi è anche stato quello che in molti casi a creato i misfatti e lo sconvolgimento di questi istituti. Un lato positivo il risarcimento danni a noi cacciatori lo ha portato, ci ha reso sopportabili e nello stesso tempo collaborativi con i proprietari terrieri e gli agricoltori. Questi ultimi hanno capito, per vari motivi e soprattutto in questo momento, che è una loro irrinunciabile necessità senza altre alternative. Ancora oggi il più dei cacciatori odiano l’istituto dell’ATC e gli rimane indigesto. Dobbiamo capire ora come all’ora che abbiamo soltanto due strade; poter continuare a praticare la caccia con la possibilità di accedere anche in proprietà private per merito degli ATC, o intraprendere la pericolosa alternativa di perdere l’Art. 842 c.c.. (è anche ciò che da tempo vorrebbero toglierci gli ambientalisti per farci del male, ne indissero anche un referendum ancora una volta con esito a nostro favore). La mancanza di questo articolo di legge metterebbe il mondo venatorio in mano ai proprietari terrieri, i quali, potrebbero decidere se far cacciare o meno nel proprio territorio, ma in ogni caso saremmo sempre vincolati alle loro volontà. Nelle successive riflessioni va considerato che a causa dell’ orientamento sociale e moderno, dove si palesa una forte e sostenuta sensibilizzazione verso gli animali, non verrà mai meno la selvaggina come PATRIMONIO INDISPONIBILE DELLO STATO e quindi i proprietari, se non per le sole specie allevate, non potranno mai giovarsene per farne reddito. Unendo le condizioni di quanto appena detto e considerata la morfologia del nostro territorio, fortemente antropizzato e suddiviso in tantissime proprietà, fa comprendere anche ai più distratti quali sarebbero l’ infauste conseguenze per la nostra passione. In conclusione, l'importanza degli ATC, per quanto odiati e bistrattati, permettono ancora di mantenere in vita l'Art. 842 c.c. e tuttora permettono di far continuare l'esercizio venatorio a tutti, ivi comprese le persone meno abbienti. Inoltre, ci mettono al riparano dai soprosi di alcuni proprietari terrieri (pseudo animalisti e non) che non tollerano la presenza dei cacciatori. Nella mia regione, la Toscana, sono già stati definiti i criteri di questi Istituti. La nuova costituzione colloca gli ATC come Associazioni di diritto privato e questo ha portato notevoli cambiamenti: sotto il punto di vista economico-amministrativo, la riduzione degli ATC che da 19 sono passati a 9, dal punto di vista pratico, l’obbligo di istituire dei sottoambiti.Sono state anche definite le quote di iscrizione per l'accesso. Quanto sopra potrebbe essere un punto di riferimento anche per le altre regioni d'Italia. Un saluto Terfiro Innocenti in collaborazione con Silvestro Picchi

ATC E RICERCA SCIENTIFICA II parte

“ L’articolo 7 individua nell’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS), oggi ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) l’autorità scientifica nazionale deputata a fornire la consulenza e i pareri sulle varie pratiche di gestione e utilizzo della fauna, nonché a incrementare le conoscenze su fauna e habitat naturali “ “ Una delle principali attività da promuovere all'interno degli ambiti protetti è la ricerca scientifica sulla selvaggina. Questa in realtà è un’attività che non competerebbe ad un ATC ma piuttosto all’Amministrazione provinciale e alla Regione; l’ATC, però, può avere un ruolo fondamentale di promozione e di supporto della ricerca. L'acquisizione di conoscenze sulla biologia della selvaggina è ancora più importante in Italia dove vi è una notevole carenza di tale tipo di studi. La ricerca scientifica dovrebbe essere indirizzata ad argomenti di tipo autoecologico e sinecologico per fornire una base oggettiva alle attività gestionali “ Estratto da uno Studio dell’Università di Pavia per la Regione Puglia (2014) N. B. Data appunto la valenza di Referente Scientifico dell'ISPRA , circa il retroterra scientifico necessario per le decisioni concernenti la gestione venatoria degli ATC , sarebbe interessante poter leggere un Resoconto ISPRA e degli ATC che indichi con chiarezza quali Lavori Scientifici aggiornati sono stati prodotti e pubblicati a validare le singole decisioni . E.C.