La redazione di Caccia Magazine ha preso visione dei diciotto articoli di cui si compone il testo di riforma della legge sulla caccia presentato dalle forze di maggioranza.
L’esito non sarà una rivoluzione: il testo con cui la maggioranza intende procedere alla riforma della legge sulla caccia, la 157/92 (lo hanno firmato Lucio Malan, Massimiliano Romeo, Maurizio Gasparri e Giorgio Salvitti, i vertici dei gruppi parlamentari di maggioranza al Senato), si presenta piuttosto come uno strumento di manutenzione, anche se a tratti profonda.
Innanzitutto salta il divieto di caccia in prossimità dei valichi montani interessati dalle rotte migratorie: le restrizioni scatteranno solo in presenza di «un significativo dislivello tra il punto di valico, ad almeno 1.000 metri di quota, e i due contrafforti vicini», tale da comportare «un apprezzabile restringimento lungo un passaggio obbligato», e si declineranno nell’istituzione di Zone di protezione speciale, nelle quali sarà il regolamento adottato dall’ente gestore a definire gli eventuali limiti al prelievo.
Previa intesa in Conferenza Stato-Regioni, sentiti l’Ispra e il Comitato faunistico-venatorio nazionale, spetterà al ministro dell’Agricoltura individuare questi valichi; per farlo avrà a disposizione 180 giorni, nei quali la caccia sarà possibile secondo le regole della stagione precedente.
In generale, per comunicare al governo la percentuale di territorio sottoposta a divieto (Parchi nazionali e regionali, Oasi di protezione, Zone di ripopolamento e cattura, centri per la produzione della fauna selvatica, fondi chiusi, Zone di protezione) le Regioni avranno a disposizione dodici mesi; in caso d’inadempienza, interverranno in via sostitutiva i ministeri dell’Agricoltura e dell’Ambiente. Dalla gestione programmata della caccia resta escluso in esplicito il demanio marittimo (non però il demanio forestale).
I dettagli della riforma della legge sulla caccia
Un altro passaggio chiave riguarda i calendari venatori. La maggioranza intende consegnare alle Regioni il potere di discostarsi dai pareri dell’Ispra e del Comitato faunistico-venatorio senza bisogno di presentare una motivazione adeguata: sarà sufficiente citare «fonti d’informazione scientifica indicate dalla Commissione europea».
Neppure per estendere la stagione oltre la prima decade di febbraio sarà necessario il parere favorevole dell’Ispra; né dovrà sentirlo il (o la) presidente del consiglio se, su proposta dei ministri di Agricoltura e Ambiente, vorrà modificare l’elenco delle specie cacciabili.
Nella proposta salta l’obbligo di scegliere in via esclusiva se cacciare in Zona alpi, da appostamento fisso o nelle altre forme; si liberalizza l’impiego di «strumenti optoelettronici», ossia dei visori termici e digitali, nella caccia di selezione agli ungulati; si rimuove il divieto di effettuare la caccia in braccata sulla neve.
E a proposito del cinghiale: gli imprenditori agricoli, i proprietari e i conduttori dei fondi coinvolti nelle operazioni di controllo (chi le ostacola rischia una sanzione da 150 a 900 euro) possono trattenere le carcasse «a compensazione dei danni subiti e dei costi sostenuti», purché le analisi igienico-sanitarie escludano rischi per la salute.
Caccia privata & caccia sociale
Con l’impresa ha a che fare anche il comma che intende far saltare il divieto di lucro per le aziende faunistico-venatorie, che peraltro i concessionari possono chiedere di convertire in aziende agrituristico-venatorie (qui, previa valutazione favorevole dell’incidenza ambientale, il periodo di caccia può estendersi anche oltre i limiti previsti dalla normativa); l’obiettivo è fissare a dieci anni la durata delle concessioni, rinnovabili.
Sul fronte della caccia sociale, la maggioranza intende consentire agli Atc di raggiungere dimensioni provinciali, non più necessariamente subprovinciali; nel comitato di gestione, che potrà comporsi d’un massimo di venti consiglieri, si vuole aggiungere un rappresentante dell’Enci, designato col parere favorevole del ministero dell’Agricoltura.
Agli Atc si vuole dare il potere di riconoscere incentivi economici ai conduttori dei fondi, così da stimolare la ricostituzione della fauna adatta al territorio, la coltivazione finalizzata alla sua alimentazione naturale, la manutenzione delle strutture di ambientamento, il ripristino delle zone umide, la differenziazione delle colture, la coltivazione di siepi, cespugli e alberi adatti alla nidificazione, la tutela dei nidi, l’installazione di tabelle e cartelli, la pasturazione invernale degli animali in difficoltà.
Via i limiti sui richiami allevati in cattività
Il numero delle specie impiegabili come richiami vivi resterà lo stesso (sette: allodola, cesena, colombaccio, merlo, pavoncella, tordo sassello, tordo bottaccio); la maggioranza intendere però far saltare i limiti numerici all’utilizzo di esemplari nati e allevati in cattività, e circoscrivere alle transazioni economicamente onerose il divieto di cedere uccelli di cattura utilizzabili come richiami vivi.
Come quelli per la caccia agli ungulati e al colombaccio e nelle aziende faunistico-venatorie, gli appostamenti per la caccia alla migratoria senza richiami vivi non si potranno considerare fissi.
La proposta si chiude con una serie di specifiche formali: le prove cinofile con abbattimento non rappresentano un’azione di caccia; la licenza rilasciata nelle altre nazioni europee è equiparata a quella italiana; in generale, oltre a proteggere la fauna la legge 157/92 serve anche a tutelare le tradizioni e a regolamentare il prelievo venatorio, che «concorre alla tutela della biodiversità e dell’ecosistema».
https://www.cacciamagazine.it/ecco-il-testo-di-riforma-della-legge-sulla-caccia/